Questo sito utilizza cookie tecnici, analytics e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookie.

Preferenze cookies

#Farnesina – Lo sguardo di Müller sul cinema

Dal Leone d’oro di Venezia (“Sacro Gra”) all’Oscar per il miglior film straniero (“La grande bellezza”), fino al recente Grand Prix di Cannes (“Le meraviglie”), sono diversi i riconoscimenti internazionali che hanno coronato una stagione di successi per la cinematografia italiana. Un’industria che produce contenuti da esportare e che negli anni è diventata da un lato vetrina del Made in Italy all’estero, dall’altro un volano per raccontare e dare impulso al Paese. In questa politica di promozione nei mercati esteri, un ruolo cruciale è svolto dalla rete degli Istituti di Cultura, dalle ambasciate, dai consolati e dagli esperti italiani che vi collaborano. Tra questi Marco Müller, direttore del Festival Internazionale del Film di Roma, critico e storico, ma anche produttore, che nel mese di aprile ha lavorato con l’Istituto Italiano di Cultura di Oslo per realizzare la manifestazione “Roma nel cinema / Il cinema a Roma”, una serie di proiezioni e incontri che hanno visto protagonista la Città Eterna.


Dalla Russia alla Cina: la promozione degli Istituti di Cultura e la penetrazione nei mercati esteri


“Il cinema può parlare in modo molto moderno delle bellezze italiane” ha raccontato Müller intervistato dalla redazione multimediale della Farnesina e da Pei News, presso la sede del Mibac – Direzione Generale per il Cinema a Roma.


A Oslo “abbiamo iniziato presto a ragionare sull’ipotesi di mappatura della città, abbiamo fatto una scelta di film romani per far vedere quanto è frastagliata la geografia del cinema fatto e girato nella Capitale”. L’importanza degli eventi organizzati dai diversi Istituti di Cultura “è enorme, i risultati si vedevano; ogni volta uno o due film riuscivano a trovare un distributore in grandi mercati dove negli ultimi anni il cinema italiano ha avuto difficoltà a entrare. Abbiamo lavorato con la rete degli IIC in modo da scegliere i film che potessero funzionare meglio in quel determinato paese”.


Raccontare le crisi contemporanee


La dinamicità del cinema italiano contemporaneo è confermata anche dal modo di raccontare le crisi che attraversano la nostra contemporaneità, da quella economica a quella urbana, fino alle crisi umanitarie, quelle dimenticate. “Il cinema italiano – spiega Müller – ha diversificato il suo approccio al reale. Prova ne è ‘Sacro Gra’, che non pretende di spiegare o non vuole direttamente criticare o lamentarsi, semplicemente mostra il reale per portare gli spettatori a interrogarsi e a fare uno sforzo. Il cinema italiano è in grado di fotografare quello che succede in alcuni punti del Paese e a esprimerne le emozioni e l’esperienza umana, senza per questo doversi agganciare ai filoni della denuncia”.


I venti delle rivoluzioni nel cinema


Müller riflette anche sulle produzioni estere, dall’Europa al Medio Oriente passando per il Mediterraneo. Analizza le novità che i venti delle rivoluzioni hanno portato nel cinema e gli autori impegnati a raccontare le complesse fasi di transizione che hanno vissuto in prima persona. “E’ sempre difficile parlare delle crisi a caldo e trovare le distanze in questi casi; perché passino le emozioni non si può stare troppo addosso a un soggetto. Bisogna trovare la giusta distanza, che è quella del cinema”.


Il prossimo Festival di Roma


Il prossimo impegno di Müller è proprio il Festival Internazionale del Film di Roma, la kermesse di cui è direttore artistico. La selezione di pellicole “dovrebbe provare a rendere un quadro il più variegato possibile. Non dimenticheremo il cinema documentario, perché per fortuna c’è un rinnovamento continuo anche in quell’ambito. In questi ultimi anni abbiamo accompagnato sulla scena internazionale alcuni registi giovanissimi, dopo la presentazione romana. Film che hanno cominciato a girare nei festival e hanno trovato la possibilità di inserirsi negli spazi dei diversi mercati”, come quello cinese. E proprio parlando della Cina, ricorda, “mi viene in mente l’esperienza fatta con Anica: abbiamo creato un focus sul mercato cinese al Festival di Roma e sono venuti una decina di distributori veri, non i faccendieri che ogni tanto vengono, curiosi del cinema italiano, e hanno comprato film italiani, soprattutto commedie. Chi programma un macro evento come il festival poi deve essere attento a non erigere steccati, ci vuole una bella dose di quel cinema che può immediatamente coinvolgere, divertire e appassionare. Non ci avrei scommesso che la nostra nuova comicità potesse avere diritto di cittadinanza in paesi così lontani, invece è successo”.


Lo “stato di salute” del nostro cinema


Infine, un ragionamento sullo “stato di salute” del nostro cinema, diviso da una parte dalla ormai annosa carenza di fondi per produrre e sostenere progetti, dall’altra dall’emergere di nuovi talenti e dall’affermarsi dei nostri più celebrati autori. Müller spiega che “dal punto di vista economico” i modelli da seguire sono quelli di Francia e Gran Bretagna. “I francesi – spiega – possono gloriarsi di avere un cinema ben aiutato e sostenuto in tutte le fasi; della realizzazione alla promozione c’è sempre la possibilità di avere un aiuto del governo. In Italia in questo momento il governo deve ancora decidere quale sarà l’ammontare del Fus (Fondo unico per lo spettacolo) per quest’anno e sta ragionando ai modi per rilanciare il cinema e lo spettacolo dal vivo. Purtroppo possiamo essere sicuri che quest’anno non arriveremo alle cifre che la Francia può regalare agli artisti e ai produttori. L’Italia deve consolidare la propria economia, si sta cercando di razionalizzare e ottimizzare la nostra situazione, e su questa base forse si potranno pensare misure diverse e innovative per promuovere anche internazionalmente il nostro cinema”. In Gran Bretagna, aggiunge Muller, “è importante la partecipazione dei canali statali, che non può essere paragonata agli sforzi fatti da Rai Cinema, con un budget che è un terzo di quello della televisione britannica. Sarebbe bello che anche Sky e Mediaset riprendessero a scommettere su un ventaglio più ampio di futuri possibili del cinema italiano, non soltanto il proseguimento di filoni, generi e sottogeneri”.