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Discorso dell’On. Ministro all’evento celebrativo dell’Ottocentesimo anniversario della Custodia francescana in Terra Santa

 

Farnesina, 21 dicembre 2017

(Fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)

 

Eccellenze, cari ospiti, signore e signori,

 

Vorrei rivolgere a tutti un caloroso benvenuto alla Farnesina in occasione di queste speciali celebrazioni degli 800 anni della Custodia francescana in Terra Santa. In particolare, vorrei ringraziare i nostri ospiti stranieri e tutti coloro che hanno offerto la loro collaborazione per realizzare due giornate dedicate alla Custodia, fra cui: il Prof. Salvatore Martinez, Presidente dell’Osservatorio sulle minoranze religiose nel mondo e sul rispetto della libertà religiosa; e il Custode, Padre Francesco Patton, che è un onore avere con noi oggi. Inoltre, rivolgo un sentito ringraziamento ai relatori che con le loro testimonianze contribuiranno ad arricchire la discussione, inclusi l’Ambasciatore del Regno del Marocco, l’Ambasciatore di Israele e il Sindaco di Betlemme.

Questa mattina abbiamo incominciato a discutere del tema alla Pontificia Università Antonianum. Domani la discussione proseguirà ad Assisi, in terra francescana. Oggi pomeriggio, qui alla Farnesina, abbiamo voluto dare un taglio politico-diplomatico.

La premessa è infatti che la tutela della libertà religiosa è uno dei compiti centrali della politica estera. Significa salvaguardare l’essenza del diritto, fondato su quelle libertà che ci garantiscono pace, sicurezza e prosperità. La libertà religiosa è un principio essenziale di convivenza umana e delle relazioni fra Stati. La sua negazione mette in pericolo i diritti elementari di ogni persona. In più, se l’aggressione è perpetrata contro intere comunità, si innesca una spirale perversa che mette in pericolo la sicurezza e la pace tra i popoli.

Questa è la ragione per la quale ho voluto dare impulso, quest’anno, all’istituzione dell’Osservatorio sulle minoranze religiose nel mondo e sul rispetto della libertà religiosa, presieduto dal Prof. Martinez e incardinato nella Farnesina. E questa Conferenza internazionale è uno degli atti pubblici del lavoro svolto in questi mesi dall’Osservatorio. Colgo inoltre questa occasione per ricordare che il rispetto della libertà di religione e della protezione delle minoranze sono un punto fermo della nostra candidatura al Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite.

Dirò di più: siamo convinti che la libertà religiosa sia un diritto naturale che precede persino la dimensione politica. Il rapporto fra l’uomo e il proprio Dio è molto più antico del rapporto fra l’uomo e la sua forma di Governo. La libertà di pregare è all’origine del diritto e della democrazia. Ne discende che è una libertà che deve essere “riconosciuta” e non “concessa” dallo Stato all’individuo. 

Anche per questo rifiutiamo l’opinione di coloro che sono per la libertà di credo purché “non si veda” o purché sia “praticata dentro le mura di casa”. E’ la negazione dei principi democratici e liberali. Ogni persona deve avere il diritto di esprimere liberamente il proprio credo, non solo attraverso il culto, ma anche attraverso la partecipazione alla vita della comunità e l’accesso ai propri luoghi sacri.  

La Custodia dei luoghi sacri assurge quindi ad attività politico-diplomatica. Da una parte, c’è il ruolo storico che svolge anche il nostro Consolato Generale a Gerusalemme nella veste di “garante” in stretta sintonia con la Custodia. Dall’altra, custodire è un compito che va oltre quello di un semplice guardiano. Soprattutto in un luogo ricco di memoria e di significato, ma molto fragile e instabile, come la Terra Santa. E come ha detto il Santo Padre: prendersi cura della fragilità delle persone e dei popoli significa custodire la memoria e la speranza. La Custodia è stata capace di preservare non solo l’architettura, ma anche la spiritualità, la memoria e la speranza dei luoghi sacri, per consentire a popoli diversi di incontrarsi, di pregare e di crescere insieme.   

Un altro punto fondamentale è che la Custodia non si è limitata solo a custodire, ma ha anche investito in “socialità”, a partire dal bene grande dell’istruzione. L’istruzione, in Terra Santa, è una delle missioni storiche della Custodia. Negli anni, i padri francescani hanno realizzato uno straordinario impegno educativo, coinvolgendo docenti e studenti cristiani, ebrei e musulmani. Siete stati i “bravi maestri” del dialogo e della sapienza, aprendo le aule delle scuole e delle università a studenti di ogni etnia e religione, contro i “cattivi maestri” dell’odio e dell’intolleranza. E ricordo che negli ’50 i francescani introdussero nelle loro scuole anche lo studio del Corano.

