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Gentiloni: «Troppa pressione su Italia e Germania l’Europa ora si muova o si rischia il baratro» (la Repubblica)

Ministro Paolo Gentiloni, íl suo Paese conosce da tempo il dramma dei profughi nel Mediterraneo, ma la voce dell’Italia non è stata ascoltata Non era abbastanza forte?

«È triste dover constatare che l’Europa abbia bisogno di una tragedia per mettersi in moto. Di fatto però nell’aprile scorso, quando un barcone affondò nel Mediterraneo causando centinaia di morti, il premier Matteo Renzi riuscì a convocare un vertice immediato dell’Ue: fu il passo iniziale per una prima agenda europea sul problema dell’immigrazione. Un altro passo è costituito dalle proposte preannunciate la scorsa settimana dal presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker. Ma non basta».

In un momento come questo, di divisioni e contrasti su una questione centrale come quella dei profughi, lei ha parlato addirittura di Stati Uniti d’Europa..

«Un nuovo impulso potrebbe arrivare all’Europa — e non sarebbe la prima volta — nel momento stesso in cui si trova sull’orlo di un baratro. Dopo quanto è avvenuto in queste settimane in Germania, in Austria e in Francia, le viene offerta una nuova opportunità: le decisioni che verranno prese oggi a Bruxelles dai ministri degli interni sono della massima importanza».

Quali sono gli aspetti che la preoccupano in particolare in vista di questo Vertice ?

«La posizione dell’Ungheria, che oggi gioca un ruolo centrale: gli atteggiamenti ostili vanno assolutamente evitati. Vedo con favore quelli della Spagna e della Polonia, che si avvicinano alla logica della Commissione

La Germania e l’Italia sono sulla stessa linea. Pensa che anche voi siete in grado di dare un impulso per una politica europea sulla questione dei profughi?

«La forza di un’alleanza italo-tedesca deve servire a trovare per l’Europa una via d’uscita da questa crisi. Le questioni centrali sono due: l’integrazione nei Paesi privilegiati dai profughi, come la Germania, e i problemi del salvataggio e della prima accoglienza nei Paesi di confine dell’Ue. La Germania non può essere lasciata sola, e neppure l’Italia»

In Germania c’è ora la stessa euforia che abbiamo visto in Italia dopo le operazioni di salvataggio. Cosa consiglierebbe ai tedeschi, una volta raffreddato l’entusiasmo iniziale?

«A mio parere l’orgoglio dei tedeschi è legittimo: è come un vento fresco per l’Europa. Anche noi italiani siamo orgogliosi di aver salvato ben 130.000 profughi nel Mediterraneo in questi ultimi diciotto mesi. Ora però i nostri governi devono far comprendere che questo fenomeno è destinato a protrarsi nel tempo — oltre tutto per motivi demografici: da qui al 2050 la popolazione africana sarà raddoppiata, mentre per quella europea si prevede un calo del 5%. Non basta far posto a 160.000 persone. Dobbiamo arrivare per passi successivi a un diritto
d’asilo europeo, mantenendo ovviamente un equilibrio e un’equa distribuzione. E’ evidente che la meta di chi approda a Kos o  a Lampedusa è l’Europa. Solo un diritto d’asilo europeo potrà consentirci di mantenere la libera circolazione nello spazio Schengen. Anche la politica dei rimpatri dev’essere comune: è un altro problema che non può gravare solo sulle spalle dei Paesi di confine dell’Ue’.. »

Qual è la situazione per quanto riguarda la registrazione dei nuovi arrivati in Italia? Si sente dire spesso che sono in molti a eludere ogni controllo…

«L’Italia rispetta le regole europee, sia nel campo finanziario che in materia di profughi. Ripeto: la Germania e la Svezia non possono essere lasciate sole a farsi carico dell’accoglienza e dell’integrazione; e lo stesso vale per gli Stati di confine dell’Ue che si trovano ad affrontare la prima accoglienza e i rimpatri. In questi ultimi due o tre mesi, altri Stati dell’Ue hanno contribuito per un terzo alle operazioni di salvataggio, ed è indubbiamente un fatto positivo; anche se una nave norvegese non porta i profughi a Oslo, ma li fa sbarcare in Sicilia. E questo vale per tutti. Per non parlare della Grecia, che quest’anno ha dovuto far fronte all’arrivo di ben 400mila fuggiaschi. Se quelli da rimpatriare saranno 100mila, come pensare che la Grecia se la cavi da sola?».

Per arginare l’afflusso di profughi ai confini europei è essenziale arrivare a una soluzione per la Libia. A che punto sono le trattative attualmente in corso in Marocco?

«Per l’Italia si tratta di una questione cruciale: quest’anno il numero dei profughi che raggiungeranno l’Italia passando per la Libia è ancora aumentato rispetto al 2014: saranno circa 200mila. Quanto alle trattative, non vorrei suscitare illusioni. In Marocco è attualmente in corso una trattativa non stop, promossa dall’inviato dell’Onu Bernardino Leon. Speriamo di poter vedere un risultato in settimana. In caso di esito positivo l’Italia, al pari di altri Paesi europei e arabi, sarebbe disposta a dare al nuovo governo di unità nazionale gli aiuti richiesti nel campo della sicurezza, della ricostruzione economica e del ripristino della stabilità. Non dobbiamo permettere che la Libia diventi una nuova Somalia, a poche centinaia di chilometri dalle coste europee».