Duemila e cinquecento anni di Napoli raccontati attraverso un suo uomo specialissimo come Benedetto Croce con lo sguardo di Pupi Avati, un secondo docufilm sempre diretto dal maestro per celebrare la prima trasmissione radiofonica, la Giornata dell’italofonia e ancora una settimana per promuovere il cinema italiano. La Conferenza annuale sulla diplomazia culturale organizzata dal ministero degli Esteri quest’anno a Matera, rappresenta un’occasione cruciale per riflettere sul ruolo della rete degli della Istituti Italiani di Cultura (IIC) nel mondo e sulle sfide di innovazione e adattamento alle esigenze dei nuovi pubblici. Nel complesso cultura e turismo assieme valgono 300 miliardi per il sistema Paese.
Ministro Tajani, che rilievo anche economico ha l’attività all’estero degli istituti di cultura?
Ho dato un indirizzo chiaro al ministero: la “diplomazia culturale” deve far parte integrante della “diplomazia della crescita”. Gli oltre 100 miliardi di Pil dell’economia culturale occupano un milione e mezzo di persone che meritano grande attenzione da parte nostra. Per questo ogni qual volta i nostri Istituti Italiani di Cultura promuovono artisti italiani, di fatto stanno dando loro doppio contributo, economico di pubblicità. In questo modo le circa 2.500 iniziative, dai concerti alle mostre, dalle conferenze alla letteratura, non sono solo funzionali al racconto del nostro Paese ma a sostenere il movimento artistico nazionale.
Nella sua esperienza di ministro degli Esteri e, ancor prima, per il suo passato nelle istituzioni europee, ritiene che la capacità italiana di rappresentarsi sul fronte culturale sia un valore aggiunto anche nel ruolo politico internazionale del nostro Paese?
L’Italia è una delle principali potenze culturali del mondo. Il nostro patrimonio storico e artistico rappresenta un punto di forza per il Paese e uno strumento importante di diplomazia. Lo tocchiamo con mano ogni giorno nei cinque continenti, dove una parte fondamentale della nostra azione si basa sulla promozione della nostra forza culturale e nel dialogo sull’inclusione coi mondi artistici locali. Questa apertura di dialogo è un tratto distintivo della nostra politica estera e viene riconosciuta anche ai nostri militari dispiegati in varie aree del mondo, come in Libano, a tutela della pace.
Sempre più si addensano voci critiche rispetto all’overtourism. La diplomazia culturale può giocare un ruolo nel dirigere l’attenzione, al di là delle città d’arte, sulla bellezza italiana più nascosta ma non meno interessante?
Il “superturismo” è un fenomeno certamente da gestire, ma è anche una conferma dell’incredibile interesse, dell’amore con cui molti cittadini del mondo guardano all’Italia. Dobbiamo gestirlo, non demonizzarlo. Ricordiamo una cosa: la cultura e il turismo sono uno straordinario motore di crescita, valgono 300 miliardi di euro, danno lavoro a 1 milione e mezzo di persone. Per questo alla Farnesina stiamo dando il nostro contributo, provando a far conoscere città, borghi, regioni del Paese che magari non sono ancora famose nel mondo.
Come in concreto?
Pensiamo alle riunioni del G7 che abbiamo tenuto in città come Pescara, Reggio Calabria o adesso Anagni/Fiuggi. Nell’anno delle Radici Italiane nel Mondo, abbiamo adottato l’iniziativa “Turismo delle Radici” per rafforzare i legami con gli oltre 80 milioni di italiani e italodiscendenti nel mondo. Vogliamo far scoprire la cultura, i riti e le tradizioni del nostro Paese e valorizzare quei luoghi che non sono meta del turismo di massa, coinvolgendo oltre 800 piccoli Comuni italiani, vincitori del bando per la realizzazione di attività culturali in favore degli italo-discendenti.
Che cosa fa la Farnesina nel suo dialogo con i territori, specie di aree più difficili come nel Mezzogiorno, per aiutarli a presentarsi sulle grandi vetrine internazionali?
L’attenzione della Farnesina verso i territori è cresciuta durante il mio mandato. Questa terza edizione della “Conferenza dei direttori” fuori dal palazzo della Farnesina va esattamente in questa direzione: maggiore integrazione con le realtà locali. Tutti i direttori degli Istituti di Cultura si riuniscono per due giorni nella città lucana e ne conosceranno le potenzialità e la produzione artistica. Tra pochi giorni parte anche la seconda edizione di un’iniziativa con il “Sole24Cultura” che va esattamente in questa direzione. Andiamo sul territorio, da Genova a Reggio Calabria, da Siracusa a Padova, a incontrare quelle realtà culturali di qualità, cercando anche giovani artisti che finora non hanno avuto accesso ai palcoscenici internazionali. Stiamo intercettando un fermento artistico incredibile, a cui vogliamo offrire l’opportunità di essere conosciuto all’estero.
L’italiano è anche la lingua dell’economia e del commercio: è la seconda lingua più usata nel marketing dopo l’inglese perché un prodotto che ha un nome italiano attrae di più i consumatori. Le scuole all’estero sono sostenute? I programmi di promozione della lingua funzionano?
L’importanza della lingua italiana del mondo non sorprende chi si occupa di diplomazia. La nostra è la lingua della musica, del design, della letteratura e siamo impegnati per sostenerne la diffusione. Da un lato, attraverso il suo insegnamento – sono una cinquantina le scuole italiane nel mondo statali e paritarie, mentre quasi tutti gli Istituti di cultura offrono corsi per studiosi ed appassionati – dall’altro, attraverso la promozione della lettura di testi italiani.
L’Asia è un cruciale fronte politico-economico anche per la geopolitica della cultura, pensiamo al soft power esercitato dalla Corea del Sud.
Giusto parlare di Corea del Sud, questo è l’Anno dello scambio culturale con quel Paese. Pochi giorni fa sono state rappresentate a Seul le opere di Puccini nell’anniversario della sua morte e fra non molto la capitale coreana ospiterà una grande mostra dedicata a Caravaggio. Con la Corea l’interazione è stata proficua e, come la Corea, anche l’Italia ha intrapreso un percorso di promozione di film e serie televisive nazionali sul mercato globale: il ministero degli Esteri e della cooperazione internazionale ha sostenuto la firma di accordi con emittenti albanesi e montenegrine per la diffusione di prodotti della Rai.
Ora toccherà al Giappone…
Expo 2025 non sarà solo un’occasione di scambi commerciali ma anche un importante momento di promozione culturale e il programma di attività del nostro padiglione sarà eccezionale, a partire dalla presenza dell’Atlante Farnese, imponente opera marmorea custodita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli che giungerà per la prima volta in Asia. L’Atlante è simbolo di viaggio, scoperta, e anche della ricerca e della scienza. Con la ricchezza del nostro patrimonio culturale attiriamo il vasto pubblico – in mercati per noi importantissimi – verso ciò che vogliamo far conoscere dell’Italia del futuro, e che infatti caratterizzerà il nostro padiglione a Osaka: il meglio dell’innovazione e della tecnologia italiana – dall’aerospazio alle infrastrutture, alle scienze della vita, alla robotica – al servizio dell’essere umano.