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Tajani: «Ora l’importante è la reazione. Nelle convention il clima sia disteso» (Corriere della Sera)

ROMA «Allarmato» dopo l’attentato a Trump, Antonio Tajani conta sulla capacità dei due contendenti di ridurre la tensione sulla campagna elettorale. Difende l’invio delle armi in Ucraina perché «la pace si costruisce fermando l’avanzata dell’invasore». E sollecita «gli amici conservatori a sostenere il bis di von der Leyen perché in Europa il punto non è con chi si è alleati ma difendere i temi che ci stanno a cuore». Il ministro degli Esteri italiano, appena rientrato dal summit della Nato, è atteso da una settimana intensa, a partire dal G7 del commercio estero da domani a Reggio Calabria.

Ministro, l’attentato ai danni di Trump può influenzare le elezioni americane? «Questo attentato è una ferita grave alla democrazia e alla partecipazione, considerando che ha provocato una vittima nel pubblico. Credo sarà fondamentale la reazione: le convention repubblicana, a breve, e democratica, tra qualche settimana, dovranno essere momenti di distensione. È un bene che Biden e Trump, subito dopo i fatti, abbiamo adoperato parole in questo senso. Noi, senza interferire, seguiamo le elezioni americane con grande interesse. Chiunque sarà il presidente avrà nel governo italiano un interlocutore aperto e potrà contare su rapporti basati su una storica amicizia».

Meloni ha richiamato anche tutti coloro che animano il dibattito politico a non esasperare i toni.

«È un rischio che c’è. Il limite dovrebbe essere sempre lo stesso: la battaglia politica si fa sulle idee, non contro le persone che le sostengono. Ricordo l’insegnamento di mio nonno che mi raccontava come il comunista Giancarlo Pajetta uscisse dal parlamento tenendo sotto braccio il monarchico Carlo Delcroix, invalido di guerra. Il mio modello è quello».

A proposito di rapporti, sono sempre un po’ turbolenti quelli tra lei e il leader della Lega. Sull’invio di missili difensivi all’Ucraina, Salvini ha detto che così si alimenta la guerra.

«Nessuno sostiene la pace più di me. Ma se non aiutassimo l’Ucraina, se lasciassimo che i suoi ospedali venissero ridotti in macerie, che pace ne deriverebbe? Si sancirebbe solo la regola del più forte. La Russia deve scontrarsi con un’impasse militare, altrimenti non si fermerà. Detto questo, l’Italia non è in guerra con la Russia, ha normali relazioni diplomatiche, sostiene tutte le iniziative per la pace».

I contrasti con la Lega non impatteranno sul governo?

«Quando si è votato, in parlamento o al Copasir, non ci sono state distinzioni. È quello che conta».

Questa settimana si vota per la presidenza della Commissione europea e il centrodestra italiano andrà in ordine sparso. Voi siete con Ursula von der Leyen, la Lega no, FdI ancora non si sbilancia.

«Le alleanze in Europa sono diverse rispetto a quelle nazionali, proprio per ragioni di funzionamento delle istituzioni. È il risultato elettorale a portare all’indicazione di un candidato del Ppe e quindi di Ursula von der Leyen. Ora lei cercherà i voti in Parlamento. Deve fare il discorso programmatico. Ascoltiamola».

Però ha dalla sua oltre ai popolari, liberali e socialisti. E votare con i socialisti crea imbarazzo nei Conservatori.

«Per il voto in Parlamento servono i numeri. E nessuno vuole fare accordi con i due gruppi di estrema destra, Patrioti e Europa delle nazioni sovrane. Per questo li ho definiti “ininfluenti”: è un fatto che deriva dalle loro scelte politiche. L’alleanza con liberali e socialisti è l’unica strada possibile. Ai Conservatori dico: badiamo ai contenuti del programma di von der Leyen. A noi del Ppe interessa che la lotta contro il cambiamento climatico non si faccia più da posizioni fondamentaliste. Ci interessano politiche industriali, del tutto assenti nei 5 anni trascorsi, e agricole».

Poi ci sarà la trattativa per il Commissario italiano.

«È fondamentale indicare un commissario esperto, che non vada a fare lo stagista. Non è semplice neppure superare le audizioni delle Commissioni: due ore e mezza a rispondere alle domande, senza rete e senza appunti. Io lo trovai più faticoso dell’esame di Diritto privato».

Lei l’esperienza per il ruolo ce l’avrebbe…

«Ma ho già dato».

Allora il suo identikit porta a Raffaele Fitto.

«Deciderà la presidente del Consiglio. Ma certo credo che Fitto abbia i requisiti necessari: esperienza, competenze e apprezzamento politico trasversale».

Tornando in Italia, era necessaria l’intitolazione dell’aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi?

«Non è stata una nostra iniziativa. Mi sembra puerile, però, farne motivo di scontro politico. Berlusconi uomo di Stato, di sport, grande industriale, non c’è più. Non se ne strumentalizzi il nome».

Ne ha parlato con i suoi figli?

«Sono in contatto costante e ho una frequentazione abituale con la famiglia Berlusconi»

  • Autore: Adriana Logroscino
  • Testata: Corriere della Sera
  • Luogo: Roma

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