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Intervento del Ministro Terzi

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)



Signora Chantal Compaoré,


Vice Presidente del Senato, Sen. Emma Bonino,


Ministro del Benin per la Famiglia, Fatouma Amadou Djibril,


Ministro del Burkina Faso per la Promozione della Donna, Nestorine Sangaré,


Ministro del Niger per la Promozione della Donna, Maikibi Kadidiatou Dandobi,


Ministro del Lavoro, Elsa Fornero,


Sottosegretario agli Esteri, Marta Dassù,


Signore e Signori,


sono lieto di ospitare alla Farnesina questo incontro alla vigilia della giornata mondiale sulla tolleranza zero nei confronti delle mutilazioni genitali femminili. Questo evento ha una duplice finalità: intende manifestare viva soddisfazione per l’importante risultato ottenuto il 20 dicembre con l’approvazione della Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. E vuole contribuire a dare nuovo slancio alla lotta a tale disumana pratica.


La Risoluzione è stata un grande successo per le donne, per i diritti umani e, anche per quei Paesi, come il nostro, che vi hanno investito anni di intensa e paziente attività politica, diplomatica e di sensibilizzazione. Vorrei innanzi tutto congratularmi con il Gruppo al quale va attribuito la parte preponderante del merito: quello dei Paesi africani, guidati dal Benin e dal Burkina Faso. Siamo tutti molto grati anche alle due first ladies, Chantal de Souza Yayi e Chantal Compaoré, per il generoso impegno profuso e per aver impresso ulteriore impulso al processo negoziale con l’evento da Voi co-presieduto a New York il 24 settembre.


La Risoluzione è stata il coronamento dell’approccio italiano, sempre rispettoso della ownership africana. L’Italia ha co-sponsorizzato la Risoluzione, ne ha negoziato il contenuto per conto dell’Unione Europea e ha molto insistito perché nel preambolo fosse inserito un riferimento ai diritti umani. Tali abusi, tali violenze non possono mai essere giustificati sulla base del relativismo culturale o della tradizione. Dobbiamo allora chiamarli per quello che sono privazione del diritto fondamentale della donna alla salute e offesa all’intera comunità.


Durante tutto il percorso negoziale che ha condotto all’adozione del testo, l’Italia ha lavorato per superare ostacoli e ritrosie, per favorire la maturazione di una posizione comune. Ma senza mai cercare di accelerare i tempi o di imporre modelli. Continueremo a seguire lo stesso approccio nell’attuazione della Risoluzione. Siamo convinti che l’attenzione alle sensibilità altrui sarà determinante per contrastare efficacemente il fenomeno nei Paesi più colpiti.


L’Italia è da sempre unita contro le mutilazioni genitali femminili. Sono sicuro che anche il prossimo Governo e il nuovo Parlamento continueranno a sostenere con tenacia gli sforzi della società civile, delle agenzie multilaterali e delle organizzazioni non governative in difesa dei diritti di milioni di donne e bambine. Oltre che sull’’intensa attività politico-diplomatica, puntiamo sulla sensibilizzazione delle autorità locali e sul dialogo con le autorità religiose, primi vettori di cambiamento della mentalità delle famiglie e delle giovani generazioni.


L’attenzione non va rivolta solo ai Paesi dell’Africa. Il fenomeno colpisce anche l’Europa. Continuano a esserne vittime migliaia di donne e bambine immigrate nel nostro Paese. L’Italia ha da tempo compreso il loro dramma e ha adottato – uno dei pochi Paesi europei a farlo – una severa legislazione, indicata come best practice nel rapporto presentato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite a marzo. Prevenire il fenomeno a livello globale non è solo un imperativo morale, ma è anche il modo più efficace per evitare che si diffonda nel territorio nazionale.


Il nostro impegno si è tradotto anche in vari programmi della Cooperazione italiana, fin dalla metà degli anni ottanta. L’Italia è stata il primo tra i Paesi occidentali a intraprendere la lotta a tale pratica, soprattutto grazie alla sensibilità della società civile e delle associazioni di donne, in particolare dell’AIDOS, che iniziarono a collaborare con le donne africane che per prime avevano preso le distanze dal fenomeno.


Quei primi programmi di cooperazione misero al centro degli interventi l’educazione, l’informazione e il dialogo. Si puntava a far conoscere le gravi lesioni, le violenze arrecate dalle MGF al corpo delle donne. Ma si deve alla prima Conferenza del Cairo promossa nel 2003 da Non c’è Pace senza Giustizia e fortemente voluta dalla Vice-Presidente Emma Bonino, l’avvio di una nuova strategia, che chiamò in causa la responsabilità di governi e istituzioni. L’Italia ha sostenuto tale strategia, promovendo partenariati con autorità governative e religiose, con i media e con la società civile.


Nel contempo, l’Italia ha contribuito a formulare politiche di settore, a rafforzare competenze, a una maggiore conoscenza dei danni permanenti causati da tale pratica. In questo spirito, la Cooperazione italiana finanzia dal 2008 il programma di UNFPA/UNICEF Female Genital Mutilation/Cutting: accelerating change.


E’ ora necessario non disperdere il capitale di credibilità accumulato, le alleanze concluse e le esperienze maturate nel tempo. Il rinnovato impegno finanziario italiano al programma congiunto UNFPA-UNICEF è la tangibile dimostrazione che il contrasto alle MGF continua a essere centrale per la nostra diplomazia dei diritti. La prossima occasione per avviare nuove azioni con gli Stati più colpiti, in primis con quelli del gruppo africano, sarà a marzo a New York, ai lavori della 57a Commissione sulla condizione della donna. Il tema centrale all’ordine del giorno è l’eliminazione e la prevenzione di tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e delle bambine. In quella sede l’Italia organizzerà, come l’anno scorso, un’iniziativa di sensibilizzazione, questa volta con Burkina Faso e Kenya.


Il nostro obiettivo è il bando definitivo della pratica nel più breve tempo possibile. La strada è irta di ostacoli. Ma i risultati sono stati finora incoraggianti. Oltre che alla Risoluzione, penso alla rete di attivisti creata da Non c’è Pace senza Giustizia e al programma UNFPA/UNICEF. Dall’inizio del Programma a fine 2012, ben 9.775 comunità di 15 Paesi hanno pubblicamente dichiarato l’abbandono delle mutilazioni genitali femminili. Solo nel 2012 sono stati emessi 32 “editti religiosi” contro questa pratica.


La Dichiarazione proposta da Non C’è Pace Senza Giustizia e che abbiamo adottato insieme – alla vigilia di una giornata molto speciale – è un ulteriore significativo passo in avanti, che ci infonde grande fiducia per proseguire il nostro impegno comune. Voglio allora rendere omaggio a quanto finora realizzato per la vita, i diritti e la dignità di milioni di donne e bambine. Ma intendo anche sottolineare l’importanza di continuare a orientare il nostro sguardo a quanto potremo fare insieme per fare avanzare questa battaglia di civiltà. Sono sicuro che l’entusiasmo e il coraggio che hanno contraddistinto la nostra missione ci potranno condurre a raggiungere in tempi ragionevoli i più ambiziosi risultati a difesa dei valori fondamentali dell’umanità.

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