Ministro Gentiloni, ci sono due Islam che si confrontano. Come rafforzare l’Islam moderato e dialogante?
«Non dobbiamo accettare una identificazione tra Islam e terrorismo: farlo sarebbe, oltre che un regalo ai terroristi, un’idiozia. Detto questo, una parte importante spetta ora ai governi alle istituzioni religiose e alla società civile dei paesi islamici. La sfida terroristica ha come bersaglio i governi di quei Paesi, spesso prima ancora che l’Occidente. Ora, noi ci aspettiamo che dai Paesi islamici ci sia più determinazione e più coesione. Abbiamo visto ultimamente segnali importanti, mi riferisco al discorso del presidente egiziano Sisi all’università di al Azar. Ci auguriamo che tutti i governi dei Paesi a maggioranza islamica facciano lo stesso. Noi ci siamo attrezzando, auspico che lo facciano anche loro».
Dopo Parigi, l’Europa cerca di reagire. A Bruxelles avete deciso di accrescere la cooperazione nella lotta al terrorismo. Crede che un’agenzia europea per l’intelligence sia solo un sogno?
«Credo che sia un sogno che dobbiamo coltivare. Non mi nascondo che siamo ancora ai primi passi di una strada che ci porti ad avere una politica estera, di difesa e sicurezza comuni. Credo che Federica Mogherini stia facendo i passi possibili in questa direzione. Certo, non si fa in 3 mesi una politica estera o tantomeno di intelligence comune».
Parliamo di ostaggi. È giusto dare contropartite per salvare vite umane?
«Dico che bisogna combattere con rigore l’industria dei sequestri di persona. E che tra gli obblighi di un Paese c’è quello di proteggere la vita e l’incolumità dei propri cittadini, e questo lo si può fare in tanti modi. Grazie alla professionalità della nostra intelligence e dell’unita di crisi della Farnesina, l’Italia ha mostrato di saperlo fare, ottenendo risultati non diversi a quelli di altri Paesi. E senza azioni militari. Lavorando talvolta in cooperazione con servizi di altri Paesi. Ed è naturale mantenere una riservatezza su questo».
Lei ha detto che dalla Russia alla Libia è ora di privilegiare l’interesse nazionale. Iniziamo dalla Russia. Fino a quando servono le sanzioni ?
«Fino a quando la Russia non accetta di rispettare i protocolli di Minsk. Purtroppo nelle ultime settimane ci sono state nuove tensioni al confine. L’Italia tuttavia sottolinea che è importante tenere aperto il dialogo con la Russia. La nostra fermezza e unità, che si esprime attraverso le sanzioni, non deve tradursi in una chiusura che precluda ogni prospettiva di ritorno alla normalità».
E veniamo alla Libia
«La Libia per noi è una priorità di prima grandezza, da un lato per gli interessi che abbiamo sul piano economico ed energetico e dall’altro per il fatto che la situazione di totale crisi si traduce tra le altre cose in un flusso migratorio che ha raggiunto le 141mila unità nel 2014 in 826 sbarchi».
Il primo round negoziale a Ginevra, per i quale l’Italia tanto si è spesa, ha mandato qualche segnale positivo. Ma il congresso di Tripoli per partecipare vuole che i negoziati si svolgano in Libia
«Finalmente si è aperto uno spiraglio. Le richieste non possono essere delle pregiudiziali ostative. A nome dell’Italia voglio rivolgere un appello molto fermo al Congresso di unirsi al tavolo. E se si arriva a un’intesa garantita dall’Onu tra le principali parti in conflitto, il governo è pronto a proporre al Parlamento una partecipazione diretta di nostre truppe con i caschi blu».
Quindi ci vuole prima una soluzione politica tra le parti?
«Mi accontenterei anche di un avvio di soluzione. In tal caso avremmo l’obbligo di essere in prima linea».
Isis che fare? Basta il supporto che forniamo alle forze curde e irachene o serve qualcosa di più?
«Credo che la coalizione abbia ottenuto alcuni risultati. Primo su tutti, fermare l’offensiva militare. E credo che l’Italia svolga una parte adeguata. Domani a Londra faremo il punto con i principali alleati».
Veniamo ai marò. La liberazione dopo 5 anni di Buoncompagni e Bruno in India è un segnale anche sul caso dei nostri fucilieri di marina?
«Le due vicende sono assolutamente indipendenti. Sui marò registro il fatto che il 12 gennaio la Corte Suprema ha accolto le motivazioni umanitarie della richieste italiane e abbiamo adesso un periodo di poco meno di 3 mesi per trovare, in collaborazione con il governo indiano una possibile via d’uscita».
Quindi aspettiamo a proporre l’arbitrato?
«In questo momento abbiamo una discussione in corso e ci aspettiamo che questi contatti producano i risultati».