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Pistelli: «Rohani è una chance anche per Damasco» (l’Unità)

Rivendica con giustificato orgoglio il ruolo di «apripista», tra i Paesi europei, che l`Italia ha svolto nel dar credito al nuovo corso iraniano del presidente Hassan Rohani. Un ruolo di cui «il presidente iraniano ci ha dato atto». A parlare, da New York, è Lapo Pistelli, vice ministro degli Esteri con delega all`Iran. L`Unità lo ha raggiunto telefonicamente al Palazzo di Vetro dove ieri la delegazione italiana guidata dal premier Letta e dalla ministra Bonino ha incontrato Rohani. Il presidente iraniano parlando all`Assemblea generale nella sessione sul disarmo nucleare ieri ha ribadito la contrarietà di Teheran a ogni arma atomica e a ogni rischio di proliferazione. E il mondo si interroga su quanta credibilità abbia la svolta iraniana.


Dalla sua postazione privilegiata di New York, e alla luce degli incontri avuti, qual è l`effettivo peso politico della performance alle Nazioni Unite del neo presidente iraniano Rohani?


«È difficile anche per chi si sia allineato finora alle posizioni più dure e scettiche rispetto al cosiddetto nuovo corso iraniano, negare l`enorme quantità di segnali concreti che la dirigenza di Teheran ha inviato alla comunità internazionale. Come ogni media ha mostrato, Rohani e il nuovo ministro degli Esteri Zarif, sono stati fra le “prede” più ambite per i bilaterali di questa settimana. Del resto, fino all`anno scorso, l`ex presidente Ahmadinejad arringava l`Assemblea generale con le sue visioni apocalittiche, ottenendo sistematicamente l`abbandono della sala da parte di molte delegazioni. Questo contrasto, così evidente, tra le due situazioni, descrive l`ampiezza della finestra di opportunità davanti a noi».


Ma in concreto e nel dettaglio, in cosa consistono questi segnali concreti lanciati da Rohani e dalla nuova leadership di Teheran?


«Può sembrare una lista della spesa, ma resterebbe comunque una lista interessante…».


E allora svolgiamola…


«Tutta la squadra di politica estera di Rohani è ben conosciuta da europei e americani, anche perché educata negli Stati Uniti e in Gran Bretagna; fin dall`insediamento di Rohani, la Guida spirituale iraniana, Ali Khamenei, ha sottolineato la piena legittimità del nuovo presidente ad assumere iniziative innovative, atte a riconciliare l`Iran con il mondo. Nel giorno del suo insediamento, Rohani ha enfatizzato la natura “razionale” della nuova politica estera iraniana, smentendo platealmente, come ha fatto nei giorni scorsi anche sul tema dell`Olocausto, il suo predecessore Ahmadinejad. Il nuovo ministro degli Esteri, Zarif, ha assunto la titolarità del negoziato sul nucleare, riportato così alla sua natura non solo tecnica ma politica, e a breve, questione di giorni, ripartiranno i colloqui. Rohani ha annunciato ieri di essere convinto che un`intesa può essere trovata in tre mesi, per procedere poi a una completa normalizzazione nei rapporti con gli Stati Uniti. Sarebbe la prima volta dal 1979».


Altri segnali?


«Prima di arrivare a New York, l`Iran ha liberato circa 80 detenuti politici, e Zarif ha postato una lunga analisi sulla Siria su Facebook, aperta ai commenti. C`è dunque molto materiale su cui lavorare».


In questa argomentata apertura di credito, si può dire che l`Italia abbia svolto, in ambito europeo, il ruolo di «apripista» nel dialogo con la nuova dirigenza iraniana?


«Tra le nostre cattive abitudini, c`è anche quella di oscillare tra momenti in cui siamo affetti da delirio di onnipotenza, e altri in cui ci sentiamo come calimero. Non è così. Quando l`Italia trova la giusta misura e ha qualcosa da dire e da offrire ai propri alleati, siamo in grado di fare la differenza. Vale per il ruolo di trazione politica che rivendichiamo in Europa, vale per alcune iniziative che abbiamo messo in campo nel Maghreb e in Medio Oriente. Dopo l`elezione di Rohani, abbiamo detto per primi che era tempo di verificare le nuove carte di Teheran, e di non adagiarci su una narrativa che poteva invecchiarci tra le mani. Quanto ad essere “apripista”, è vero che, dopo l`insediamento del presidente Rohani, sono stato il primo esponente di governo europeo a iniziare un dialogo, avendo preventivamente informato americani, europei, russi e israeliani. E’ stata una scelta lungimirante del governo. E oggi Rohani ce ne rende atto. Abbiamo tutti da guadagnare se in quella tormentata e nevralgica regione si gira una pagina nuova: vale per la stabilizzazione dell`Afghanistan, per la difficilissima pacificazione della Siria, per la sicurezza d`Israele, per la cessazione della guerra infra-islamica fra sciiti e sunniti. E mi permetto di dire, che se così andasse, l`Italia potrebbe recuperare gli enormi rapporti, economici e culturali, che aveva prima della “gelata” di Ahmadinejad. Abbiamo pagato un prezzo elevato alla lealtà e alla coerenza con le posizioni europee, ma adesso diciamo, a ragion veduta, che la politica serve per cambiare le cose, e non a mantenerle immobili».


L`Italia ha puntato sull`Iran anche per «Ginevra 2» sulla Siria.


«Qui a New York, cresce la fiducia verso il difficile negoziato per la risoluzione Onu sul disarmo chimico della Siria; un programma che, è bene dirlo fin da ora, richiederà un gran numero di esperti sul campo, di protezione e sicurezza, e di risorse per distruggere le sostanze tossiche. Ma potrebbe diventare l`occasione per imprimere una svolta alla convocazione della conferenza di Ginevra. Da questo punto di vista, il consenso iraniano sull`accordo raggiunto, potrebbe essere un viatico per il coinvolgimento di Teheran sulla delicata questione di Hezbollah. Inutile girarci attorno: se Hezbollah è parte del problema, l`Iran dovrà essere una parte della soluzione».

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