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Intervento del Ministro Terzi alla presentazione del Rapporto 2012 di “Nessuno tocchi Caino: La pena di morte nel mondo”

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)


 


Signora Vice Presidente del Senato, Sen. Emma Bonino,


Segretario del Partito radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, Demba Traoré,


Presidente di Nessuno tocchi Caino, On.le Marco Pannella,


Segretario di Nessuno tocchi Caino, On.le Sergio D’Elia,


Onorevole Elisabetta Zamparutti,


ho accolto con piacere il vostro invito a partecipare alla presentazione del rapporto 2012 di Nessuno tocchi Caino. La promozione della campagna internazionale per l’abolizione della pena di morte, o perlomeno, per la sua moratoria è uno dei temi centrali e tratti qualificanti della politica estera italiana. Il ruolo di traino dell’Italia per l’avanzamento di questo principio di civiltà è riconosciuto a livello globale. In questa delicata materia non siamo disposti a fare sconti al realismo. E siamo apprezzati per esprimere sempre le nostre posizioni con chiarezza e fermezza, anche ai nostri più solidi alleati.


In questa missione di modernità facciamo leva sulla piena convergenza di sforzi e sensibilità del Governo, del Parlamento e della società civile italiana. Ringrazio molto Nessuno tocchi Caino e il partito Radicale Nonviolento per il loro continuo e intenso impegno. Sono fondamentali le vostre iniziative, come quella organizzata l’anno scorso a Kigali da Nessuno tocchi Caino: la Conferenza Regionale per l’abolizione e/o la moratoria della pena di morte, alla quale hanno partecipato numerosi ministri, parlamentari ed esponenti della società civile. Siamo pienamente coinvolti per dare seguiti concreti alla Conferenza. Il Ministero degli Esteri sta collaborando con Nessuno tocchi Caino per sensibilizzare alla moratoria i Governi di alcuni Paesi africani (Ciad, Repubblica Centroafricana, Swaziland, Zimbabwe).


I dati del rapporto 2012 ci incoraggiano ad andare avanti in questa nostra battaglia di civiltà. Indicano una riduzione significativa delle esecuzioni e confermano la tendenza irreversibile verso l’abolizione della pena di morte nel mondo. Sono 155 i Paesi che hanno deciso di abolire per legge o nella pratica la pena di morte. Questa favorevole tendenza consolida i risultati di primaria importanza che abbiamo raggiunto insieme in questi anni.


In primis, le tre Risoluzioni sulla moratoria della pena di morte adottate dall’Assemblea delle Nazioni Unite. Risoluzioni che hanno registrato il costante aumento dei voti favorevoli e la diminuzione di quelli contrari. Dai 104 voti favorevoli nel 2007 si è passati ai 106 l’anno successivo sino ai 109 del 2010, con un calo speculare – da 54 a 41 – dei voti contrari. Nel negoziato alle Nazioni Unite per l’adozione di una nuova risoluzione a dicembre, sosteniamo un testo capace di aggregare il maggior numero di Stati, con l’obiettivo di un ulteriore aumento dei voti favorevoli e una diminuzione di quelli contrari.


Un altro indice del successo della nostra azione sono gli elementi nuovi contenuti nelle ultime Risoluzioni. Ad esempio, l’invito a rispettare gli standard minimi delle Nazioni Unite, che proibiscono di eseguire condanne a morte nei confronti di minori e disabili mentali. Nella nuova proposta di Risoluzione dell’Unione Europea abbiamo chiesto un ulteriore rafforzamento del testo, con l’abrogazione della pena capitale nei confronti dei minori e il divieto di estradizione in Paesi dove vi e’ il rischio di una sua applicazione. E’ inoltre per noi motivo di ulteriore incoraggiamento il fatto che sono aumentati i Paesi sponsor della Risoluzione: dal 2010 sono 90, e speriamo che quest’anno se ne aggiungano altri.


Un ulteriore risultato, frutto della nostra capacità di lavorare in perfetta sintonia, l’abbiamo ottenuto l’anno scorso, quando il Ministero degli Esteri, Nessuno Tocchi Caino e alcuni parlamentari – tra i quali l’Onorevole Elisabetta Zamparutti – sono riusciti a dissuadere una nota società farmaceutica dal produrre in Italia e esportare negli Stati Uniti un farmaco, il sodio thiopental, utilizzabile per le iniezioni letali. L’iniziativa ha rallentato il ritmo delle esecuzioni, costringendo alcuni Stati americani a rinviare l’esecuzione delle sentenze. La Commissione europea ha poi incluso il sodio thiopental nella lista di sostanze soggette all’autorizzazione all’esportazione.


In questi otto mesi, sono personalmente intervenuto più volte per sensibilizzare i Governi all’abolizione o alla moratoria della pena di morte. L’ho fatto pubblicamente alla ministeriale OSCE di dicembre, chiedendo alle autorità del Belarus – l’unico Paese europeo ad applicare la pena di morte – di revocare le condanne alla pena capitale per le due persone accusate dell’attentato a Minsk. Il mio appello e quello dell’Unione Europea non sono riusciti a sospendere la sentenza, che è stata purtroppo eseguita; ma abbiamo scosso le coscienze. E ho ribadito l’assurdità di uccidere le persone che hanno ucciso altre persone per dimostrare che le persone non si devono uccidere.


