Ultimo evento dedicato da Confcooperative al Semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’ Unione Europea
Fa fede solo il testo effettivamente pronunciato
Sono contento di chiudere l’ultimo di una serie di 5 eventi che si sono tenuti durante il Semestre di presidenza sulle tematiche prioritarie per il settore sviluppo. Tengo pertanto a ringraziare in particolar modo Alleanza delle Cooperative Italiane, per lo sforzo organizzativo, e i suoi principali partner, le Reti delle ONG (AOI, CINI Link 2007), Provincia Autonoma di Trento, IAMB, Banca Etica, Federcassa e Crui, grazie al cui impegno congiunto è stato possibile sensibilizzare nel corso del Semestre le istituzioni e la società civile su queste tematiche.
L’investimento del settore privato nei paesi in via di sviluppo, inclusi quelli a basso reddito, è decuplicato negli ultimi dieci anni e oggi costituisce circa la metà delle risorse disponibili in quei paesi. Perciò anche un piccolo cambiamento delle strategie di mercato volte a garantire più inclusività e a creare più opportunità economiche come clienti, lavoratori o fornitori avrebbe un impatto importantissimo per le condizioni di vita dei poveri nei paesi in via di sviluppo.
Il sostegno dato alla partecipazione del settore privato nella cooperazione allo sviluppo, non può prescindere dal pieno rispetto dei diritti umani e ambientali e deve generare un impatto di sviluppo umano significativo.
Le imprese le cooperative incarnano e rappresentano un modello di sviluppo economico e d’inclusione sociale peculiare e molto italiano. L’ONU nell ‘“Anno internazionale delle cooperative” ha detto che “Le cooperative contribuiscono a costruire un mondo migliore”.
Ciò che spinge le cooperative ad andare all’estero è la ricerca di nuovi spazi di business solidale. Le cooperative promuovono e gestiscono azioni e processi che realizzano la sintesi tra principi solidaristici e know-how tecnico con obiettivi finali di generazione di reddito e sviluppo economico locale da attività d’impresa.
La grammatica cooperativa è basata sul protagonismo dei soggetti e delle loro comunità, sul coinvolgimento dei poveri, non solo come ‘portatori di esigenze’, ma anche come parte della soluzione dei problemi e ne fanno parte parole come la logica di coalizione e far crescere il capitale umano.
Il modello cooperativo italiano è legato alla struttura del suo territorio, che coniuga crescita economica, capitale e coesione sociale interessa ed è studiato all’estero. Non è un modello facilmente esportabile attraverso la sola volontà dello Stato, perché è il risultato di un’ecologia peculiare e della storia italiana.
Nell’attuale fase di difficoltà economica, i territori italiani e le piccole realtà economiche potrebbero essere tentati di chiudersi in prospettive troppo localistiche. Lo strumento offerto dalla cooperazione italiana è l’occasione per internazionalizzarci, coniugando ragioni economiche con quelle sociali, che sono vantaggiose per l’Italia e gli altri. Si tratta di favorire uno scambio di esperienze e di pratiche su iniziative molto concrete che aggiungono valore alle dinamiche economiche locali e che garantiscono vantaggi reciproci.
E’ un orizzonte di cooperazione cruciale e promettente che accomuna i nostri tessuti territoriali e quelli dei paesi in via di sviluppo. In alcuni paesi e settori con il coinvolgimento dei privati si può avviare una fase innovativa e sperimentale di cooperazione internazionale che ci permetta di definire elementi concreti per un approccio integrale allo sviluppo.
Il coinvolgimento delle cooperative è un laboratorio in cui l’internazionalizzazione del sistema produttivo, diritti, crescita economica e cooperazione trovano una sintesi duratura. Nello sviluppo territoriale l’Italia svolge un ruolo pioneristico che il percorso degli attori del mondo delle cooperative ben incarna. E’ fondamentale che questa linea di azione diventi anche una politica consolidata della nostra cooperazione Adesso la riforma della legge di cooperazione con la nuova 125/2014 ha riconosciuto anche i soggetti privati profit come soggetti di cooperazione e si è dotata di strumenti più agevoli per il loro coinvolgimento. In particolare mi riferisco all’articolo 27 sulle imprese miste, con il fondo di garanzia. Apparentemente si tratta di un’innovazione dall’alto potenziale, la premessa di importanti risultati.
Ora, finito il tempo dei sospetti e dei pregiudizi, sul privato profit è necessario passare ai fatti: ossia devono nascere imprese miste e si devono vedere i risvolti positivi per lo sviluppo. Siamo perciò alla ricerca di tutti i possibili legami tra cooperazione e buona internazionalizzazione e dobbiamo tutti sentirci interpellati, MAECI e MISE, organizzazioni internazionali, imprese, reti d’imprese, cooperative e ONG per favorire quell’incontro tra le realtà imprenditoriali italiane e quelle dei paesi in via di sviluppo che abbiano un forte impatto sociale, superando le distanze e le diffidenze. In questo modo riusciremo a garantire una buona internazionalizzazione, una globalizzazione dal volto umano, legando il nostro paese ad ogni angolo del mondo. Aumenteranno così anche i sostenitori e difensori della cooperazione internazionale, perché sarà dimostrato in modo irrefutabile che cooperare fa bene al paese.