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Dettaglio intervento

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)


Onorevole Urso,
Ambasciatore Aragona,
Signore e Signori,


desidero innanzitutto ringraziare il Vice Ministro degli Affari Esteri Majko, per la sua partecipazione a questo incontro. Vorrei poi esprimere alla Fondazione Farefuturo, a ISPI e ai redattori del rapporto il mio apprezzamento per il lavoro svolto. Mi piace molto anche il titolo: la politica estera dell’energia. Di politica estera si tratta, intesa come cura delle relazioni tra Paesi consumatori, fornitori e di transito, e come tutela e promozione degli interessi nazionali. Spero che l’incontro odierno possa servire a sottolineare – una volta di più – il carattere globale e interdipendente delle questioni oggetto di questo convegno, e il ruolo decisivo della politica estera per lo sviluppo di rapporti energetici stabili.


Tale convinzione mi ha spinto a rafforzare l’azione di diplomazia energetica. Ho chiesto di seguire puntualmente gli sviluppi di politica dell’energia dei nostri partner, di intensificare il dialogo con i Paesi produttori e di transito e di ricercare nuove forme di cooperazione nelle organizzazioni internazionali di settore. Il Ministero degli Esteri ha inoltre contribuito all’elaborazione della Strategia Energetica Nazionale – presentata nelle scorse settimane dal Ministro Passera – e avrà un ruolo importante nella sua attuazione.


L’impegno della nostra diplomazia si è evoluto: è diventato più reattivo per adattarsi alle trasformazioni e superare vecchi schemi. Nessun Paese consumatore può più illudersi di circoscrivere le relazioni con i Paesi produttori alla mera dimensione commerciale della compravendita di idrocarburi. Non è più questo ciò che chiedono i Paesi produttori, che si attendono invece forme strutturate di interdipendenza con investimenti reciproci e trasferimenti di tecnologie. Un punto di forza della nostra diplomazia sta nella capacità di mettere al servizio dei Paesi produttori, e dei processi di diversificazione delle loro economie, le eccellenze del sistema produttivo italiano. Ne abbiamo avuto conferma di recente con il successo del Vertice italo-algerino, al quale ho partecipato con il Presidente Monti e ai Ministri Cancellieri, Di Paola e Passera.


La capacità di risposta e proposta della diplomazia è anche necessaria perché la sicurezza energetica non è mai un bene acquisito per sempre. Dipende da tanti fattori – politici, economici, ambientali – in continua evoluzione e talvolta difficilmente prevedibili. Mi è piaciuta la definizione di sicurezza energetica data da Carlo Stagnaro nel rapporto: “l’equivalente di un’assicurazione sul rischio di perdere (parzialmente) la fornitura di energia”. Tale assicurazione è essenziale per un Paese come il nostro, il cui fabbisogno energetico è costituito per l’80% da importazioni. L’obiettivo della nostra diplomazia è allora ridurre il premio che imprese e famiglie pagano per assicurarsi la continuità delle forniture.


La diplomazia energetica deve essere sempre più orientata a prevenire i fattori di rischio e ad anticipare i cambiamenti. Paolo Quercia ricorda nel suo contributo al rapporto un grande cambiamento: dal 2005 al 2012 il costo dei tre principali combustibili – petrolio, gas e carbone – è raddoppiato. A questi costi aggiuntivi i Paesi consumatori hanno dovuto far fronte in una fase critica per le loro economie. Ma si sono anche create nuove opportunità. Ad esempio, c’è un fiorire di nuove fonti, come lo shale gas, che ribalta gli equilibri energetici e trasforma gli Stati Uniti da importatori a produttori autosufficienti. E assistiamo a continui annunci di nuove ingenti scoperte. Penso ai nuovi giacimenti in Mozambico e Angola – due Paesi ai quali ho rivolto grande attenzione politica ed economica – e all’enorme potenziale dell’Iraq, al quale l’Agenzia Internazionale per l’Energia ha dedicato uno special report, che ho presentato poche settimane fa con l’amministratore delegato dell’ENI.


L’azione anticipatrice e reattiva della diplomazia è particolarmente rilevante nelle relazioni con i Paesi dai quali acquistiamo e transita il nostro metano. Non solo perché il gas rappresenta circa il 40% del fabbisogno primario nazionale. Ma anche perché, come si osserva nel rapporto, il petrolio può essere acquistato ovunque, mentre i gasdotti richiedono investimenti enormi e lunghi periodi per diventare redditizi, vincolando per anni esportatori e importatori. Quando si costruisce un gasdotto, si investe anche in un rapporto preferenziale. Un investimento in relazioni tra Stati, oltre che in rapporti tra imprese, che la diplomazia può e deve contribuire a mantenere saldo.


