Nei prossimi giorni il capo dello Stato Sergio Mattarella sarà in Etiopia e, primo Presidente italiano, in Camerun. Con lui, il viceministro degli Esteri Mario Giro, grande conoscitore dell’Africa per i suoi anni trascorsi alla Comunità di Sant’Egidio.
Perché questa missione?
«Perché dobbiamo stare in Africa in modo nuovo: per la nostra sicurezza, per le nuove opportunità economiche offerte alle nostre imprese, per rafforzare un legame con gli africani che, da tempo, guardano a noi come partner».
Che tipo di rapporto abbiamo con l’Africa?
«Una volta era più vicina, oggi l’opinione pubblica si è allontanata e ci fa velo la crisi dei migranti. Negli Anni 50-60 le nostre imprese erano molto presenti, e hanno lasciato un ottimo ricordo. C’è domanda di Italia e di cooperazione: ora questo governo ha messo l’Africa in cima alle priorità».
Cosa significa?
«Viaggi, missioni, diplomazia economica. Dobbiamo tornare con le nostre imprese in Africa in maniera sostanziosa, e fare “nuova” cooperazione, che vuoi dire partenariato col settore privato».
Un nuovo tipo di cooperazione che stiamo già sperimentando?
«Si: in Etiopia abbiamo dato vita a un progetto per preservare e commercializzare il caffè, che lì è nato, insieme a Illy. Vogliamo fare in modo che questa innovazione diventi il nostro modo di stare in Africa. Il sistema Italia deve muoversi come un tridente: ong, imprese e cultura».
C’è affinità di vedute con gli Usa?
«Su temi come la diplomazia economica e la sicurezza siamo totalmente sintonici».
Manterrete la promessa di Renzi: «Non saremo più ultimi nella cooperazione internazionale»?
«Siamo ultimi tra i Paesi del G7 con lo 0,19% del Piilinvestito: vogliamo portare questa cifra allo 0,24-25%, il nostro obiettivo è arrivare a essere i quarti o quinti».