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Intervento del Ministro Terzi al seminario “Il Partenariato Strategico America Latina-UE e le sfide della globalizzazione: le PMI come motore della crescita comune”

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)


Presidente Benita Ferrero-Waldner,


Presidente Roberto Formigoni,


Autorità, Signore e Signori


sono lieto di intervenire a questo seminario organizzato dalla Regione Lombardia, con il sostegno del Ministero degli Esteri e della Fondazione UE-LAC. Ringrazio molto il Segretario Generale della Rete Italia America Latina, Senatore Gilberto Bonalumi, grande e convinto promotore di questa importante iniziativa, e i rappresentanti degli enti e delle associazioni che hanno collaborato: Eupolislombardia, Assolombarda, Promos e Camera di Commercio di Milano.


La mia presenza e quella del Sottosegretario Marta Dassù testimoniano la grande attenzione che il Ministero degli Esteri rivolge al Partenariato strategico tra l’America Latina e l’Unione Europea. Ma è anche indicativa di quanto l’internazionalizzazione delle imprese abbia assuntodimensione centrale nella politica estera italiana.


C’è oggi una corsa a creare valore e occupazione: per anni l’Italia e l’Europa hanno fatto parte del gruppo di testa. Grazie alla produttività delle nostre imprese, siamo stati tra coloro cheimprimevano scatti in avanti all’economia mondiale. E grazie soprattutto aldinamismo dell’industria lombarda, l’Italia è ancora la quinta potenza manifatturiera al mondo e la seconda in Europa.


Nell’ultimo periodo siamo stati costrettiad affrontare una crisi originatasi all’esterno dell’eurozona, ma che ha creato le maggiori difficoltà proprio all’interno del sistema dell’Euro. E le conseguenze sono state sia di carattere strutturale sulla governance dell’euro, sia congiunturale, sulla crescita e sull’occupazione. Se questo è un momento della verità, sono solo politiche di rilancio dell’economia che consentiranno a Paesi come il nostro di restare nel gruppo di testa. Chi rallenta sarà inesorabilmente riportato nelle seconde linee; finirà per perdere quote di produzione e lavoro. Per continuare a correre con i più veloci, bisogna tornare a sprigionare energia vitale, innovazione e soprattutto sfruttare lo slancio generato a livello globale da due cambiamenti paradigmatici.


Il primo cambiamento riguarda il peso crescente dei Paesi emergenti e in via di sviluppo: dal 2001 al 2012 il loro PIL è aumentato dal 38% al 50% di quello mondiale. Nel 2020 un nuovo, parallelo G7 supererà il PIL dei sette originari Paesi più industrializzati e due dei maggiori Paesi emergenti – Brasile e Messico – sono proprio in America Latina. Tanti altri Paesi di dimensioni minori registrano alti tassi di crescita nella regione. Questa non è più un’area di fragilità, ma un subcontinente fatto di dinamismo e di opportunità, con enormi risorse naturali e grandi progetti infrastrutturali.


Gli scambi commerciali tra i Paesi latinoamericani si sono decuplicati negli ultimi due decenni: grazie ai processi di integrazione regionale. Nuove prospettive si apriranno con l’ Accordo di Associazione tra l’Unione Europea e il Mercosur.Un evento, non ancora a portata di mano, ma al quale stiamo intensamente lavorando: nascerà l’area di libero scambio più grande del mondo, con più di 750 milioni di consumatori.


L’Europa è oggi la principale fonte di investimenti diretti nell’America Latina e il suo secondo partner commerciale. Ma deve fare i conti con la concorrenza internazionale. Per vincere la competizione in America Latina, l’Unione Europea deve puntare sull’Italia, partner naturale della regione per radici storiche, flussi migratori, ormai radicati storicamente,comunanza di valori e affinità culturali.


E’ vero che in passato, l’Italia non haforse colto sempre tutte le potenzialità offerte da questi legami, dalla complementarietà tra i nostri sistemi economici ma negli ultimi anni, l’approccio è cambiato. I risultati sono eloquenti. Gli investimenti italiani in America Latina sono aumentati dal 3% al 16% del totale di quelli europei nella regione. Nel 2011, la regione ha assorbito quasi la metà del valore delle commesse per infrastrutture delle nostre imprese.all’estero, con i più alti tassi di crescita.I più grandi gruppi italiani sono presenti nel settore energetico, incluso quello delle rinnovabili, e delle nuove tecnologie.


Anche la cooperazione in campo ambientale ha registrato un’accelerazione. Gli accordi conclusi in Brasile dal Ministero dell’Ambiente italiano aprono nuove prospettive in settori innovativi, come quelli dell’agricoltura ecosostenibile, della microgenerazione, con fonti rinnovabili e dei biocombustibili. Nuove tecnologie italiane consentono di ridurre in modo considerevole gli scarti di canna da zucchero nei processi di produzione di bio-etanolo.


