(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Il servizio civile del 2015 si caratterizza per un tratto d’internazionalità molto forte, un’offerta fatta ai nostri giovani che è impostata come una risposta alla crisi del nostro Paese ed è un investimento di lungo termine per formare cittadini attenti al globale. Con la proposta dei corpi civili di pace, ma anche del volontariato internazionale per l’insegnamento dell’Italiano all’estero, il Governo offre ai nostri giovani di portare nella globalizzazione quell’umanesimo italiano che è uno sguardo di mediazione, dialogo e pace. E’ una proposta che ha per noi anche dei ritorni chiari, perché ci rende attori di una globalizzazione diversa e di pace ed è un investimento per la nostra futura classe dirigente, più aperta al mondo.
Mi permetto solo un breve accenno ai volontari linguistici che nel bando del servizio civile 2015 consentirà ai giovani di candidarsi anche in progetti per insegnare e promuovere la diffusione dell’italiano in più di 30 scuole e università, soprattutto in America Latina.
In questi ultimi venti anni l’Italia si è abbandonata all’idea del declino, dato dal ripiegamento solo nazionale delle classi dirigenti. La società ha guardato spesso al mondo esterno solo come ad una serie di minacce; sguardo che si è tradotto in declino nell’economia per paura di accettare la sfida del mondo globale. Anche nell’ambito sociale c’è stato declino, soprattutto nei suoi giovani, bombardati da messaggi pessimistici.
E’ importante portare ai giovani messaggi alternativi. Pace e solidarietà sembrano parole abusate e attaccate ad un buonismo vuoto. In realtà se questi valori vengono vissuti, praticati e testimoniati sono una prima scoperta di senso e di un comune destino. La ricerca dello star bene da soli è una dolce illusione suicida che ci perde, in ogni settore della vita.
La proposta dei corpi civili di pace è una idea italiana visionaria che ha trovato la sua forza nel dibattito europeo durante le guerre in ex-Jugoslavia. In Italia, è soprattutto grazie a un forte movimento popolare che questa proposta ha ricevuto forza, alimentandosi dell’impegno diretto e in prima persona delle associazioni sui diversi teatri.
L’associazionismo italiano è stato innovatore indipendente ed ha dimostrato alle istituzioni ed alla politica che i corpi civili di pace sono una proposta aperta a tutti, praticabile e dall’impatto positivo per la tutela dei diritti umani e può scongiurare la violenza sui civili in zone di guerra. Non posso non ricordare i circa 500 volontari a Sarajevo nel 1992 e i 2000 volontari nella marcia Mir Sada nel 1993, i 250 attivisti di Action for Peace in Palestina nel 2001 e altre migliaia negli anni successivi, i 300 volontari dei Beati Costruttori di Pace in Congo nel 2001 e l’azione dei Caschi Bianchi in Colombia dell’Associazione Giovanni XXIII.
Molti si sono interrogati se non fosse irresponsabile questo progetto dei corpi civili di pace. Inviare con un’approvazione pubblica tanti giovani alla prima esperienza in teatri così complicati; non è offrire nuovi ostaggi, esponendo il paese al rischio di un travaglio emotivo e a dover gestire tutta l’assistenza? La ricerca di darsi un senso è sempre stata un dato che ha accomunato i giovani, che sempre sono partiti. Lo Stato italiano non abbandona mai i suoi cittadini all’estero ancor meno se in condizioni di pericolo, a prescindere da quale sia stata la ragione che li ha indotti a partire.
Quello che il Sottosegretario Bobba, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale hanno fatto è stato creare una rete di proposta perché queste domande dei giovani che vogliono partire e che alla fine partirebbero comunque, possano realizzarsi nella massima protezione con gli stessi standard di sicurezza che il Ministero degli Esteri applica a tutti i nostri espatriati, garantendo un contatto continuo e la possibilità di reindirizzare la missione di fronte a un contesto mutato.
E’ importante precisare che l’attività civile in contesti conflittuali ha buone capacità di successo se si inserisce in una fase in cui il conflitto non ha già avviato una fase di combattimento vero e proprio. L’obiettivo primario dell’intervento è puntare all’estromissione della violenza dal contesto conflittuale. Perciò non si devono immaginare le attività dei cosiddetti “Corpi civili di pace” come “Forze di interposizione disarmata” fra gruppi armati.
Inoltre la formazione è centrale e che non può limitarsi ai soli operatori, ma deve estendersi anche ai diversi protagonisti dell’intervento. Con questa azione istituzionale si escludono approcci esperienziali basati solo sulla ‘buona volontà’. E’ invece indispensabile una previa conoscenza degli elementi che possono garantire la maggiore sicurezza della presenza dei civili.
Un paese, come l’Italia, e i suoi cittadini che non s’interrogano su quale sia il mondo in cui vogliono vivere declinerà. Quella dei corpi civili di pace non è una proposta per qualche tecnico o appassionato eroe. Non si parte all’estero e non si coopera senza una visione politica di quello che può fare oggi l’Italia nel mondo e senza un’idea di una mondializzazione diversa.
Parlare di pace e dell’impegno di ogni cittadino per la pace è parlare del futuro italiano e di parti importanti del mondo. Questa proposta di volontariato internazionale offre ai giovani la possibilità di partecipare, di sostenere, di appassionarsi a pezzi di mondo. Chi parte, coopera, chi testimonia chi segue, crea una rete di affetti e conoscenze che lega e ci lega a questi mondi e attraverso cui è possibile vivere la globalizzazione in modo diretto.