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“Sconsigliare di venire in Italia non ha alcun senso” dice il Ministro degli Esteri (Le Monde)

Traduzione dall’originale francese dell’articolo apparso su le Monde, 27 febbraio 2020

 

In un’intervista a Le Monde, Luigi Di Maio lancia un appello alla solidarietà tra gli europei di fronte al coronavirus, e critica l’atteggiamento del suo ex alleato Matteo Salvini e di Marine Le Pen – i quali chiedono la chiusura delle frontiere.

Intervista di Jerome Gautheret

Luigi Di Maio è da settembre 2019 Ministro degli Affari Esteri italiano. Fino a gennaio è stato a capo del movimento antisistema 5 Stelle. Ma quest’ultimo accumula sconfitte elettorali dal suo arrivo al potere nel giugno 2018, dapprima in coalizione con la Lega di Matteo Salvini (di estrema destra) e poi insieme al Partito Democratico (di centro-sinistra). Il sig. Di Maio ha concesso un’intervista a Le Monde in occasione del vertice franco-italiano di Napoli di giovedì 27 febbraio.

Nel contesto del coronavirus, cosa si aspetta l’Italia dai propri partner, e in particolare dalla Francia?

Ringraziamo il governo francese ed Emmanuel Macron di essere venuti a Napoli in questo momento difficile. È un gesto di vicinanza verso l’Italia così come un segnale nei confronti della comunità internazionale.

Lo scorso martedì pomeriggio, vi era stata a Roma una visita dei Ministri della Sanità dei paesi vicini dell’Italia, che ci ha permesso di illustrare tutto quanto è stato fatto. In quell’occasione, abbiamo ricordato che il virus è per la maggior parte circoscritto a un’area della Provincia di Lodi con 47.000 abitanti, e a un secondo focolaio a Vo Euganeo, in Veneto. Tutti i casi riportati in Italia, fino alla Sicilia, sono legati a questi due focolai.

Quello che cerchiamo di spiegare è che non ha alcun senso sconsigliare di recarsi in Italia nel suo complesso, o in una regione come il Friuli-Venezia-Giulia che non è stata contagiata. Allo stesso modo, non serve a nulla sconsigliare viaggi in tutta la Lombardia. Como è a un centinaio di chilometri da Lodi… Finché i nostri bambini vanno regolarmente a scuola, questo vuol dire che tutto va bene. I malati vengono messi in quarantena e vengono curati. Perché dal coronavirus si guarisce.

Il nostro lavoro è reso più difficile dal fatto che non abbiamo trovato il paziente zero. Ma questo problema senza dubbio si avrà anche altrove, dato che l’assenza di sintomi e l’esistenza di portatori sani complicano il tutto. Per ora, gli undici comuni interessati rappresentano meno dello 0.1% del territorio.

Cosa risponde a chi auspica la sospensione dell’accordo di Schengen?

Ci siamo sentiti feriti dalle dichiarazioni di Marine Le Pen, che ha affermato che i confini dovrebbero essere chiusi. Sebbene abbia sempre ribadito la sua vicinanza a noi, e in particolare ad un certo partito [la Lega di Matteo Salvini, di estrema destra NdR]. ora ci ritroviamo a essere vittima dei sovranisti di un altro Stato.

Vuole dire che l’amicizia tra sovranisti è impossibile?

Diciamo che il sovranismo si fonda sul principio del “Prima noi”. In quest’ottica bisogna riconoscere che non può esistere solidarietà, bisogna tenerne conto. Quando chiediamo aiuto, ci sono alcuni che vengono ad aiutarci, ed altri che invece pensano a chiudersi e ad abbandonarci.

Presso i Ministri della Sanità dei Paesi che confinano con noi ho trovato una reale solidarietà, anche nello spiegare alle rispettive opinioni pubbliche che non serve a nulla sospendere lo spazio Schengen di libera circolazione dei cittadini. Coloro i quali lo chiedono nei confronti dell’Italia fanno del male al nostro Paese: ci sono centinaia di migliaia di persone che quotidianamente attraversano le frontiere per motivi di lavoro.

Questi problemi di percezione al di fuori dell’Italia non sono dovuti a ragioni interne, e in particolare alle comunicazioni contraddittorie tra le varie Regioni?

Non ci dobbiamo dimenticare una cosa: si tratta di una situazione senza precedenti, non solo per noi ma per tutta la comunità internazionale. Proprio per questo già da diversi giorni siamo al lavoro per interpretare i trattati europei e comprendere se essi ci permettano di avere degli aiuti o degli alleggerimenti a livello di bilancio – sarà necessario aiutare, ad esempio, il settore del turismo. Alcune regioni hanno avuto fino all’80% di cancellazioni.

