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Intervento del Ministro

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)



Presidente dell’Assemblea Parlamentare dell’OSCE, On. Riccardo Migliori,


Segretario Generale Lamberto Zannier,


Onorevoli Deputati e Senatori,


Signore e Signori,


ringrazio molto per l’invito a partecipare a questo Seminario, che è focalizzato su una problematica assolutamente centrale della politica estera italiana. Desidero rivolgere un caloroso saluto alla Dottoressa Maria Grazia Giammarinaro, Rappresentante Speciale e Coordinatore OSCE per la lotta alla tratta degli esseri umani. Mi congratulo con Lei per l’eccellente azione svolta, come testimoniano i prestigiosi riconoscimenti internazionali ricevuti nel corso del suo mandato. Ne ricordo uno su tutti: quello di Trafficking in persons Hero, conferitole l’anno scorso personalmente dal Segretario di Stato Hillary Clinton.


La tratta degli esseri umani è uno dei crimini più aberranti del mondo contemporaneo: è la schiavitù del XXI secolo. Avvertiamo forte l’imperativo morale e civile di contrastare tale orribile piaga, che annulla i diritti fondamentali della persona, a partire dalla sua libertà e dignità. La coscienza degli italiani è profondamente ferita dalle tragedie delle carrette del mare e dalle immagini di disperazione di migliaia di donne e uomini, che affidano le proprie vite a criminali senza scrupoli pur di approdare sulle nostre coste. Ci ribelliamo con sdegno a tale disumano fenomeno. A spingerci a contrastarlo con forza non sono solo i nostri valori, ma anche il nostro primario interesse nazionale. Si tratta di una minaccia alla nostra sicurezza, il cui contrasto richiede sofisticati strumenti di repressione e di prevenzione, alla luce del fatto che, come ha evidenziato il Primo Rapporto sulla tratta dell’UNODC, nel triennio 2007-2010 non si sono avute condanne penali per questo reato nel 16% dei 132 Paesi esaminati.


Occorre però un salto di qualità nella nostra strategia. Il primo passo è riconoscere i limiti delle azioni finora intraprese. Gli Stati non hanno utilizzato appieno le potenzialità a loro disposizione. Le analisi della Direzione Nazionale Antimafia, che ha contribuito al lavoro delle Nazioni Unite, sottolineano la necessità di rendere più incisiva la cooperazione giudiziaria e di polizia per contrastare tale crimine. Secondo la DNA, le condanne a livello internazionale dei trafficanti di esseri umani sono ancora insufficienti. E la causa principale risiede nelle differenze normative fra i vari Paesi e nella limitata cooperazione intergovernativa. Eppure, quanto più i crimini sono transnazionali, tanto più dovremmo ricorrere a scambi di prove e informazioni tra autorità nazionali. La conclusione è quindi che abbiamo bisogno di più cooperazione in materia di sicurezza, di più OSCE, di più Europa.


D’altra parte, non possiamo illuderci di estirpare questo crimine solo con la repressione. Occorre anche comprenderne e prevenirne le cause profonde. Per questo, il Rapporto 2012 della Dottoressa Giammarinaro è uno strumento utile, che pone l’accento sulla necessità di superare le condizioni economiche e sociali e di contrastare le discriminazioni all’origine del fenomeno.


Il nesso inscindibile tra migrazioni, sviluppo e diritti è il cuore del problema. Esso è parte integrante della diplomazia della sicurezza, che ho posto al centro dell’azione del Ministero degli Esteri. E ci spinge a fare di più per la cooperazione allo sviluppo e per la promozione dei diritti fondamentali. Quando un popolo è affamato o è oppresso, non è mai libero: è spesso costretto a migrare per ritrovare quelle libertà fondamentali, le cui gravi violazioni creano destabilizzazione e conflitti. E questi generano esodi di massa, spesso sfruttati da organizzazioni criminali.


La comunità internazionale deve allora porre il rispetto dei diritti al centro delle grandi questioni strategiche. E’ necessaria un’assunzione di responsabilità politica e morale da parte dei governi. L’OSCE può dare una spinta propulsiva in tal senso. Anche perché, come evidenzia il Rapporto della Dottoressa Giammarinaro, alla base di migrazioni di massa vi sono spesso condizioni di marginalizzazione in cui sono costrette a vivere alcune componenti della società. Penso ad esempio alle violazioni delle libertà religiose, che hanno costretto consistenti minoranze ad abbandonare Paesi in cui avevano vissuto per secoli. In questi casi, una risposta efficace non può che essere elaborata in via multilaterale.


