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Giappone, sostegno pubblico per il settore dei semiconduttori

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Il Giappone vuole tornare a giocare un ruolo di primo piano nel settore cruciale dei semiconduttori posizionandosi come un nuovo hub di produzione mondiale grazie a cospicui finanziamenti governativi. Il Paese del Sol Levante annovera tra le sue industrie i principali produttori di materiali e attrezzature per la produzione di semiconduttori, ma ha visto la sua quota del mercato globale relativa alla realizzazione di chip ridursi, dal 50% circa degli anni ‘80, al 9% nel 2022, dopo le tensioni commerciali con gli Stati Uniti e la concorrenza dei rivali sud coreani e taiwanesi.

Per questo motivo negli ultimi anni Tokyo ha investito enormi somme per ricostruire il suo settore manifatturiero nella produzione dei chip e liberarsi dalla dipendenza di Cina e Taiwan, spendendo di più rispetto agli Stati Uniti e ad altre grandi nazioni occidentali, come mostrano i dati del Ministero delle Finanze. Tuttavia, finora non più di 500 miliardi di yen (3,1 miliardi di euro) della spesa giapponese nel settore sono coperti da finanziamenti effettivi. Una fonte sono i GX bond, che il Governo ha iniziato a emettere per la trasformazione verde e dai quali si prevede di raccogliere circa 20 mila miliardi di yen (125 miliardi di euro) in un decennio. L’ultima manovra di supporto al settore, include fino a 53,5 miliardi di yen (334,4 milioni di euro) per le sole attività di ricerca e lo sviluppo di processi di back-end come l’imballaggio dei chip.

Secondo alcune stime governative, l’industria giapponese dei semiconduttori sconta però ancora un ritardo di circa dieci anni rispetto ai leader tecnologici mondiali che Tokyo sta provando a colmare grazie a nuove sinergie e attirando aziende e capitali esteri, oltre a finanziare quelle locali. Tra le iniziative principali, la start-up Rapidus, consorzio di aziende giapponesi in collaborazione con IBM Research, sta lavorando alla tecnologia dei semiconduttori a due nanometri. Il Governo giapponese ha destinato a Rapidus circa 6,25 miliardi di euro per la costruzione della prima fabbrica a Chitose, Hokkaido, prevista per il 2026-2027. Inoltre, tra il 2022 e il 2023, Rapidus ha già ricevuto 2 miliardi di euro per la produzione di questi chip, con ulteriori 1,8 miliardi di euro stanziati per la ricerca e lo sviluppo. Un ulteriore sussidio di 3,7 miliardi di euro è stato promesso nell’aprile di quest’anno, portando il totale degli investimenti previsti per il progetto a circa 32,8 miliardi di euro.

Accanto a Rapidus, altre aziende del settore semiconduttori stanno beneficiando del sostegno pubblico. Il Leading-edge Semiconductor Technology Center (LSTC) ha ricevuto 281 milioni di euro per sviluppare tecnologie avanzate, mentre il colosso taiwanese TSMC ha inaugurato il suo primo impianto in Giappone con un investimento totale di oltre 18,7 miliardi di euro, supportato dal Governo. In tutto, almeno nove società di chip taiwanesi hanno aperto sedi o avviato joint venture in Giappone negli ultimi due anni. Altre aziende taiwanesi del settore stanno cercando di aumentare la loro presenza o entrare nel mercato, favorite anche da uno yen debole. Tra queste, la Powerchip sta cercando sussidi governativi per istituire una fonderia da 5 miliardi di euro nel Paese. La sudcoreana Samsung riceverà invece un sostegno fino a 125 milioni di euro per costruire una nuova struttura di ricerca e sviluppo per i semiconduttori avanzati vicino a Tokyo.

Al contempo, il Giappone si è aperto anche a una maggiore collaborazione con gli Stati Uniti: l’americana Micron Technology ha previsto finanziamenti complessivi per 3,1 miliardi di euro in Giappone nei prossimi anni, con il sostegno del governo locale, e Nvidia ha annunciato la prossima apertura del suo primo impianto giapponese di produzione di chip.

L’espansione dell’industria dei semiconduttori ha inoltre trasformato il Giappone in una destinazione attraente per l’approdo o l’espansione di banche estere, inclusi alcuni istituti di credito della stessa Taiwan.

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