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Tra qualche anno i nostri figli e nipoti potrebbero trovarsi di fronte all’incapacità di arginare un dilagante terrorismo fondamentalista, o a minacce militari non convenzionali, a flussi migratori incontrollati, o ancora a concorrenti economici con i quali sarà difficile competere. Come ci difenderemo dall’accusa di non essere riusciti a dotarli di strumenti e politiche in grado di evitare all’Europa di diventare un «continente di scorta»? In una fase in cui siamo anzitutto impegnati a promuovere percorsi di crescita indispensabili a salvare l’Europa oggi, per rendere questa azione più efficace è necessario accompagnarla con un’altra, altrettanto convinta, che definisca obiettivi, strutture e programmi che permettano all’Europa di muoversi come attore globale al pari di Stati Uniti e Cina. Qual è l’interesse «nazionale» europeo? È la domanda cui dobbiamo rispondere — oggi, non domani — nella consapevolezza che, come hanno scritto sul Corriere Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, il consolidamento dell’eurozona passa attraverso una maggiore integrazione politico-economica, e che, nella costruzione di una casa europea più integrata sul piano politico, non possiamo dimenticare che elemento essenziale di questo edificio è un’efficace politica estera europea. Al pari di uno Stato, l’Europa si definisce, viene riconosciuta e rispettata se è capace di promuovere i propri interessi con un’azione esterna efficace e responsabile. È quanto accaduto in questi otto mesi per l’Italia, nei negoziati a Bruxelles e nei rapporti con tutti i nostri principali partners. Su questo sta lavorando un gruppo ristretto di ministri degli Esteri europei per dare contenuto concreto alle proposte sull’«Europa del futuro» e su un’«Unione Politica». Con Guido Westerwelle, Laurent Fabius, Josè Margallo e altri colleghi, condividiamo l’urgenza di una politica estera dell’Unione Europea che integri nella proiezione esterna dei Ventisette le questioni della difesa, dell’energia, delle migrazioni, dei valori dell’uomo. Argomenti che toccano interessi fondamentali per gli europei, sui quali è auspicabile un più intenso dibattito pubblico. Alcuni parametri, su cui l’Italia ha molto da dire, dovrebbero misurare l’efficacia di una politica estera europea. La sicurezza anzitutto, nelle varie dimensioni in cui si declina e in particolare in quella della difesa. L’Unione Europea è produttore di sicurezza. Negli ultimi anni ha avviato ventiquattro missioni di pace nel mondo. È un contributo di uomini e donne, risorse, esperienza che non può essere trascurato. Su questo dobbiamo sviluppare una vera politica di difesa con un alto grado di cooperazione, dalla pianificazione strategica agli approvvigionamenti, dall’addestramen-to allo sviluppo delle tecnologie. È quanto ci chiedono i nostri stessi alleati secondo un approccio sempre più complementare con la Nato ed evitando costose e non più sostenibili duplicazioni. Dovrà essere un processo esteso a tutti i Paesi che ne vorranno far parte, e nessuno dovrà sentirsi escluso in partenza. Ma, se necessario, dovremo anche procedere in formati più ridotti, utilizzando i nuovi strumenti che il Trattato di Lisbona ci offre, a partire dalla cooperazione strutturata permanente. In secondo luogo la dimensione «sociale», riferita in particolare ai temi dello sviluppo e dei flussi migratori. Nel mondo più della metà dei finanziamenti per lo sviluppo proviene dall’Unione Europea L’Unione Europea deve inoltre essere consapevole e più in grado di utilizzare il suo ruolo, insostituibile, nel condurre la politica di vicinato ad Oriente e nel Mediterraneo, soprattutto per sostenere i processi di transizione democratica in corso. Le risorse riservate ai Paesi della sponda sud del Mediterraneo, dalla Libia all’Egitto alla stessa Tunisia, non sono mai state, sinora, pari alla sfida che abbiamo di fronte, soprattutto nell’attuare partenariati di mobilità che riteniamo indispensabili anche per prevenire e gestire i flussi migratori. La sicurezza energetica è un altro aspetto essenziale per lo sviluppo economico e sociale. L’energia alimenta il sistema produttivo, e proprio per questo è un tema politico oltre che economico per l’Europa e per l’Italia in particolare. Siamo un Paese fortemente dipendente dall’esterno, e, come il resto d’Europa, dobbiamo utilizzare il vantaggio geopolitico che ci viene dalla nostra collocazione in un’area di snodo cruciale dei flussi energetici. Occorre assicurare ai nostri cittadini un contesto energetico europeo sicuro nel breve e nel medio termine, ed è su questo che siamo impegnati nella definizione delle strategie di una politica energetica comune, in vista del completamento del mercato europeo dell’energia entro il 2014. Un mondo più sicuro inoltre è un mondo dove i diritti vengono rispettati. La politica estera di un’Europa credibile deve avere la tutela e promozione dei diritti fondamentali della persona al centro della propria azione. A cominciare dalla difesa della libertà di religione contro ogni intolleranza e violenza. Su questo importante aspetto un passo in avanti, su impulso dell’Italia, è stato fatto il mese scorso a Lussemburgo con l’approvazione di una nuova Strategia europea sui diritti umani, che indica nella tutela della libertà di religione una priorità. I cittadini italiani e quelli europei stanno affrontando grandi sacrifici e rinunce oggi in nome di maggiore sicurezza e benessere da realizzarsi in un’Europa che già domani sia in grado di difendere i loro interessi. E per questo che serve una politica estera europea.


 


 

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