Antonio Tajani è su un volo Ita diretto a New York. Sul tavolino del suo posto di prima fila c’è una cartellina con scritto «Nazioni Unite», che contiene il Piano per l’Africa a cui lavora il governo. Camicia e scarpe da ginnastica, il vicepremier e ministro degli Esteri sfoglia l’agenda della tre-giorni americana, dall’inaugurazione al Consolato della mostra d’arte Collezione Farnesina con la presidente del Parlamento Ue Roberta Metsola («Un segnale di attenzione all’Italia»), fino al discorso di oggi al Palazzo di Vetro. Poi il leader di Forza Italia, «molto preoccupato», fa il punto sugli sbarchi e non risparmia frecciatine a Salvini.
A Lampedusa Meloni e von der Leyen hanno provato a stoppare Salvini e Marine Le Pen, che crescono nei sondaggi scavalcando a destra i governi di Roma e Parigi?
«Le Pen cresce, Salvini non lo so. Ma è miope vederla in chiave interna, usare la tattica sarebbe un errore. Dobbiamo trovare soluzioni, non fare a gara in campagna elettorale a chi la spara più grossa».
Il fallimento del governo sull’immigrazione è più evidente perché la destra ha alzato troppo l’asticella delle promesse elettorali? La leader di FdI e Salvini hanno fatto la campagna elettorale con gli slogan «porti chiusi» e «Ong taxi del mare»…
«Salvini? lo mi chiamo Tajani e rispondo per me, dico le stesse cose da 10 anni, da che ero commissario Ue e parlavo di un piano per l’Africa».
Lei e la premier Meloni, che a New York parlerà domani notte, chiederete aiuto alle Nazioni Unite?
«Si potrebbe chiedere all’Onu di creare dei centri come quelli dell’Unhcr in Niger, ma più grandi, situazioni di contenimento lungo le rotte dei migranti in Africa. C’è una pressione enorme. Il fenomeno va visto nel suo complesso, non solo dalla fine. Anche se chiudi Libia e Tunisia, domani arriveranno da Marocco, Algeria, o Egitto».
La premier è riuscita a convincere von der Leyen a imboccare la strada di una nuova missione navale, anche se per la Lega può diventare un fattore di attrazione?
«Una nuova missione Sophia va bene per dare un segnale di deterrenza e basta. lo sono convinto che l’unica soluzione sia quella diplomatica. La priorità è fare accordi e investimenti in Africa, in quei Paesi da cui i migranti partono. La situazione è esplosiva, anzi è già esplosa».
La paura dei leghisti è che i migranti intercettati dalle navi di una eventuale missione navale Ue finiscano comunque in Italia. È così?
«Stiamo attenti agli slogan che non portano a casa risultati. Puoi fare anche centri di trattenimento per far capire al migrante irregolare che non lo fai girare per l’Italia e lo rimandi indietro, ma senza gli accordi non risolviamo il problema».
La diplomazia ha fallito, come sostiene anche la Lega?
«No, non ha fallito, senza la diplomazia a quest’ora invece di diecimila migranti ne arriverebbero cinquantamila. I numeri sono altissimi, quando arrivano da tutta l’Africa devi fermarli alla partenza. Khartum è una città distrutta. Il Niger, il Ciad, il Burkina Faso hanno situazioni esplosive».
L’ondata record di barchini verso Lampedusa si può ripetere?
«La Tunisia è ormai un collo di bottiglia, dal Corno d’Africa alla Guinea è una situazione ingovernabile. Poi ci aggiungi la Libia e il Marocco con le calamità naturali, ci metti Siria e Afghanistan e vedi la gravità della situazione. Anche Francia a Germania cominciano ad avere paura».
Pensa davvero che l’Europa si stia muovendo?
«Sì, l’Europa ha capito che non è un problema di Lampedusa o dell’Italia ed è più grande di come appare. La Francia ha compreso che rischiamo un esodo biblico».
Macron nella telefonata con Meloni ha aperto all’operazione navale?
«Fare interventi tampone a fronte delle guerre, dell’aumento demografico, del riscaldamento climatico e del terrorismo è inutile. Scappano per non morire. In Africa nel 2050 saranno 2,5 miliardi di persone, altro che i diecimila di Lampedusa. Dopo la Ue e la Nato lo diremo all’Onu, che il caso italiano è solo la punta dell’iceberg».
A cosa serve allora il pugno duro del governo?
«A fermare i trafficanti oggi a Lampedusa, ma per risolvere il problema in modo strutturale serve una visione strategica. La premier all’Onu farà un intervento mirato».