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Giro: La partita si gioca sempre nella «famiglia peronista» (Avvenire)

Oggi, 10 dicembre 2013, si celebra il trentesimo anniversario del ritorno alla democrazia in Argentina, con l’elezione di Balli Alfonsín. Una ricorrenza che cade in un momento che segna l’inizio del passaggio di testimone tra generazioni nelle file del peronismo. Alle elezioni parlamentari del 27 ottobre scorso il “Fronte per la vittoria” della presidente Cristina Fernández Kirchner ha perso circa i120% dei consensi, pur conservando la maggioranza in Parlamento. Sullo scacchiere politico il risultato elettorale delle varie anime del peronismo – il movimento creato negli anni Quaranta da Juan Perón – supera sempre il 50%. Sarà quindi ancora all’interno della “famiglia peronista” che si dirimerà il futuro dell’Argentina, ma probabilmente con nuovi leader. La generazione degli anni ‘70 lascerà presto il posto a una nuova dirigenza che ha fatto il suo apprendistato nell’Argentina democratica, meno ideologizzata e più pragmatica.


Non esiste una definizione universalmente accettata del peronismo: con aspetti di destra e di sinistra, favorevole ai sindacati e alle imprese, neoliberale o interventista; può contenere il gruppo di governo e, allo stesso tempo, una parte dell’opposizione. Nel peronismo c’è tuttavia un’anima che si mantiene costante, interpretata da generazioni di leader diversi. Il nucleo del movimento è costituito dal nazionalismo, e l’importanza data al ruolo dello Stato e alla giustizia sociale. Valori che si mitigano o si esaltano in base al clima dell’epoca il peronismo non si è mai rappresentato in un partito unico, ma in un forte movimento plurale e leaderistico. È anche uno spazio culturale che, fin dall’inizio, accetta adattamenti ideologici e pragmatici. Perón stesso parlava della «realtà come dell’unica verità che conta». Tra il 2013 e il 2015, con il ricambio generazionale muteranno probabilmente anche alcuni temi legati a questo ciclo – come l’iperintervento dallo Stato in economia – a favore di altre questioni quali la lotta all’inflazione e alla criminalità. Tra il 2013 e il 2015 è probabile anche che mutino alcune priorità dell’agenda presidenziale, come annunciano le recenti nomine. La “presidenta” Cristina Fernández con la nuova compagine governativa ha la grande opportunità di consolidare i risultati sociali ottenuti, perseguendo la stabilizzazione dell’economia e lasciando un’eredità importante alla nuova generazione di politici. L’inflazione ufficiale è al 10%, ma nella realtà si situa verosimilmente attorno a120%, la difesa del tasso di cambio da parte della Banca centrale ha ridotto le riserve valutarie del Paese e l’economia si surriscalda per un eccesso di domanda a cui le capacità produttive interne non possono far fronte. Eppure il Paese ha grandi potenzialità.


Il problema del debito sovrano è stato quasi risolto ed è pensabile che possa chiudersi definitivamente con l’attuale mandato presidenziale. Per il futuro, le priorità d’azione restano almeno cinque: liberarsi dall’inflazione che danneggia soprattutto i ceti poveri, investire nelle infrastrutture e in reti energetiche, favorire gli investimenti esteri, rafforzare l’integrazione latinoamericana e riprendere il dialogo con l’Europa. La storia argentina nel XX e XXI secolo è stata sinora caratterizzata da continui corto circuiti tra crisi economiche e politiche, alimentatisi a vicenda. Ora la “presidenta” e la nuova generazione peronista possono favorire un circolo virtuoso dove al pieno consolidamento democratico si accompagni anche una reale stabilizzazione economica che permetta la nascita di un vero settore produttivo nazionale.

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