L’impegno dei diplomatici italiani a tutela della dignità umana è stato ricordato in un incontro svoltosi oggi alla Farnesina per celebrare la nomina a “giusto” dell’ambasciatore Emilio Barbarani. Il Ministero degli Esteri ha accolto il presidente dell’associazione Gariwo – La foresta dei giusti, Gabriele Nissim, e un folto gruppo di studenti del Liceo Gaetano Rummo di Benevento, che, su iniziativa della professoressa Enza Nunziato, ha promosso la candidatura di Emilio Barbarani al riconoscimento di “giusto”, per la sua opera in difesa di tanti perseguitati politici durante i primi anni della dittatura militare in Cile, nei quali egli era un giovane addetto all’ambasciata d’Italia a Santiago. All’incontro ha partecipato anche Anna Sofia de Vergottini, vedova di Tomaso de Vergottini, che resse l’ambasciata in tutti quegli anni difficili, impegnandosi, come altri diplomatici, a salvare numerose vite umane e a offrire protezione presso la sede diplomatica.
“L’esempio di Emilio Barbarani – ha sottolineato il segretario generale della Farnesina Michele Valensise – non è isolato. Dai tempi di Guelfo Zamboni, che salvò molti ebrei a Salonicco durante la seconda guerra mondiale, ai nostri giorni non sono pochi i funzionari italiani che hanno preservato donne e uomini dalla persecuzione e dall’odio. Nell’agire secondo coscienza, essi hanno dimostrato una matrice culturale comune, radicata nei valori della politica estera italiana e nella nostra azione a tutela e promozione dei diritti umani”.
Il riconoscimento è stato attribuito a Barbarani in occasione della giornata europea dei giusti, proclamata dal Parlamento europeo “per commemorare coloro che si sono opposti con responsabilità individuale ai crimini contro l’umanità e ai totalitarismi”. Nell’incontro alla Farnesina gli studenti hanno illustrato le motivazioni che li hanno indotti a candidare il diplomatico italiano “che, come gli altri del passato, non ha cambiato la Storia, ma ha agito all’interno dell’unica dimensione nella quale avrebbe potuto muoversi, quella delle sue mansioni, del suo senso di responsabilità, senza temere per la sua vita, né aspettandosi ricompense”.