«Siamo sempre stati convinti che il tempo speso per approfondire soluzioni di carattere politico e diplomatico, è un tempo ben speso. E gli eventi di queste ore confortano la posizione italiana». A sostenerlo, da Abu Dabi, è Lapo Pistelli, vice ministro degli Esteri.
La comunità internazionale prende posizione sulla proposta russa sulla Siria. Qual è in merito la posizione dell`Italia?
«Fin dall`inizio della crisi abbiamo ripetuto che non esisteva una via d`uscita militare al conflitto siriano. Abbiamo lavorato per isolare il regime di Bashar al-Assad, per costruire un`alternativa politica credibile, per evitare ogni atto o comportamento che facesse infiammare l`intera regione. Al tempo stesso, la comunità internazionale, e noi tra quelli, si è fatta carico di gestire un enorme problema umanitario, derivante da milioni di profughi, originati dalla guerra e fuggiti in Libano e Giordania. Negli ultimi mesi, abbiamo sostenuto gli sforzi russo-americani per arrivare alla conferenza di “Ginevra2”, lavorando per far cadere ogni precondizione avanzata strumentalmente, e cercando, al contempo, di avere al tavolo tutti gli attori necessari. Purtroppo, l`attacco chimico del 21 agosto, ha lacerato questa tela fragile, pazientemente costruita. Ma gli sforzi della diplomazia non sono terminati».
Ma è possibile fidarsi di Assad?
«Ogni accordo internazionale va negoziato e sottoscritto in buona fede, ma la comunità internazionale dispone di tutti gli strumenti per poter verificare che l`attuazione sia svolta correttamente e senza agende segrete. Nel caso delle armi chimiche, non solo non si farebbe eccezione alle regole, ma servirebbero perfino controlli supplementari, data la delicatezza dell`area in questione e il numero di conflitti a catena che un peggioramento della crisi potrebbe innescare».
Un punto cruciale di questa nuova iniziativa diplomatica, è che la crisi siriana torna alle Nazioni Unite.
«L`Italia è da sempre un Paese che crede nel multilateralismo e in un uso della forza, quando necessario, disciplinato dalla legalità internazionale. Ho letto in questi giorni che per qualcuno questa posizione equivale a tirare la palla in tribuna, poiché il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sarebbe sempre paralizzato da veti reciproci. Non mi pare un buon argomento: il caso dell`Afghanistan, come quello più recente della Libia, testimoniano il contrario. La paralisi siriana dimostra, invece, che per comprendere quella crisi e per agevolare una soluzione politica, serve ancora uno sforzo in più. Il Consiglio di sicurezza può oggi essere, intanto, il luogo nel quale gli ispettori mostreranno i risultati completi delle loro indagini, senza strumentalizzazioni. Mi pare importante che man mano che i giorni passano, aumenti il numero dei Paesi che vedono con soddisfazione il coinvolgimento dei Parlamenti in discussioni così cruciali, e il ritorno delle decisioni ultime alle Nazioni Unite. Quella che abbiamo perseguito è stata una linea coerente, tanto più autorevole perché a portarla avanti è un Paese, l`Italia che in passato ha dimostrato più volte di sapersi assumere le proprie responsabilità». I riflettori sono puntati su Barack Obama. C`è chi lo dipinge come un presidente titubante, e chi come un presidente con la mano sul grilletto. Comunque, una delusione. «Credo che ogni democratico possa mettersi nei panni di un presidente che solo pochi anni fa, nel 2009, aveva teso la mano al mondo arabo, con il celebre discorso sul “Nuovo Inizio” pronunciato al Cairo, e che si trova oggi a dover fronteggiare le conseguenze di alcune rivoluzioni tradite. È una posizione complicata e decisamente scomoda. Ma nessuno si può compiacere delle difficoltà americane, poiché l`eventuale assenza di un solo “gendarme” infallibile non rende di per sé il mondo più sicuro. La crisi di queste settimane ci dice, semmai, che occorre moltiplicare gli sforzi per accelerare, e rendere sempre più concreto il dibattito sull`integrazione politica europea e su nuovi meccanismi di governance globale».
Per tornare all`Italia e alla crisi siriana. Domani (oggi per chi legge, ndr), il premier Letta, sarà alla Camera per il dibattito parlamentare sulla Siria. Con quale spirito e volontà politica?
«Il primo ministro racconterà al Parlamento la discussione, a tratti drammatica, che è avvenuta in sede G20 e poi fra gli alleati europei. Credo sinceramente che l`Italia abbia giocato un ruolo alto e fermo, da un lato ribadendo il valore dei principi di legalità internazionale, dall`altro fornendo elementi di valutazione su una regione, il Medio Oriente, che ci vede osservatori privilegiati. Non rassegnati alla divisione, ma cercando di essere facilitatori ragionevoli di un dialogo anche fra le posizioni più distanti. In questo senso, la mozione della maggioranza che verrà presentata in aula rappresenta un ottimo testo che dimostra come questo lavorio paziente sia stato compreso e sostenuto da un Parlamento che ha trattato la crisi siriana con razionalità e senza alcuna strumentalizzazione di parte».
Sul futuro della Siria incombe anche la sempre più minacciosa presenza dei jihadisti.
«Il futuro della Siria passa sicuramente dalla capacità di liberarsi dai combattenti stranieri, jihadisti a contratto, tagliagole e criminali comuni che hanno dirottato la rivoluzione siriana. Ho sempre più l`impressione che i siriani veri, siano quelli che scappano disperati nei campi profughi, fuggendo dalle opposte violenze. E per loro che dobbiamo preparare il terreno per un vero e proprio diritto al ritorno».