«Proteggere gli italiani, civili e militari, in Libano e operare perché non ci sia un’escalation bellica con Israele». Sono i due obiettivi immediati che il ministro degli Esteri indica poche ore dopo l’attacco degli Hezbollah al campetto di calcio dei ragazzi israeliani drusi uccisi sul Golan e il divampare di un nuovo, grave focolaio di crisi in Medio Oriente. Ma Antonio Tajani è anche vicepremier e leader di Forza Italia e come tale lancia un avviso a chi parla di tensioni nel governo con rischi di voto anticipato: «Chi ipotizza elezioni anticipate si svegli dal sogno. Faccia i conti con la realtà che è quella di un esecutivo che durerà fino alla fine della legislatura. Semmai vedo movimenti al centro e noi siamo pronti a accogliere coloro che vogliono partecipare a una forza del popolarismo europeo che punta al 20%».
Partiamo dalle tragiche vicende mediorientali. Che rischi corriamo?
«I rischi ci sono, ma è nostro compito agire per ridurli. Abbiamo in Libano due contingenti militari, uno a Beirut e un altro con l’Unifil lungo i confini, e 3mila civili italiani, molti dei quali con doppio passaporto. Garantire la sicurezza ai nostri connazionali è, dunque, la prima missione. Sono in contatto costante con il ministro Crosetto e con il nostro ambasciatore. La nostra Unità di crisi è mobilitata e in piena attività. Dunque, da un lato nessun italiano deve recarsi in quelle zone e, dall’altro, siamo pronti all’evacuazione dei civili se la situazione peggiora».
La preoccupazione di un’escalation c’è tutta.
«Da qui i nostri sforzi, anche attraverso contatti con i ministri degli Esteri israeliano e libanese, per evitare l’aggravarsi e l’allargarsi del conflitto. Anzi, auspico che il summit che si è tenuto a Roma (ieri, ndr) tra i servizi segreti americani e israeliani e i negoziatori arabi possa far fare passi in avanti alla de-escalation».
Veniamo all’Italia. Nelle ultime settimane abbiamo assistito a un aumento del livello di tensioni nel governo tra voi, la Lega e la premier. Siamo al livello di guardia?
«I cittadini possono e devono stare assolutamente tranquilli: non ci sono pericoli per il governo. Arriveremo alla fine della legislatura. È fisiologico che siamo tre partiti differenti e c’è una dialettica, ma non siamo un cartello elettorale. Siamo un’alleanza strategica. Possiamo avere idee differenti, ma facciamo sintesi sempre».
Eppure, su autonomia, carceri, liste d’attesa proprio lei ha marcato più di una differenza con Salvini e Meloni.
«Sull’autonomia l’abbiamo votata e abbiamo solo detto che vogliamo verificare come verrà applicata soprattutto per le materie per cui valgono i Lep. D’Altronde l’emendamento di FI inserito nel testo approvato indica la volontà di riequilibrare al Sud le differenze esistenti con il Nord del Paese accumulate nei decenni passati. Sulle altre materie mi sono preoccupato di dire: attenzione a non avere venti politiche commerciali regionali che contrastino con quelle del governo nazionale. Sulle carceri sono stati approvati tre su quattro dei nostri emendamenti. E domani (oggi, ndr) lanceremo con il Partito radicale una serie di iniziative e di mobilitazione sulla situazione carceraria che riguarda sia i detenuti sia gli agenti della polizia penitenziaria».
Nessuna spinta della famiglia Berlusconi, dunque, a essere anche un partito «di lotta» verso Meloni?
«Ma quando mai. Questo è l’auspicio della sinistra. La linea politica di Forza Italia non è mai cambiata. Il che significa anche che non siamo appiattiti su nessuno».
Nessuna distanza neanche con l’attuale vertice del partito fondato dal padre?
«La famiglia Berlusconi è sempre stata vicina a Forza Italia. Non c’è nessuna tensione, nessun attrito, ma un rapporto di amicizia pluridecennale».
Le elezioni regionali dell’autunno, però, possono rivelarsi insidiose per il governo, soprattutto dopo il caso Toti?
«Sulla vicenda Toti esprimo tutte le mie più grandi perplessità. Se venisse assolto dopo un risultato elettorale a favore del centrosinistra, chi si assumerebbe la responsabilità di aver favorito elezioni falsate dall’aver sbattuto il mostro in prima pagina? Abbiamo assistito a un aut aut inquietante: o ti dimetti o resti ai domiciliari. Non è da Stato di diritto. Si condiziona il voto. Mi auguro che gli elettori liguri capiscano e reagiscano. È un vulnus alla democrazia. I magistrati si devono porre anche questo problema: il problema di un’inchiesta che non è conclusa e che interferisce con il libero voto dei cittadini. Nessuna difesa d’ufficio di Toti. Non siamo in giunta, lui ha lasciato anche in malo modo Forza Italia. La nostra posizione è assolutamente genuina. Si mandano i cittadini a votare con una vicenda giudiziaria in corso senza che si sia neanche lontanamente definita».
Chi sceglierete come candidato in Liguria?
«Secondo me dovremmo scegliere un candidato civico».
Un’ultima cosa: lo spostamento verso sinistra di Matteo Renzi spinge più di un esponente centrista a guardare a voi.
«C’è grande movimento. Siamo pronti ad accogliere non coloro che cercano poltrone, ma tutti coloro che vogliono partecipare alla costruzione di una grande forza del popolarismo europeo per arrivare al 20% alle prossime elezioni politiche».