Abbiamo altri scenari in Messico, Canada, Paesi del Golfo e Turchia. Gli Stati Uniti restano il nostro primo partner e alleato, come l’Europa.
Sta per imbarcarsi per il Giappone dopo una visita in India, e ha già programmato viaggi in Egitto a fine aprile e in Messico a metà maggio. Non sono solo il normale lavoro di un ministro degli Esteri e del Commercio estero, funzioni sempre più connesse anche a livello pratico vista la riorganizzazione alla Farnesina in maniera «più agile e moderna, perché ormai politiche economiche e affari esteri sono interconnessi». Ma rappresentano una prima risposta concreta ai dazi americani e soprattutto «alle richieste che ci fanno i nostri imprenditori: incentivare i commerci con altri mercati, rendere più facili e diversificati i canali per il nostro export, che oggi vale oltre 623 miliardi e che entro fine legislatura vogliamo portare a 700. È il 40% del nostro Pil». E tutto ciò nonostante i dazi oggi siano sospesi ma domani chissà: «Lo avremmo fatto in ogni caso, ma oggi ancora di più». Una risposta non ostile perché «gli Usa non sono il nostro nemico, restano il nostro primo partner e alleato, sia commerciale che politico così come naturalmente l’Europa. Così sarà sempre, con chiunque possa essere il presidente degli Stati Uniti in carica», dice Antonio Tajani.
Come si prepara un’operazione tanto complessa in poco tempo?
«Non è da oggi che stiamo lavorando ad aprire, creare o ampliare nuovi mercati, anche grazie ai nostri Ice, Simest e Sace, Cdp. In particolare sul tema dazi ci muoviamo da mesi su mercati come l’India, un importantissimo partner politico ormai strategico, con il quale sull’export abbiamo già in programma un business forum a Brescia a inizio giugno. Altro esempio: ci sarà in India un importante evento su cinema, tv, audiovisivi, media entertainment che si svolgerà a Mumbai. Altri scenari li abbiamo in Giappone, Messico, Canada, Paesi del Golfo, Turchia. E stiamo lavorando per realizzare la “Via del cotone” che porterà un’intera filiera dall’India fino al porto di Trieste».
Lo fate per spostare il baricentro dei nostri mercati dagli Usa verso altrove?
«Non lasceremo i nostri mercati Usa o europei, ma nel frattempo sfruttiamo la nostra presenza in altri Paesi, anche semplificando le procedure di visti, togliendo barriere burocratiche, incentivando settori chiave come turismo, cultura, anche difesa e tecnologia».
Trump ha detto che considera l’Europa un solo blocco, anche per i dazi, ma i singoli Paesi si stanno già muovendo autonomamente, per esempio la Spagna con la Cina. Non c’è rischio di disunione per la Ue?
«Per quanto riguarda la Cina, abbiamo un rapporto completamente diverso rispetto agli Usa. Europa e Stati Uniti sono i due volti dell’Occidente che condividono valori a cominciare da democrazia e Stato di diritto. La Cina è un partner commerciale con il quale vogliamo continuare ad avere proficue relazioni commerciali. Io prendo positivamente le parole di Trump quando dice che l’Europa è un interlocutore unico: il fatto che il commissario Ue Sefcovic possa trattare a nome dell’Europa è assolutamente un bene. Più l’Europa parla a una sola voce, più è forte e credibile per proteggere imprese e cittadini».
Ma allora la premier Meloni cosa va a fare da Trump?
«Le relazioni transatlantiche sono una priorità della nostra politica estera. La visita servirà a rafforzare i legami fra Paesi amici che sono parte della Nato dove noi dobbiamo fare di più per rinforzare il pilastro europeo arrivando al 2% di spese sul Pil. Risultato che abbiamo raggiunto».
Secondo l’opposizione c’è il rischio che si faccia la figura di andare in America con il cappello in mano…
«Ma quale cappello? Non lo abbiamo mai fatto e non lo faremo. Forse non conoscono Meloni. E soprattutto, questa è una visita ufficiale, la premier ha ricevuto un invito dalla Casa Bianca. Parlerà certo anche di dazi, non in nome della Ue perché non è nostro compito, ma sosterrà le posizioni comuni e l’obiettivo condiviso da tutti di un’area di libero scambio tra Usa ed Europa».
Intanto è possibile che l’Italia subisca un contraccolpo economico. Cosa dite a chi fa impresa e teme?
«Il mio motto resta “occuparsi, non preoccuparsi”. E questo stiamo facendo, faremo di tutto per aiutare le imprese che dovessero entrare in sofferenza, anche con fondi del Pnrr e fondi di coesione che possono essere usati per venire incontro ad eventuali situazioni di crisi industriali. Poi servirà di più».
Cosa?
«A livello europeo è necessario che la Bce continui a ridurre il costo del denaro, per favorire la crescita agevolando l’accesso al credito. Poi la stessa Bce dovrebbe impegnarsi in un quantitative easing simile a quello che fu deciso con la crisi del Covid, ovvero acquisto di titoli di Stato a bassi interessi. Per favorire la crescita dobbiamo agire, anche allentando i vincoli del Green deal che ci penalizzano».