Ieri si è capito quanto basti un nulla per provocare l’irreparabile. La notizia fa paura e in questi casi aspettare, capire, non è mai peccato. Alle nove della sera le certezze sono ancora poche. Due missili russi sarebbero esplosi oltre i confini della Polonia, per mezz’ora si è materializzato il pericolo di un allargamento del conflitto alla Nato. Uno scenario senza ritorno. È per questo che Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vice premier, ha scelto la strada della prudenza: «Non c’è nessuna conferma dal Pentagono e dagli americani. Aspettiamo a dare giudizi» è stata la sua prima reazione. Poi, finalmente un sospiro di sollievo quando una radio polacca ha dato notizia che in effetti i missili, partiti dalla Russia, sono stati intercettati dalla contraerea ucraina e i resti sono finiti incidentalmente in territorio polacco, provocando però la morte di due persone. Sciagurati, certo, ma in questo caso la storia prende una forma diversa. Non si può che ragionare su quello che è accaduto fino a ora, senza salti nel buio. Il «mondo» sta cercando una via d’uscita.
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«L’Europa ha sempre avuto posizioni diverse ma deve diventare più forte e più politica, deve parlare con una sola voce su esteri, difesa, energia. Quella per una difesa europea è sempre stata una battaglia di Silvio Berlusconi e poi serve il voto a maggioranza non più all’unanimità. Oltre al potere legislativo al parlamento europeo».
Putin dice che la sua “operazione militare continua” e accusa Kiev di non negoziare. Si sta muovendo qualcosa o ancora la situazione è bloccata?
«Dobbiamo tutti lavorare per la pace, far prevalere la diplomazia sulle armi, ma non c’è pace senza giustizia e l’Ucraina è l’aggredita, la Russia l’invasore. Se con l’intervento di Stati Uniti, Cina, anche Turchia, si porteranno attorno a un tavolo i protagonisti sarà un bene».
Lei è appena tornato da Bruxelles dove, al Consiglio dei ministri degli Esteri europei, ha portato le richieste dell’Italia per affrontare insieme il problema dei migranti. Ha parlato della “volontà di tutti di trovare una soluzione europea” sui migranti, si passerà finalmente dalle parole ai fatti?
«Il nostro è stato un risultato politico, abbiamo posto il problema con serietà e senza polemica con nessuno. Ho trovato tutti consapevoli che la questione immigrazione è europea e c’è l’aspetto della rotta balcanica, oltre a quella del Mediterraneo, infatti ci sarà un vertice il mese prossimo a Tirana, al quale parteciperò con il ministro Crosetto. Che la situazione vada affrontata in maniera europea lo dicono il Papa, il presidente Mattarella».
Lei ha chiesto una riunione congiunta dei ministri degli Esteri e dell’Interno europei e sulle Ong, vuole un codice di condotta. Per la sovrapposizione di norme internazionali, europee e nazionali c’è troppa confusione?
«Il commissario europeo Várhelyi per l’allargamento e il buon vicinato ci ha dato ragione sulle nostre preoccupazioni per le Ong, sulla base della relazione di Frontex. Le Ong devono salvare vite umane e non organizzare il trasporto di immigrati clandestini. Noi siamo sempre per la solidarietà e il salvataggio di persone in mare, ma una cosa sono i naufraghi e una cosa i trafficanti che stanno dietro. Servono accordi internazionali, tra tutti i Paesi Ue. L’Italia ha accolto 90 mila immigrati e ne sono stati ricollocati solo 8 mila. Noi siamo il confine meridionale dell’Europa e queste persone non vogliono venire in Italia, ma per lo più andare in altri Paesi europei».
Per lei la reazione della Francia sulla nave Ocean Viking è stata “sproporzionata”. Ora le relazioni sono più distese?
«Ho avuto lunedì un incontro molto positivo con la ministra degli Esteri francese. Credo che, anche dopo la telefonata del presidente Mattarella a Macron, si sia chiusa una polemica che non aveva ragion d’essere. Noi abbiamo solo chiesto collaborazione e posto un problema di regole condivise da tutti. Questo, anche con la Germania».
Già come presidente dell’europarlamento, lei ha sempre sostenuto la necessità di un piano Marshall per l’Africa.
«L’Europa già investe in Africa, manca però una razionalizzazione, una visione complessiva, obiettivi precisi per cambiamento climatico, pace, povertà. Noi dobbiamo avere un rapporto privilegiato con l’Africa, che avrà 3 miliardi di abitanti nel 2030 e possiede materie prime per noi importantissime. Un rapporto che non sia di sfruttamento ma di forte collaborazione, per una comune crescita. Per questo sosteniamo l’esportazione del frumento dall’Ucraina ai paesi africani che non devono essere affamati. Uno dei punti centrali della mia azione come ministro degli Esteri sarà la cooperazione. Poche ore fa ho parlato con i miei omologhi in Tunisia e Libia. Servono nuovi accordi bilaterali e confermare quelli che ci sono per avere un controllo dell’immigrazione».
L’attentato a Istanbul ci deve far temere un ritorno del terrorismo internazionale?
«La preoccupazione è sempre viva, bisogna vigilare su ciò che accade nell’Africa subsahariana e l’Europa deve rafforzare la collaborazione delle intelligence e con la Nato».
Dove guarda l’Italia per il suo sviluppo all’estero?
«Anche a Sudamerica e Asia. Vorrei missioni per favorire la crescita delle imprese italiane e il commercio. Le nostre ambasciate devono farsi promotrici del nostro know how, in sintonia con gli altri ministeri».