Le regioni hanno fatto il meglio che hanno potuto. Le relazioni con Attilio Fontana e con Luca Zaia [presidenti della Lombardia e del Veneto, entrambi della Lega NdR] sono molto buone. Le difficoltà sono più che altro con le regioni non colpite. Se la presidenza della Basilicata annuncia la messa in quarantena degli abitanti di Veneto e della Lombardia, questo non aiuta, al contrario diffonde l’idea che anche andare in Basilicata non sia sicuro. Le Marche, che si ostinano a chiudere le scuole, trasmettono al mondo intero il messaggio che le Marche non siano un posto sicuro.

Al di là della lotta contro l’epidemia, qual è per Lei la priorità nei prossimi giorni?

Se riusciamo a dimostrare che la situazione è sotto controllo potremo sottolineare che, in un Paese di 60 milioni di abitanti, le zone rosse riguardano in totale solamente 47.000 abitanti.

Vogliamo lanciare una campagna contro le “fake news”. È comprensibile che alcuni Paesi che non conoscono bene il contesto italiano ci inseriscano tra le destinazioni “sconsigliate”, ma è necessario convincerli, uno alla volta, con la maggior trasparenza possibile.

Eppure, avete avuto la stessa reazione nei confronti della Cina…

Dall’inizio della crisi non abbiamo mai smesso di mantenere i contatti con la nostra Ambasciata, che affermava che l’area pericolosa era circoscritta a Wuhan. Il nostro corpo diplomatico è rimasto in loco, 4.000 italiani sono rimasti nel Paese, e abbiamo assicurato alla Cina la nostra massima collaborazione. Inoltre, 3.000 italiani che avevano lasciato la Cina vi stanno per fare ritorno.

A livello europeo come hanno reagito i Suoi omologhi?

Il messaggio è stato unanime: siamo con voi e vi aiuteremo. È fondamentale, perché il 32% del nostro PIL è legato alle esportazioni, il 15% al turismo, mentre gli investimenti stranieri rappresentano il 25% del PIL italiano. Lavoriamo insieme al mondo intero.

Ciò che chiedo è di trasmettere correttamente le informazioni, poiché taluni media, italiani e stranieri, hanno diffuso informazioni false, per nuocere al Governo. Stiamo adottando tutte le precauzioni possibili. Ad oggi abbiamo svolto 10.000 test. Credo che nessun altro Paese possa dire altrettanto.

Torniamo alla relazione tra l’Italia e la Francia. Nel febbraio 2019 la Sua visita ai “gilet gialli” aveva provocato una crisi diplomatica e il richiamo a Parigi dell’Ambasciatore di Francia a Roma. Questo episodio è definitivamente dimenticato?

Sì, è il passato. Dalla mia nomina a Ministro degli Affari Esteri, nel settembre 2019, ho mantenuto un rapporto di piena collaborazione con Jean-Yves Le Drian. Le relazioni oggi sono migliorate, gli accordi industriali che firmeremo congiuntamente a Napoli sono molto importanti e sono particolarmente lieto che vengano siglati a Napoli. Domani si vedrà che la Francia e l’Italia hanno ripreso un percorso comune.

Il dossier libico è stato spesso una fonte di tensione tra Parigi e Roma. Il fatto che Turchia e Russia abbiano assunto un ruolo nel conflitto cambia le cose? 

Io sono sulla stessa lunghezza d’onda dei miei colleghi francese e tedesco. Stiamo lavorando bene sulla Libia, coscienti che non forniremo mai armi a nessuna parte in gioco, e che punteremo tutto sulla diplomazia. 

Qual è la posizione italiana, dall’interruzione della missione« Sophia » di sorveglianza del Mediterraneo centrale ?

Abbiamo un accordo con la guardia costiera libica, che, chiariamolo, non è definitivo, ma permette di contenere i flussi migratori. Con l’Unione Europea abbiamo deciso di istituire una nuova missione, dedicata all’embargo sulle armi e allo stesso tempo alla formazione dei guardacoste libici. Senza queste misure, la guerra non finirà più.

A Sud della Libia, negli ultimi anni l’Italia ha rinforzato la sua presenza nel Sahel. Come vede la cooperazione con la Francia in quella regione?

La Francia ha fatto uno sforzo importante nella lotta contro il terrorismo. Non credo però che uno Stato possa farcela da solo, tanto più che nel Sahel serve un approccio non unicamente militare, ma anche sociale ed economico. L’iniziativa deve partire dagli stessi Paesi dell’Africa occidentale, che noi dobbiamo aiutare a stabilizzarsi.

Dal punto di vista personale, quali sono i suoi rapporti con Emmanuel Macron?

Ci siamo incontrati alla Fiera di Shanghai nel novembre 2019. Lui stesso ha detto che dobbiamo lavorare insieme maggiormente. Questo è un momento storico in cui Italia e Francia hanno molto in comune: sul budget europeo, ad esempio, ma non solo. Possiamo creare insieme molte cose nuove, e ispirare, con la Germania, il futuro dell’Europa.

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