I cambiamenti epocali nel mondo arabo hanno confermato che – quando la diplomazia opera bene – anche le relazioni energetiche si mantengono stabili, a prescindere dagli avvicendamenti politici. In tutti i miei incontri con le nuove classi dirigenti di Egitto, Libia e Tunisia ho registrato la ferma volontà di rispettare gli impegni di fornitura sottoscritti e di continuare a contare sulle relazioni privilegiate con l’Italia e con le nostre società di idrocarburi.


La stabilità delle relazioni energetiche non significa però immobilità. Il vincolo stretto e di lunga durata che si crea con i Paesi produttori e di transito non può escludere la facoltà dei Paesi consumatori di valutare fattibilità e convenienza economica di rotte aggiuntive. Trovo ancora attuali, e valide anche per il gas, le parole pronunciate un secolo fa da Churchill, secondo cui “la sicurezza e la certezza del petrolio stanno nella varietà e nella varietà soltanto”.


L’Italia rivolge la sua attenzione a vari progetti di diversificazione. Del resto, l’incidente di Fukushima e la revisione delle politiche energetiche di alcuni Paesi, incluso il nostro, hanno determinato un considerevole aumento delle proiezioni nel medio-lungo periodo della domanda europea di gas. Quando l’economia europea tornerà a pieno regime, ci sarà richiesta di volumi aggiuntivi. In questa prospettiva sono stati previsti il South Stream e il Trans-Adriatic Pipeline. La volontà di Italia, Grecia e Albania di favorire la costruzione del TAP è stata fortemente ribadita con il Memorandum che ho sottoscritto a settembre a New York con i colleghi greco e albanese.


Credo nel contributo che i giacimenti dell’Asia centrale potranno dare per soddisfare la futura domanda europea. Ma è essenziale che l’Europa assuma una posizione unica e condivisa sulle strategie volte a favorire il fluire delle riserve caspiche nei mercati europei. Se l’Europa si dividesse, gli Stati membri si proietterebbero in una corsa egoistica all’accaparramento di risorse, con il rischio di antagonizzare tradizionali e nuovi Paesi produttori e di transito. Mi attendo quindi che l’Unione Europea, come ho osservato al Consiglio Affari Esteri di luglio, sia meno timida e affronti gli aspetti di sicurezza energetica in modo onnicomprensivo, utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione. Il Servizio Europeo di Azione Esterna ha ricevuto un preciso mandato in tal senso con l’obiettivo di garantire forniture regolari, sicure e a prezzi ragionevoli.


Sono convinto che l’Europa – nata 60 anni fa con l’idea innovativa di condividere le fonti di energia – possa rafforzare la sua sicurezza energetica anche dal suo interno. Occorre creare un mercato europeo integrato, che passi dall’armonizzazione di regole europee e dalla costruzione di depositi di gas e interconnettori. Sarebbe utile anche un’autorità europea, come avviene negli Stati Uniti, che gestisca le interconnessioni di gas in modo da invertire i flussi e far fronte a emergenze in caso di crisi delle forniture.


Un’ultima riflessione sul rapporto tra sicurezza energetica e climatica. Per i prossimi anni gli idrocarburi resteranno la principale fonte di energia, ma dobbiamo promuovere un mix più equilibrato, con un peso crescente di fonti rinnovabili. E’ un obiettivo fondamentale per il futuro del pianeta, e sono in gioco anche gli interessi di molte imprese italiane. Efficienza energetica, rinnovabili, economia verde sono fattori di crescita e settori in cui le nostre aziende hanno una straordinaria capacità di innovare e di proporre soluzioni all’avanguardia. L’EXPO di Milano, dedicata al tema di nutrire il pianeta, energia per la vita, sarà una vetrina unica per mettere in evidenza tali eccellenze italiane.


Per un Paese come il nostro, con scarse risorse naturali, è vitale vincere la sfida della sicurezza energetica. Ciò necessita un’attenta opera diplomatica per mantenere stabili e prevedibili le relazioni con i Paesi fornitori e di transito. Richiede una visione orientata allo sviluppo di un mercato e di una politica europei dell’energia, alla diversificazione di fonti, forniture e rotte. E impone un impegno responsabile nei fori multilaterali per definire la governance globale delle tante trasversali questioni relative all’energia, all’ambiente e all’economia. La diplomazia italiana è in prima linea su tutti questi fronti per costruire un futuro sempre più sicuro, prospero e sostenibile.

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