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Rapporto Istat, resilienza e maggiori investimenti per una crescita globale

ISTAT
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Prospettive di crescita moderatamente positive a fronte di contesti globali e quadri macroeconomici internazionali che restano incerti e condizionati da vari fattori. In altre parole l’Italia cresce, anche più della media europea, ma ci sono criticità da superare e risolvere. Questi, in estrema sintesi sono alcuni degli elementi che emergono dalla lettura del Rapporto Annuale 2024 dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) che fa un quadro della situazione dell’Italia.

Presentato lo scorso 15 maggio a Palazzo Montecitorio, dal Presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli, il rapporto è articolato in quattro capitoli: il primo ricostruisce il complesso quadro economico attuale; il secondo analizza le trasformazioni strutturali dell’occupazione; il terzo capitolo approfondisce l’evoluzione delle condizioni economiche delle famiglie e della qualità della vita delle persone; il quarto declina sul territorio le analisi condotte nei capitoli precedenti.

 

Nell’ultimo triennio, dopo il calo legato alla pandemia, l’Italia è tornata a crescere a un ritmo superiore a quello medio dell’Unione Europea e, tra le maggiori economie, più rapidamente rispetto alla Francia e alla Germania. La dinamica del Prodotto Interno Lordo (PIL), si legge, è stata sostenuta soprattutto dalla domanda interna, con un ruolo importante degli investimenti, e un contributo significativo di quelli del settore costruzioni. Il 2023 è stato caratterizzato da un marcato rallentamento dell’attività nell’insieme delle economie avanzate e da un ristagno del volume degli scambi internazionali. L’andamento delle maggiori economie europee è stato diseguale: il PIL è aumentato del 2,5% in Spagna, dello 0,9 in Italia (dal 4,0 dell’anno precedente) e dello 0,7 in Francia, mentre in Germania si è contratto dello 0,35%. Sul rallentamento della crescita in Italia ha pesato l’indebolimento della domanda per consumi delle famiglie. Dopo un biennio di forte crescita, gli investimenti hanno mostrato un rallentamento, ma si sono mantenuti in territorio positivo in tutte le componenti. La bilancia commerciale, che nel 2022 era risultata in deficit per oltre 30 miliardi di euro a causa dell’impennata dei prezzi dell’energia, è tornata nel 2023 in surplus per 34,5 miliardi, grazie al miglioramento delle ragioni di scambio, a una forte riduzione delle importazioni e a una sostanziale stabilità del valore delle esportazioni. Le stime preliminari per il primo trimestre del 2024 indicano una crescita congiunturale moderata in Italia (+0,3%), Francia e Germania (+0,2 in entrambi i casi), e più robusta in Spagna (+0,7%). Se queste stime fossero confermate – come sottolineato nel rapporto – per l’Italia la crescita per il 2024 sarebbe dello 0,7%.

 

Scendendo nel particolare, in Italia la variazione congiunturale è la sintesi di un aumento del valore aggiunto in tutti i comparti: dal lato della domanda, si rileva un contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto positivo della componente estera netta. Negli anni più recenti, alla crescita economica si è associato il buon andamento del mercato del lavoro: nel 2023 il numero di occupati è continuato ad aumentare a un ritmo leggermente inferiore a quello dell’anno precedente (+2,15, dal +2,4), nonostante il rallentamento dell’attività economica. I primi dati per il 2024 confermano questa tendenza favorevole. In linea con quanto osservato l’anno precedente, l’aumento dell’occupazione nell’ultimo anno è stato prevalentemente riconducibile alla componente a tempo indeterminato. Nell’ultimo anno è proseguito il miglioramento del quadro di finanza pubblica, con una riduzione dell’incidenza sul PIL dell’indebitamento netto (dall’8,6 al 7,4%) e del debito (dal 140,5 al 137,3%). Dalla seconda metà del 2021, l’Italia si è confrontata, come gli altri Paesi avanzati, con l’ascesa dei prezzi originata dalle materie prime importate, seguita a fine 2022 da un rapido calo, che nel 2023 si è consolidato. Entrambe queste dinamiche sono state relativamente più accentuate in Italia dove l’Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i Paesi dell’Unione Europea (IPCA) aveva raggiunto a ottobre 2022 una variazione tendenziale del 12,6%, la più elevata tra le maggiori economie dell’Unione. Per avere un termine di confronto, in Germania la variazione era stata dell’11,6 per cento, in Francia del 7,1, mentre in Spagna il picco, 10,7 %, era stato toccato a luglio di quell’anno. D’altra parte, secondo le stime preliminari, nel mese di aprile 2024 la variazione tendenziale in Italia è stata di appena l’1%, contro il 2,4 in Francia e Germania, e il 3,4 in Spagna. Il fenomeno inflazionistico, straordinario per la sua ampiezza, ha avuto effetti differenti a livello settoriale sui margini di profitto delle imprese.

Nel complesso, nell’ultimo biennio, le famiglie hanno mantenuto i livelli di consumo riducendo la propensione al risparmio, che era quasi raddoppiata nel 2020. A partire dalla fine del 2023 si evidenziano, tuttavia, i primi segnali di recupero delle retribuzioni contrattuali, che mostrano una crescita superiore a quella dell’inflazione. Se negli ultimi anni, durante i diversi shock che si sono succeduti, l’economia italiana ha saputo reagire – anche grazie alle misure governative di sostegno ai redditi e all’attività economica nel corso della pandemia e della crisi energetica – le prospettive di crescita del Paese restano vincolate a fattori di criticità che hanno radici profonde, per le quali sottolinea l’Istat “ancora molto può essere fatto e, in parte, si sta facendo”. La performance economica relativamente buona dell’Italia negli ultimi anni, segue due decenni caratterizzati da una crisi prolungata, in cui l’attività economica e la produttività del lavoro sono cresciute a un ritmo molto inferiore rispetto al passato e alle altre maggiori economie europee, determinando anche una crescita molto modesta dei salari reali. In questo periodo la struttura dell’economia italiana si è progressivamente adattata ai cambiamenti del contesto competitivo e, più recentemente, all’impatto della transizione digitale. Nonostante permangano criticità e ritardi nell’utilizzo delle tecnologie più complesse – come l’Intelligenza artificiale – e nella diffusione delle competenze digitali, il sistema produttivo e la Pubblica Amministrazione – prosegue il rapporto – hanno mostrato progressi significativi nell’adozione e nell’impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT). La digitalizzazione del sistema economico, favorita dalle politiche di incentivo messe in atto negli ultimi anni e accelerata dalle esigenze di temporanea riorganizzazione delle attività lavorative indotte dalla pandemia, potrà essere ulteriormente rafforzata dagli investimenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Secondo il rapporto dell’Istat potenzialità ulteriori potranno essere concretizzate con l’adozione di tecnologie più complesse da parte delle piccole e medie imprese, con la formazione nelle professioni ICT e la capacità del sistema economico di assorbire questo tipo di risorse per migliorare l’efficienza e la produttività.

 

Negli ultimi venti anni, l’Italia ha difeso il proprio posizionamento sui mercati internazionali dei beni in un quadro di concorrenza crescente da parte delle economie emergenti, riuscendo ad assorbire gli effetti della perdita di peso delle esportazioni di molte filiere attraverso l’evoluzione della specializzazione commerciale. Stesso percorso, sostiene l’Istat, dovrebbe essere percorso dai servizi, creando maggiore valore aggiunto nelle nicchie a più forte specializzazione. Un ambito nel quale le piccole e medie imprese, ossatura dell’economia italiana, possono contribuire a valorizzare investimenti e apporti legati al PNRR.

 

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