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Intervento del Ministro Giulio Terzi in occasione dell’apertura della Fondazione Italia-Israele

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)


Ambasciatore Naor Gilon,


Presidente della Fondazione Italia-Israele, Professor Piergaetano Marchetti,


Presidente dell’Associazione di Amicizia Culturale, Anita Friedman,


Signore e Signori,


sono lieto di presentare la Fondazione Italia-Israele a personalità così autorevoli della politica, del giornalismo, dell’economia disposte a impegnarsi per approfondire le relazioni culturali e artistiche tra i due Paesi. La Fondazione è innanzi tutto uno dei più significativi risultati del terzo Vertice intergovernativo fra Italia e Israele, svoltosi a Gerusalemme il 25 ottobre. E’ il frutto di un’iniziativa dei due Ministeri degli Esteri e del sostegno di un formidabile gruppo di persone riunite nell’Associazione di Amicizia Culturale.


La Fondazione è espressione della profonda amicizia tra i due Paesi e i due popoli. L’Italia sarà sempre a fianco di Israele, come testimonia il nostro inesauribile impegno per la difesa del diritto del popolo ebraico di esistere in pace e sicurezza. La nostra amicizia poggia su solidissime fondamenta, che non subiranno mai oscillazioni perché saldate su comuni valori democratici e su una condivisa concezione della persona e dei suoi diritti.


La Fondazione colma, io credo, una lacuna. Italia e Israele sono partner privilegiati nella cooperazione scientifica, industriale e tecnologica, grazie anche all’Accordo bilaterale del 2002. I nostri Paesi potranno ora usufruire di uno strumento innovativo e flessibile per realizzare progetti di eccellenza nei campi della cultura e dell’arte. La Fondazione potrà inoltre far convergere il settore pubblico e quello privato verso comuni obiettivi. Tra questi ultimi, c’è quello di attrarre contributi, donazioni e sponsorizzazioni per il finanziamento di manifestazioni, di programmi culturali e artistici, di iniziative volte a promuovere l’immagine e a valorizzare le attività dei due Sistemi Paese.


Non credo che il senso della cultura sia colto appieno da coloro che la intendono come mero inventario di beni storico-artistici. Ritengo piuttosto che essa sia capacità di interpretare le trasformazioni della realtà e di risolverne le criticità. La promozione culturale deve valorizzare quel capitale dinamico di arte, bellezza e progettualità in grado di creare lavoro e produrre ricchezza, soprattutto in una congiuntura difficile come quella attuale.


Questa iniziativa può allora essere considerata a giusto titolo espressione della diplomazia per la crescita, che pone la cultura al centro delle attività di promozione all’estero dell’eccellenza italiana. Gli eventi della Fondazione saranno un fertile terreno di incontro per le imprese: occasioni straordinarie per farsi meglio conoscere e per instaurare nuovi rapporti.


D’altra parte, la cultura rappresenta un presupposto fondamentale di dialogo, di comprensione e di tolleranza per avvicinare i popoli, per guidarli verso l’accoglimento di valori universali di libertà e di democrazia. Trovo quindi significativo, in questo momento di incertezza e di tensioni nel Mediterraneo, che due Paesi affacciati sullo stesso mare uniscano le loro risorse culturali e artistiche. Tanto più che questa unione è alimentata dal desiderio di conoscenza e dallo spirito critico, che sono i migliori antidoti contro ogni forma di fanatismo.


Le attività della Fondazione assumono allora un preciso connotato politico. Solo per citarne alcune, l’esposizione in programma a Gerusalemme di quattro capolavori classici – di Botticelli, Raffaello, Tintoretto e Caravaggio – sarà l’occasione per riaffermare valori fondanti della nostra civiltà, con al centro l’individuo e il suo mondo.


Nel contempo, il progetto sull’ALYAH BETH, cioè sull’emigrazione dall’Italia alla Terra di Israele di migliaia di ebrei sopravvissuti alle persecuzioni, ci deve spronare a non abbassare la guardia contro quel settario estremismo propagandato da campagne d’odio in aree del grande Medio Oriente. E ci deve incoraggiare a continuare a impegnarci con sempre maggiore determinazione perché i diritti delle minoranze, in primis quelle religiose, siano tutelati e perché le nuove Costituzioni non siano scritte sotto dettatura di movimenti integralisti.


La ruota del fanatismo può tornare a girare ovunque. Non possiamo limitarci a guardarla a distanza. La nostra storia ci insegna che, per fermarla, occorrono nette prese di posizioni e azioni coraggiose. Come ha detto Elie Wiesel, “la neutralità favorisce sempre l’oppressore, non la vittima”.


Ringrazio molto tutti coloro che hanno contribuito alla nascita della Fondazione, alla quale auguro ogni successo.