Sono partiti tra ieri e oggi dalla Base di Pronto Intervento Umanitario delle Nazioni Unite di Brindisi (UNHRD), su istruzione del Ministro degli esteri Giulio Terzi, aiuti della Cooperazione Italiana per la cura delle popolazioni siriane colpite dall’emergenza umanitaria collegata alle violenze in corso nel Paese.Kit medici per il trattamento di oltre 30.000 persone arriveranno direttamente a Damasco, dove saranno presi in consegna dall’UNHCR (l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati), per la loro successiva distribuzione tramite la Mezzaluna Rossa siriana (SARC). Ad Amman materiale per la cura di 20.000 pazienti sarà distribuito dall’Ambasciata d’Italia e dal personale della Cooperazione italiana, nelle località giordane di Mafraq e Ramtha, dove circa 21.000 profughi siriani si sono rifugiati per sfuggire agli attacchi. Sul fronte politico-diplomatico mentre si lavora all’Onu per una nuova risoluzione si intensificano i colloqui bilaterali, in particolare tra i Paesi e le Organizzazioni di Paesi che fanno parte del Gruppo degli Amici della Siria. Il Ministro Giulio Terzisi è incontrato alla Farnesina con ilSegretario Generale della Lega Araba Nabil El Araby. La Siria è sprofondata nel “precipizio di una guerra civile” – ha detto il Ministro – e quindi bisogna attuare un “percorso credibile per una soluzione politica”, in cui la Russia abbia un ruolo “fondamentale”.
Nessuno auspica un intervento militare
La crisi in Siria “rischia di debordare sui paesi vicini, di avere conseguenze molto gravi”, ha spiegato Terzi, sottolineando tuttavia che “allo stato nessuno auspica un intervento militare”. Al momento “ci si pone il problema di come rafforzare la missione degli osservatori dandole maggiore ampiezza operativa, consistenza e capacità di difendersi”, ma questo è “condizionato dalla volontà di Damasco di accettare una vera forza di pace”, ha puntualizzato.
Terzi e El Araby hanno affrontato i seguiti della riunione di Istanbul degli ‘Amici della Siria’. L’obiettivo, ha spiegato il Ministro, è trovare una “presa concreta” del piano Annan che per ora non dà risultati” ma la cui applicazione è “urgente”, perché la popolazione è “continuamente massacrata”. In quest’ottica, è necessario un “richiamo più urgente” della comunità internazionale per la cessazione delle violenze e l’avvio di un processo di transizione”.
Apporto Russia fondamentale
La soluzione della crisi passa anche da un “coinvolgimento costruttivo della Russia”, il cui apporto è “fondamentale” non solo per il ruolo nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, ma anche per la politica di “reale rapporto” con Damasco. L’Italia, ha specificato il Ministro, “continua a lavorare su questo e sembra che ci sia una linea d’azione condivisa con gli altri attori regionali”, ha aggiunto, sottolineando che da Mosca “nelle ultime settimane” arrivano “segnali incoraggianti”.
Proprio la Russia lavora all’organizzazione di una conferenza internazionale per risolvere la crisi, con la partecipazione dell’Iran. Su questo capitolo il dibattito è aperto, ha riferito Terzi. Da una parte, Teheran è un “grande attore regionale” che avrebbe il titolo per essere coinvolto visto il suo “peso specifico”, dall’altro le sue posizioni “nette” su Israele e Libano e il nodo del dossier nucleare provocano “fortissime riserve da diversi attori”. Sull’Iran la Lega Araba non chiude. El Araby a questo proposito ha puntualizzato: “Personalmente credo che ogni paese che gioca un ruolo debba in qualche modo essere coinvolto, non necessariamente in incontri ufficiali”.
Le violenze in Siria vanno avanti da 15 mesi
Il Segretario Generale della Lega Araba ha quindi ammonito che “le violenze in Siria vanno avanti da 15 mesi e sono diventate insopportabili”. La Lega Araba chiede “l’inizio di un processo di riforme credibili e significative” e “ribadisce il sostegno al piano Annan”, ha aggiunto El Araby, ricordando che la comunità internazione sta lavorando all’idea di un gruppo di contatto sulla Siria, anche con Russia e Cina, che si potrebbe riunire a fine mese. L’obiettivo è fare pressioni sul regime di Damasco perché “la continuazione delle opzioni militari da parte del regime non porterà a nulla, ma solo a nuove morti, e nessuno può più sopportarlo”.