Ho riaffermato altre volte in questi mesi la posizione del nostro Paese contro la pena di morte; ad esempio, per manifestare la nostra netta contrarietà alle condanne a morte emesse nei mesi scorsi dalle autorità giudiziarie iraniane nei confronti di quattro blogger. E ho ribadito la nostra posizione in occasione di un recente incontro con i Capi Missione del continente africano accreditati a Roma. Con alcuni partner europei, ho inoltre attirato l’attenzione dell’Alto Rappresentante dell’Unione Europea sulle condanne capitali in Arabia Saudita, Botswana e Singapore.


Una considerazione a parte meritano le evoluzioni dell’ultimo anno nei Paesi delle primavere arabe. I processi di transizione democratica nella sponda sud del Mediterraneo aprono spazi in cui poter sviluppare la tendenza abolizionista. Occorre però trovare le formule adatte e dosare la pressione, caso per caso, per propiziare l’avvicinamento delle nuove leadership arabe alle posizioni contrarie alla pena di morte.


Motivo di angoscia e profondo sdegno sono le notizie che arrivano dalla Siria. Non solo perché la tragedia ha già mietuto ventimila vittime, ma anche perché – come rileva il vostro rapporto – le esecuzioni capitali sono tenute nascoste e gli stessi familiari non sanno se i loro cari sono morti sotto tortura o giustiziati dal regime.


In Libia ed Egitto, con l’avvio della transizione democratica è possibile nutrire speranze per un futuro abolizionista. Ma forse non nell’immediato. I due Paesi sembrano al momento considerare la pena capitale uno strumento di deterrenza nei confronti della criminalità e un utile argine ai tentativi di destabilizzazione dei movimenti estremisti. Credo che in Libia la decisione sulla moratoria o sull’abolizione della pena di morte potrà essere assunta solo dal nuovo governo politico. Mentre in Egitto non si sono finora registrati progressi rispetto a quando il Paese, nel 2010, nell’Esame Periodico Universale (UPR) del Consiglio Diritti Umani, respinse tutte le raccomandazioni per l’adozione di una moratoria delle esecuzioni, la commutazione delle condanne capitali e la riduzione del numero di reati punibili con la pena capitale. Continuerò a sollevare il tema negli incontri con i leader dei due Paesi.


La situazione è molto più incoraggiante in Tunisia e in Marocco, già avviati nel percorso abolizionista. In Tunisia si applica dal 1991 la moratoria di fatto. Ho sensibilizzato la nuova leadership tunisina all’esigenza di incardinare nella futura Costituzione l’abolizione della pena di morte. Abbiamo formulato un’esplicita raccomandazione in tal senso anche in occasione dell’ultimo Esame Periodico Universale. La Tunisia si è riservata di rispondere alla nostra raccomandazione entro la sessione di settembre del Consiglio dei Diritti Umani.


In Marocco, dove la pena di morte è ancora prevista per alcuni reati e la nuova Costituzione non l’ha formalmente abolita, è in vigore una moratoria di fatto dal 1993. Abbiamo registrato con favore la riunione dell’Assemblea Generale della Coalizione mondiale contro la pena di morte svoltasi a Rabat il mese scorso. Abbiamo in particolare rilevato l’intervento del rappresentante del governo marocchino, che ha affermato che il Marocco è sulla via della graduale abolizione della pena di morte. Ci attendiamo molto anche dal Primo Congresso Regionale contro la pena di morte, che si terrà in Marocco a ottobre.


Concludo con un’ultima osservazione. Abbiamo ottenuto in questi anni risultati importanti, ma il traguardo è ancora lontano. Sono più di quaranta i Paesi nel mondo che applicano la pena di morte. Sono ancora tante, troppe, le esecuzioni capitali nel mondo. Finché esisterà un solo condannato a morte, esisterà la nostra ferma opposizione a tale pratica. E a quanti sostengono che la pena di morte è necessaria per prevenire e reprimere i delitti più efferati, continueremo a rispondere che non si è tanto più sicuri quanto più crudele è la sanzione. Al contrario, la pena capitale non garantisce alcuna dissuasione dal crimine.


Questa convinzione forgia il nostro patrimonio giuridico e la nostra identità; e trova da secoli autorevoli sostenitori: da Cesare Beccaria alle battaglie di Marco Pannella per la non violenza e in favore della giustizia. Questa tradizione ci spinge a continuare nella nostra azione, consapevoli che non sempre i risultati potranno essere immediati. Ma come scriveva il poeta Costantino Kafavis a proposito della sua contrarietà alla pena di morte: “appena se ne presenta l’occasione, lo dichiaro, non perché creda che per il fatto che lo dico io domani gli Stati la aboliranno, ma perché sono convinto che, parlando, contribuisco alla vittoria della mia opinione. Le mie parole non andranno perdute.” Anche io – come tutti voi – sono pronto a cogliere ogni occasione per ribadire le mie ferme convinzioni, i miei profondi valori. Le mie parole sono le vostre, e le mie battaglie, le nostre battaglie, non andranno perdute.


 


 

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