L ‘ ambasciatore di Kim verrà espulso dall’Italia e sul caso Regeni Londra ci sosterrà
Ministro Alfano, il suo collega Rex Tillerson ha detto che gli Usa hanno contatti con la Nord Corea. Finora ne sanzioni ne dialogo hanno funzionato. Che fare?
«Ha un elemento di conforto quel che dice Tillerson ed è più di una clausola di stile. Noi abbiamo preso una decisione forte e cioè di interrompere la procedura di accreditamento dell’ambasciatore della Repubblica Popolare Democratica di Corea. L’ambasciatore dovrà lasciare l’Italia. La Corea del Nord ha effettuato nelle scorse settimane un ulteriore test nucleare, di potenza superiore a tutti quelli precedenti, e ha continuato con lanci di missili balistici. L’Italia, che presiede il Comitato Sanzioni del Consiglio di Sicurezza, chiede alla comunità internazionale di mantenere alta la pressione sul regime».
Qual è l’obiettivo dell’Italia?
«La nostra presa di posizione è molto forte. A parte la decisione dell’Italia, la Spagna ha dichiarato l’ambasciatore nord coreano “persona non grata”. E il Portogallo ha deciso di interrompere le relazioni diplomatiche. Vogliamo far capire a Pyongyang che l’isolamento è inevitabile se non cambia strada. Tuttavia, non tronchiamo le relazioni perché può essere sempre utile mantenere un canale di comunicazione».
La crisi libica ha dimensioni inferiori, ma ci tocca da vicino. Tra il premier Serraj e il generale Haftar l’equilibrio può saltare? E l’Italia con chi sta?
«L’opportunità è la recente nomina dell’inviato dell’Onu e il rilancio del negoziato onusiano, che l’Italia sostiene come unico negoziato possibile. l cammino è irto di ostacoli, ma se guardiamo a cos’era la Libia solo uno, due anni fa, allora c’è ragione di essere cautamente ottimisti. Nel febbraio 2017 abbiamo potuto firmare con i libici un memorandum di collaborazione per il contrasto al traffico di esseri umani. Ora, negli ultimi mesi, il governo di Serraj ha avuto la forza interna per iniziare a cooperare in modo concreto nella lotta al traffico di esseri umani. Ed è positivo che Serraj e Haftar abbiano iniziato a dialogare. L’Italia sta dalla parte dei libici e più le istituzioni libiche rafforzeranno il controllo del territorio e delle frontiere, minore sarà il traffico di esseri umani e maggiore sarà la sicurezza dei libici e dei migranti. L’Italia è il paese dove sicurezza e diritti umani hanno trovato la giusta coniugazione: modello da valorizzare».
L’Italia è stata accusata da inchieste della stampa estera, francese in particolare, di usare in Libia la leva economica per fermare gli scafisti. In sostanza di “comprare” lo stop alle partenze dalla Libia.
«Abbiamo già smentito, il governo italiano non tratta con i trafficanti di morte. Detto questo, la stampa straniera (e non solo) purtroppo non si è accorta dei numerosi progetti di cooperazione che la Farnesina ha adottato e finanzia in favore delle municipalità locali. Nei giorni scorsi, per fare un esempio, abbiamo approvato un progetto per smaltire la nettezza urbana a Tripoli. Così come se nel giugno dell’anno scorso sono passati dal Niger alla Libia 70 mila migranti in un mese e nello stesso mese di quest’anno ne sono passati 4.000 si spiegano molte cose».
Dopo il ritorno del nostro ambasciatore al Cairo, i rapporti con l’Egitto stanno migliorando, anche in Libia?
«I rapporti con l’Egitto restano condizionati dalla nostra fortissima e instancabile volontà di fare luce sul caso Regeni. E anche dalla nostra attesa che Il Cairo faccia di più, anche su altri casi, sul rispetto dei diritti umani. Questo è quanto ho detto al collega egiziano un paio di settimane fa. Il nostro ambasciatore ha precise istruzioni su queste priorità, che non escludono però l’esigenza di dialogare con il governo egiziano su dossier importanti come quello libico».
E’ stata forte la delusione della famiglia Regeni. Che cosa si sente di dire?
«L’invio dell’ambasciatore Giampaolo Cantini al Cairo è stato deciso anche per porre la cooperazione giudiziaria al centro del dialogo con gli egiziani. Nei giorni scorsi ho chiesto al collega britannico, Boris Johnson, che il loro ambasciatore al Cairo collabori con Cantini per sensibilizzare gli egiziani. Ho ricevuto una risposta positiva».
L’Europa vive una crisi inedita in Catalogna. Come giudica ciò che sta accadendo?
«Non intendo pronunciarmi su una questione interna della Spagna, anche se mi sento di dire che in questo momento cruciale in Europa avremmo bisogno di unità per far fronte alle minacce del terrorismo e rilanciare il progetto di integrazione europea».
Poco prima del caos spagnolo, tutte le paure erano riversate sull’avanzata della destra estrema in Germania. L’ha sorpresa l’Afd?
«No, non mi ha sorpreso. È il sintomo di quello che i Popolari e studi di autorevoli economisti affermano da mesi: nelle regioni dove la crisi ha più colpito i lavoratori, sono attecchiti con più forza i movimenti populisti e di destra estrema. Germania dell’est inclusa. E pensi tutto questo che mix esplosivo ha rappresentato con il milione e mezzo di profughi del 2015/2016 in Germania. La forza di Angela Merkel in quella circostanza l’ha collocata tra i grandi statisti del mondo».
Di recente ha incontrato Joseph Daul, presidente del Ppe, avete parlato solo d’Europa o anche d’Italia?
«Abbiamo convenuto sull’esigenza di una risposta unita e moderata dei Popolari europei che sono non solo alternativi ma anche vero antidoto ai populisti. La politica moderata e concreta dei popolari, a differenza del velleitarismo di una certa sinistra, è la migliore ricetta per far abbassare la febbre degli estremismi».