Lo stesso approccio multilaterale è richiesto nella lotta alla tratta degli esseri umani. Le azioni dell’OSCE coniugano impegni politici – come quelli assunti con la Dichiarazione Ministeriale di Vilnius del 2011 – con risultati concreti, come quelli ottenuti con il Piano d’Azione adottato dal Consiglio Ministeriale di Maastricht nel 2003. Penso anche ai National Referral Mechanisms e al monitoraggio dell’attuazione nazionale degli impegni internazionali, che permettono una più efficace identificazione delle vittime e individuano adeguati meccanismi di assistenza giudiziaria.


L’Italia sostiene con convinzione queste iniziative, che sono complementari con quelle promosse – con il nostro contributo – dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea e dal Consiglio d’Europa. Penso al quadro giuridico delineato dalla Convenzione del 2000 contro il crimine organizzato transnazionale e dal Protocollo di Palermo sulla lotta alla tratta degli esseri umani. E ricordo il nostro sostegno all’UNODC, all’OIM, all’UNICRI, al Rappresentante Speciale ONU, al Gruppo di esperti “GRETA” istituito dal Consiglio d’Europa, alla nuova Strategia dell’Unione Europea per la lotta alla tratta.


Questi strumenti di azione sono essenziali. Occorre però scongiurare il rischio che restino confinati a un approccio teorico. Dobbiamo fare in modo che si traducano in una forte dimensione regionale. Questo per noi significa che il Mediterraneo deve essere al centro della strategia internazionale di lotta alla tratta. Perché è attraverso il Mediterraneo che ingenti flussi migratori raggiungono l’Europa dalle coste africane. E la gestione di un fenomeno così complesso non può ricadere solamente sugli Stati più direttamente esposti per collocazione geografica.


L’Italia lavora per sviluppare tra le due sponde del Mediterraneo rapporti autentici e paritari. Crediamo molto nel contributo dei partenariati. Abbiamo registrato significativi progressi a seguito della decisione ministeriale sui Partner per la cooperazione adottata al Consiglio di Vilnius del dicembre 2011. Ho cercato di imprimere un forte impulso perché fosse dato seguito concreto a tale decisione.


Il Ministero degli Esteri ha così organizzato a maggio la Conferenza sulla cooperazione multilaterale nel Mediterraneo e a ottobre la Conferenza Mediterranea. In quest’ottica di concretezza, auspico che il nascente Centro di cooperazione accademica dell’OSCE nel Mediterraneo contribuisca a trasferire ai Paesi della sponda meridionale conoscenze, best practices e modelli normativi per assisterli con azioni tangibili nel contrasto alla tratta di esseri umani.


Inutile però nascondere che in questo momento rigide contrapposizioni stanno parzialmente frenando l’impulso politico dell’OSCE. Le ultime ministeriali di Vilnius e di Dublino non hanno prodotto decisioni politiche in tema di diritti umani. L’approvazione del bilancio dell’Organizzazione si è sbloccata solo ieri. Questa situazione non può continuare. Per ritrovare lo slancio perduto, sono convinto che possiamo fare affidamento su ciò che ha funzionato in passato, adattandolo alle nuove esigenze e alle specificità regionali. Con l’Atto Finale di Helsinki i padri fondatori individuarono il legame tra sicurezza euro-atlantica e mediterranea, e riconobbero la forte correlazione tra sicurezza e rispetto dei diritti umani.


A distanza di quasi quarant’anni, quell’approccio fondato sulla sicurezza onnicomprensiva è ancora attuale e valido. Tale modello olistico – caratterizzato dalla stretta connessione tra diritti e sicurezza, tra libertà e sviluppo, tra progressiva integrazione e rispetto per le diversità – deve continuare a orientare la nostra linea d’azione.


L’Italia ritiene però necessario anche un rinnovamento: struttura, natura e strumenti dell’Organizzazione devono essere aggiornati. L’OSCE deve aprirsi maggiormente ai parlamenti, all’accademia, alla società civile, alle organizzazioni non governative.


Con il seminario odierno vogliamo testimoniare quanto sia utile e opportuna una maggiore apertura dell’OSCE, le cui dinamiche devono crescere anche dal basso verso l’alto. Con questo auspicio, auguro a tutti voi, organizzatori e partecipanti, un proficuo lavoro. Grazie.

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