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Giro: «Scontro pericoloso per l’Europa» (Il Secolo XIX)

La Spagna non sta abusando di una posizione di forza nella contrapposizione con le autorità catalane. Però la radicalizzazione dello scontro può divenire pericolosa per tutta l’Europa e bisogna guardare agli esempi virtuosi, come il Belgio. Di questo è convinto il viceministro agli Esteri Mario Giro. «La generalitat catalana – spiega Giro – ha scelto la prova di forza. Il governo di Madrid ha risposto con strumenti legali e costituzionali. Come scrive el Pais, non c’è stata aggressione di polizia a Barcellona ma l’applicazione della legge su indicazioni della magistratura. La Guardia Civil è intervenuta sempre nel quadro della legalità legittima di uno dei poteri dello Stato».

Le autorità catalane denunciano un atteggiamento totalitario.

«Dobbiamo ricordare che da questo punto di vista Madrid ha dalla sua la legge e la costituzione. Votare è un diritto democratico ma nel quadro di regole democratiche. Altrimenti avrebbero ragione i tanti regimi autoritari dove si vota ma il resto delle regole democratiche non esiste. Il voto democratico non è un plebiscito. Soprattutto quando voterebbe solo una parte della popolazione».

Sarebbe, quindi, questo voto un vulnus alla democrazia…

«Le cosiddette illiberal democracies sono regimi nei quali del complesso quadro di regole della democrazia resta solo il voto. Da questo punto di vista dunque il governo spagnolo si sta comportando come chi fa rispettare la legalità costituzionale. Sotto tale aspetto non c’è nessuna forzatura».

Nonostante questo, una situazione di tale tensione non fa fare nessun passo avanti.

«Infatti permane tuttavia il problema politico di fondo: il contenzioso con Barcellona, che sta montando da troppo tempo, corrode la qualità del dialogo nazionale e avvelena la vita pubblica. Troppo tardi ci si rende conto, soprattutto in Europa, che in Spagna le relazioni con la Catalogna si sono progressivamente incanalate in un vicolo cieco. Ora si rischia di rimanere ostaggi non della popolazione catalana ma dei soli estremisti».

L’Europa ha le sue responsabilità nel degenerare della situazione?

«Non è colpa della Commissione europea: la sua posizione è nota da tempo. A Bruxelles spiegano da anni che non esiste nessuna “Europa delle regioni” fuori dal quadro costituzionale degli Stati membri. Ciò vale anche per altre situazioni (Scozia, ecc). È piuttosto responsabilità degli altri Stati stare vicini ad un membro così importante come la Spagna e non incoraggiare nessun radicalismo. Per Stati membri si intende sia i governi che le società civili».

Quali sono i rischi per il futuro?

«Ciò che stiamo osservando può diventare col tempo pericoloso per tutti. Va molto oltre la sottolineatura delle differenze culturali e linguistiche. Va anche oltre l’architettura delle autonomie. Forse è il caso di guardare all’esperienza positiva del Belgio degli ultimi quattro anni: dopo aver tante volte sfiorato il punto di non ritorno, si è trovato un equilibrio istituzionale nuovo e stabile. Così le emozioni e le passioni si sono stemperate e sono state ricondotte nell’alveo del dialogo democratico. È quello che ci auguriamo per la Spagna».

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