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Intervento del Ministro Mogherini in occasione della Giornata internazionale della Donna

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)


Signor Presidente della Repubblica,


Gentili Autorità,


Cari ragazzi e ragazze,


E’ un onore, ed anche un’emozione per me, essere qui oggi, a nome del Governo, per celebrare una giornata che non rappresenta un vuoto dovere retorico, ma un simbolo vivo di quanta strada è stata fatta per l’affermazione dei diritti di tutti, e di quanta ne resta ancora da percorrere.


E’ un piacere farlo insieme ad alcune tra le donne che più si sono distinte, in Italia e non solo, per il loro impegno nei confronti di altre donne, insieme a chi ha animato la campagna “NoiNo”, e soprattutto ai giovanissimi vincitori del concorso “Donne per le donne”.


Credo che sia giusto partire da qui: dall’educazione, dal messaggio che insieme – uomini e donne – passiamo ai nostri figli ed alle nostre figlie. L’unico modo che abbiamo per costruire una società che sia realmente rispettosa della dignità, dei diritti, delle speranze e dei sogni di tutti, è far crescere i bambini e le bambine di oggi nella consapevolezza di avere un compito comune: rompere gli schemi, avere il coraggio di cambiare, non piegarsi a percorsi obbligati, non accettare gli stereotipi.


Da mamma, prima ancora che da Ministro, voglio dirvi che la radice della disparità, ed anche della violenza, sta nel pensare che ci siano modelli di comportamento obbligati, e separati, per un bambino e per una bambina.


La responsabilità di chi ha tutto il futuro davanti, la vostra responsabilità, è quella di essere liberi, di osare, di cambiare. E di farlo insieme, maschi e femmine, perchè se riuscirete a costruire un Paese dove ci sarà davvero parità e rispetto per tutti, non sarà una vittoria solo per le donne di domani, ma per tutti voi, per tutta l’Italia.


Se guardiamo indietro, vediamo i passi avanti che sono stati fatti, grazie all’impegno e alla tenacia di tante donne e di tanti uomini. Oggi raccogliamo quel testimone, e proviamo a compiere un nuovo tratto di strada.


Lo facciamo con un governo che non solo è del tutto paritario, ma che vede affidati a noi donne ministeri importanti, e tradizionalmente “maschili”: la pubblica amministrazione, le riforme, gli esteri, la difesa. E’ un modo per dire al Paese, ed ai nostri partner internazionali, che l’Italia è pronta a superare un’immagine di se stessa che la chiude nell’angolo del passato. L’Italia sta cambiando, e cambierà ancora.


Certo, sappiamo bene che il nostro non è ancora un “Paese per donne”.


Metteremo tutto il nostro impegno, di donne e di uomini, per far sì che lo diventi. Per far sì che non si debba più essere costretti a scegliere tra maternità e lavoro: che non si debba rinunciare ad avere un figlio per conservare un contratto precario, o perché un posto di lavoro non lo si ha affatto.


Metteremo tutto il nostro impegno per far sì che, anche in Italia, la gioia e la responsabilità del crescere un figlio sia riconosciuta in modo eguale alla mamma ed al papà.


Metteremo tutto il nostro impegno per superare l’assurda regola, non scritta ma non per questo meno reale, che a parità di lavoro una donna guadagni meno di un uomo.


Metteremo tutto il nostro impegno per prevenire, e fermare, la violenza sulle donne e la violenza domestica – di cui sono troppo spesso vittime impotenti anche i bambini.


L’Italia proprio l’anno scorso ha dato un segnale importante, con la ratifica della Convenzione di Istanbul per la prevenzione e la lotta alla violenza sulle donne. E’ stata la prima legge approvata dal nuovo Parlamento italiano e che ho avuto l’onore, da parlamentare, di firmare. Un atto non solo simbolico ma concreto, voluto da tutte le forze politiche presenti in Parlamento. E non credo sia un caso, che questa scelta sia stata presa proprio dal Parlamento più “rosa” della storia del nostro Paese.


Sappiamo bene che le leggi non sono sufficienti, per fermare la violenza. Serve innanzitutto un cambio culturale, di mentalità, di valori condivisi. Serve che le ragazze crescano forti della consapevolezza di meritare rispetto, ed i ragazzi ritrovino la loro dignità nel rifiuto di ogni violenza. Le leggi, anche le migliori, non sono sufficienti. Ma sono necessarie.


Perché la Convenzione di Istanbul entri in vigore servono ancora le ratifiche di diversi paesi – troppi ancora. Prendo l’impegno, oggi, di attivarmi con i miei colleghi europei affinché sollecitino i rispettivi parlamenti a ratificarla quanto prima, consentendone così una rapida entrata in vigore. Sarebbe un grande risultato arrivare all’entrata in vigore della Convenzione durante il Semestre di presidenza italiana. Parliamo troppo spesso di standard e parametri europei da raggiungere – per lo più di carattere economico. Impariamo a lavorare anche al rispetto ed alla promozione di comuni parametri di tutela dei diritti fondamentali delle persone, a partire da quelli delle donne.


E’ una sfida che riguarda noi – l’Italia, l’Europa – così come il resto del mondo. L’Italia è stata e continuerà ad essere in prima linea, insieme ad altri e con le organizzazioni internazionali di cui fa parte, per affermare che i diritti delle donne costituiscono uno dei primi elementi di sviluppo e di progresso per l’umanità.


Continueremo a lavorare al fianco delle donne Afghane e delle ragazze di Tunisi. Continueremo a lavorare, con la nostra cooperazione e l’impegno di tante Ong, per aprire consultori e reparti maternità in Africa. Continueremo a batterci perché non ci siano più spose-bambine, cessino la pratica delle mutilazioni genitali femminili e la tratta di esseri umani. Continueremo a promuovere il ruolo delle donne sulla scena internazionale, anche attraverso progetti mirati come “Women for Expo” e momenti di formazione come quello che si è appena concluso con “Women in diplomacy”, cui hanno partecipato 20 giovani donne con ruoli chiave nei Paesi del Nord Africa.


Molto ancora resta da fare, in Italia ed in molte regioni del mondo. La vostra responsabilità è quella di rompere gli schemi ed avere il coraggio di cambiare. La nostra, di accompagnarvi e consentirvi di farlo. L’8 marzo, e tutti gli altri giorni dell’anno.