La richiesta di spostarsi dal Libano è stata respinta: non è una scelta italiana stare là, ma delle Nazioni Unite. I nostri soldati non sono terroristi di Hezbollah, è inaccettabile che siano stati attaccati dall’esercito israeliano». Ad Alba (Cuneo), dov’era ospite dell’inaugurazione della Fiera internazionale del tartufo bianco, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha risposto alle domande del direttore de La Stampa Andrea Malaguti.
Israele ha di nuovo sparato contro i soldati italiani in Libano. Sono in pericolo?
«La situazione è peggiorata, ma i nostri militari non corrono rischi gravi e rimarranno là. Ci sono stati episodi inaccettabili che non devono più ripetersi. Mandiamo un messaggio forte a tutti: i nostri militari non si toccano. Israele non ha aperto il fuoco solo una volta e abbiamo protestato ripetutamente, con forza, con i ministeri di Esteri e Difesa».
Secondo alcuni analisti internazionali il messaggio che Netanyahu vuole lanciare è “Andate via di lì”.
«Se così fosse, mi sembra che la richiesta sia stata respinta. La missione Unifil è una scelta delle Nazioni Unite: l’Onu non è uno Stato, non si può dire “Togliti da lì”. Per questo sono necessarie decisioni adottate al Palazzo di Vetro».
Il ministro Crosetto ha parlato di “crimine di guerra”. Ha esagerato?
«Voleva lanciare un segnale chiaro per fermare l’offensiva. Bisogna vedere se dal punto di vista giuridico si configuri il crimine di guerra. Aspettiamo i risultati dell’inchiesta che ha annunciato Israele, io sono garantista. Ma ribadisco, è inaccettabile che soldati impegnati in missione di pace finiscano nel mirino. Non è neppure leale: hanno armi leggere, non ci sono reparti corazzati per respingere quegli attacchi. I nostri militari non sono terroristi di Hezbollah, Israele vada ad attaccare le loro di postazioni».
II quadro appare sempre più critico. È ancora possibile far rispettare il diritto internazionale?
«Guai se accettassimo il principio che sia possibile non rispettarlo. Dobbiamo fare in modo che il G7 e l’Europa pretendano il rispetto delle regole. Israele ha legittimamente risposto a un attacco, ma bisogna vedere se la reazione sia congrua. Troppi sono i civili coinvolti».
Da più parti si sospetta che l’obiettivo di Netanyahu sia trascinare Stati Uniti ed Europa in una guerra contro l’Iran.
«Nessuno vuole un conflitto con Teheran. Dall’Iran è arrivato un attacco indiscriminato con razzi e missili contro le città israeliane: capisco la preoccupazione di Netanyahu. E non dimentichiamo che l’Iran invia alla Russia armi utilizzate contro l’Ucraina. Ma non bisogna mai rinunciare alla pace. Sono convinto che l’elezione del nuovo presidente del Libano, che si rinvia da due anni, possa essere un elemento che porti al cessate il fuoco in Medio Oriente».
II Nobel per la pace è stato assegnato a un’associazione giapponese che lotta per il disarmo nucleare. Il messaggio sembra chiaro: stiamo andando verso scenario devastante.
«Bisogna distinguere tra il nucleare per uso civile, fondamentale per un Paese come l’Italia per produrre energia, da quello militare. Quest’ultimo non deve mai essere usato, neanche a uso tattico su piccola scala. Per questo dobbiamo fermare la corsa al nucleare dell’Iran».
Inviare armi e permettere a Kiev di usarle in territorio russo potrebbe innescare risposte nucleari di Mosca, sostiene qualcuno. È una forma di nuovo pacifismo o filo-putinismo?
«Abbiamo fornito armi all’Ucraina per difendersi, non siamo in guerra con la Russia. Ogni governo decide come possono essere utilizzati gli armamenti che invia, con i nostri Kiev non può attaccare i territori russi. Ma non smettiamo di difendere il diritto degli ucraini a essere indipendenti. Abbiamo anche approvato diversi pacchetti per finanziare la ricostruzione».
Se parla di ricostruzione significa che vede avvicinarsi la fine della guerra.
«L’auspicio è che arrivi il prima possibile. La pace deve essere frutto di un accordo tra due Paesi che hanno combattuto. Io sostengo una conferenza a cui partecipino la Russia e la Cina: Pechino avrebbe un ruolo fondamentale per far terminare la guerra».
La stupirebbe se Pier Silvio Berlusconi entrasse in politica?
«È una cosa che ho letto sul vostro giornale, ma non mi sembra che ne abbia voglia. Sarebbe comunque il benvenuto, lo accoglieremmo a braccia aperte. Se mi dà consigli, lo ascolto. Ma non mi ha mai chiesto di fare cose che non fossero in sintonia con la mia coscienza. La stessa cosa accadeva sempre anche con suo padre».