Cultura, istruzione e dialogo sono i valori in cui crediamo e che promuoviamo con la nostra politica estera. Perché quando questi valori vengono a mancare, prevalgono gli scontri violenti e gli estremismi. Fateci caso: i terroristi prendono spesso di mira i rappresentanti della cultura e i fautori del dialogo. Vorrei ad esempio ricordare oggi un altro custode con funzioni laiche – la figura di Khaled al-Asaad – il “custode-archeologo” che fu barbaramente ucciso da Daesh per aver voluto salvaguardare la memoria e la speranza simboleggiati dagli scavi di Palmira in Siria. 

Rivolgo un pensiero commosso, sia alla Siria, sia all’Iraq, dove la furia di Daesh ha decimato la popolazione cristiana. In Iraq, nella Piana di Ninive, se prima del 2003 la popolazione cristiana era maggioritaria, oggi conta meno del 20% sul totale della popolazione. Ora, finalmente, Daesh è sconfitto in quelle terre, ma i dividendi della pace e della riconciliazione non si percepiranno fino a quando non rinascerà un dialogo fra cristiani, yazidi, shabak, turcomanni e curdi.

La nostra Cooperazione è già molto impegnata per consentire alle minoranze perseguitate da Daesh di fare ritorno nelle proprie terre, a partire proprio dalla Piana di Ninive. E la nostra diplomazia è attiva in Iraq per promuovere la riconciliazione tra le varie componenti della complessa realtà irachena. Il dialogo inclusivo, e non la vendetta, è lo strumento per evitare in futuro la recrudescenza del terrorismo.

Quel dialogo che dobbiamo riconoscere alla Custodia di aver favorito, tra le varie componenti religiose, in particolar modo a Gerusalemme, città simbolica per la sua dimensione spirituale e storico-culturale. Gerusalemme è molto di più di una città: è “una missione comune” fra ebrei, musulmani e cristiani, eredi del messaggio di Dio ad Abramo. Così come è una “missione” lo “status quo” dei luoghi santi, radicata nelle coscienze di chi abita e di chi governa Gerusalemme, e così dovrà rimanere anche nel futuro, qualunque sarà lo status politico della città.

Sullo status di Gerusalemme, l’Italia è convinta che il negoziato tra le parti, e non la violenza, sia l’unica via per deciderlo. Come ho ribadito in Palamento pochi giorni fa: lo status di Gerusalemme va definito da israeliani e palestinesi nell’ambito di un processo di pace basato sulla soluzione dei due Stati.

Sia chiaro, non sono mai messi in discussione né i vincoli di fraterna alleanza con gli Stati Uniti né i legami di profonda amicizia che ci uniscono allo Stato ebraico e che ci vedono impegnati per contribuire alla sua sicurezza. Per questa ragione, ad esempio, abbiamo condannato fermamente i vili attacchi contro Israele, a partire dai lanci di missili da Gaza, perché la questione dello status di Gerusalemme non può mai giustificare atti violenti contro il territorio di Israele, né incitamento all’odio o manifestazioni di antisemitismo.

Anche in virtù di questi legami, abbiamo voluto porre la lotta contro l’antisemitismo al centro della Presidenza italiana dell’OSCE nel 2018. Su questo tema stiamo organizzando alla Farnesina, a fine gennaio, una Conferenza internazionale. Questa iniziativa si pone in linea di continuità con il mio forte impegno, anche da Guardasigilli e da Ministro dell’Interno, per la criminalizzazione del negazionismo e dell’intolleranza antisemita. Ricordo di aver firmato centinaia di decreti di espulsione di estremisti che volevano piantare nella nostra società i semi di questa orribile intolleranza.

Israele è esempio di democrazia e di quel pluralismo che va tutelato e promosso anche nel Medio Oriente. Analogamente, è immutato anche il sostegno italiano al rafforzamento delle capacità istituzionali della Palestina e al suo sviluppo democratico, economico e sociale, come ho voluto testimoniare personalmente ad Abu Mazen e al Ministro degli Esteri palestinese quando li ho incontrati qui a Roma. 

In conclusione, essendo questa una giornata dedicata al dialogo e al pluralismo più autentico, ho voluto che con noi ci fossero tanti giovani diplomatici. Nei giorni scorsi Papa Francesco ha detto che le “fake news” e la disinformazione sono un grave “peccato”. Anche qui, la storia secolare della Custodia ci può essere di aiuto. Perché, con il suo spirito rispettoso, di comprensione e di ricerca del punto di vista altrui, la Custodia è sempre stata al di sopra di quella propaganda settaria che favorisce la diffusione – soprattutto tra i nostri giovani – dell’odio e della menzogna. Nessuna istituzione può sopravvivere 800 anni, se non è sostenuta dalla grande serenità e dalla forza che discendono dal promuovere con trasparenza e sincerità la memoria e il dialogo aperto.     

Auspico vivamente che lo spirito di dialogo tra comunità di religioni diverse e tra culture diverse, nel rispetto della memoria e nella comprensione reciproca, continui ad ispirare e forgiare la politica estera. E’ vero che – nel nostro mondo digitale e di comunicazione ad alta velocità – il dialogo non è sempre facile. Ma è anche vero che è l’unica via possibile. Quella perseguita da 800 anni e con eccellenti risultati dalla Custodia.  

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