Esistono margini di miglioramento in diversi altri settori. Anzitutto in quello delle piccole e medie imprese, che sono il tema odierno.Le pmi che possono diversificare e a modernizzare economie ancora troppo dipendenti dallo sfruttamento delle risorse naturali. Sono gli stessi Paesi sud americani a chiedere alle nostre piccole e medie imprese di collaborare con le loro. Abbiamo registrato tali aspettative nei miei numerosi incontri e nelle missioni svolte dal Sottosegretario Marta Dassù in Argentina, Messico, Perù, Colombia, Brasile e Cile.


La strada è già segnata da tanti esempi di successo. Ne vorrei citare due in particolare. La mappatura dei 700 stabilimenti italiani attivi in Brasile ha evidenziato la propensione delle nostre piccole e medie imprese a posizionarsi in settori di alta gamma. La stessa tendenza si registra in Messico: un Paese con il quale abbiamo firmato un accordo per facilitare la diffusione dell’esperienza italiana nelle piccole e medie imprese. La collaborazione italo-messicana può diventare un modello di riferimento. Nell’ultimo decennio 1.400 PMI italiane hanno avviato diverse iniziative in quel Paese, costituendo veri e propri distretti italiani.


Queste considerazioni mi portano al secondo cambiamento paradigmatico con il quale dobbiamo confrontarci: il nuovo modo di fare impresa.


Oggi i prodotti sono il risultato di una catena globale del valore, frutto di intermediazioni che travalicano frontiere. Più della metà del commercio mondiale dei manufatti e i tre quarti del commercio di servizi sono prodotti intermedi. Non basta puntare solo sul prezzo più basso o sul costo del lavoro a buon mercato. Nella competizione globale ci sarà sempre un produttore in grado di fare proposte più economiche delle nostre; ma risulterà vincente il Sistema Paese che immette nel prodotto la miglior combinazione di valore e di elementi immateriali, come la creatività e l’innovazione.


Da questa osservazione si può trarre una duplice conclusione.


1) Questo è stato chiamato il “decennio dell’America Latina”, perché la regione è ricca di molte risorse di cui il mondo ha più bisogno: cibo, acqua, energia e tante opportunità di investimento; ma – una volta risolti i problemi di governance economica -l’Europa può tornare a essere protagonista di questo decennio, proprio perché restiamo all’avanguardia nella capacità di progettare e di creare valore.


2) La seconda osservazione riguarda la complementarietà tra i sistemi produttivi in Europa e in America Latina. E’ essenziale allearsi per crescere e collaborare per competere. Le istituzioni possono favorire  joint-ventures con attività di scouting delle opportunità e vigilando sulla tutela dei contratti e degli investimenti.


È allora cruciale, e di grande tempismo, l’obiettivo di questo seminario: quello di proporre al Vertice imprenditoriale di Santiago del Cile, che precederà il primo Summit dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi UE-CELAC, un percorso di collaborazione economica tra le due regioni. Una proposta – come indica il documento conclusivo del seminario – basata sul modello delle PMI, dell’innovazione e dello sviluppo delle smart cities. Se tale modello sarà accolto, esso potrà dischiudere nuove opportunità per il sistema produttivo italiano. Perché, quando il riferimento sono la progettualità, la green economy e le smart cities, le piccole e medie imprese italiane sono competitive ovunque.


L’EXPO di Milano costituisce un’altra straordinaria occasione per mettere le eccellenze italiane a disposizione di un modello di vita più sostenibile.14 dei 18 Paesi latinoamericani vi hanno aderito.Intendiamo affermare insieme a loro il principio che innovazione e sviluppo devono essere al servizio della persona e dell’ambiente. Incoraggiamo perciò la partecipazione anche degli altri 4 Paesi, a partire dal Messico che ha già manifestato interesse all’adesione.


L’EXPO 2015 rifletterà i valori che ci hanno portati a mettere creatività e conoscenza al servizio anche delle nostre città. Queste sono il simbolo del saper progettare. Milano ne è esempio autorevole. Con questo Seminario Milano orienta al futuro anche il Partenariato strategico UE-LAC.


Sostenere un modello di sviluppo fondato sulle piccole e medie imprese e le smart cities in una realtà vasta e complessa, come quella dell’America Latina, può avere il sapore di una sfida. È una sfida – io credo – che sarà però raccolta dalle leadership del subcontinente. Lì le piccole e le medie imprese non sono viste solo come agenti utili a modernizzare la struttura produttiva, ma anche come strumenti per espandere il ceto medio e ridurre le disuguaglianze.Migliorare i servizi e la qualità della vita nelle città aiuta a contrastare povertà e emarginazione sociale, e crea le premesse per un’ulteriore crescita del PIL.


Con le sue istituzioni centrali e locali, e con il patrimonio di 4 milioni di piccole e medie imprese, l’Italia è pronta a contribuire.


Grazie