Questo sito utilizza cookie tecnici, analytics e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookie.

Preferenze cookies

Giro: ‘‘Fondamentali per l’Italia difesa e controllo della reputazione all’estero’’ (Milano Finanza)

Rimbalzano in questa settimana i messaggi sulla perdita di appetibilità internazionale dell’Italia a tutti i livelli: un Paese che non attira più né investitori stranieri, né turisti, né emigrati. I costi di una diminuita reputazione, più o meno fondata, si calcolano in perdita di talenti e flussi turistici. Cosa fare per gestire la propria reputazione, e da cosa ripartire per rendere l’Italia più attraente? Alla definizione all’estero del «brand Italia» concorrono anche una molteplicità di elementi del sistema-Paese all’estero: studenti, nuova e vecchia emigrazione, beni materiali e immateriali, prodotti creativi, patrimonio culturale, audiovisivo, letterario e linguistico. Il marchio e la reputazione dell’Italia non sono stati ancora assunti, valorizzati, monitorati e gestiti a livello centrale e istituzionale. Il rischio è che la reputazione e l’immagine dell’Italia siano etero-determinate e che il Paese subisca un’immagine troppo stereotipata, eccessivamente ancorata al passato o inesatta, lasciando però le istituzioni inerti di fronte alle criticità da affrontare.


Secondo il rapporto sul posizionamento dei Brand Paese (Country Brand Index), costruito sulla base delle percezioni di opinion leader mondiali, l’Italia passa dal primo posto nel 2005 al 18° del 2014, terzultimi su 21 paesi. L’immagine del nostro Paese nel mondo sarebbe penalizzata da una percepita cattiva gestione politica, da un sistema di valori che si va opacizzando, da infrastrutture insoddisfacenti, dalla scarsa tecnologia e dalla qualità della vita sempre più bassa. Lo studio offre degli spunti da cui ripartire: l’Italia è riconosciuta ancora all’estero come il Paese della bellezza, della cultura, della tecnologia, del buon cibo e della moda. Ha un capitale di reputazione legato alla cultura e alla lingua ancora non intaccato, più grande del Paese ma sottoutilizzato perché frammentato e mancante di una visione condivisa. Ma vanno evitate le inerzie legate all’erronea convinzione di godere di una rendita di posizione. Partendo da questi beni rifugio si può iniziare a ricostruire la reputazione del Paese all’Estero e generare immediati ritorni economici. Lingua e cultura creano immediati flussi turistici e l’interesse per tutto quanto viene prodotto in Italia, perché risultato di uno stile di vita. Però va superata la frammentazione, e occorre assumere istituzionalmente il compito di monitorare e migliorare l’evoluzione della reputazione all’estero del nostro Paese, in modo da affrontare anche le maggiori criticità.


Il primo passo è attivare un luogo di programmazione strategica unitaria che coinvolga esperti del turismo, cultura, istruzione, enti locali, ricerca scientifica e che individui messaggi e immagini diverse e coerenti per presentare il nostro paese nelle differenti aree geografiche. Per lanciare un’azione di sistema sulla reputazione è necessario coinvolgere anche attori non istituzionali. E ipotizzabile l’organizzazione periodica di Forum sull’immagine e reputazione dell’Italia nel mondo a cui partecipino anche operatori economici, sportivi, della solidarietà ed enti territoriali attivi nel mondo, che avrebbe il compito di indicare le criticità e linee di azione. La rete di promozione culturale e linguistica dell’Italia, con gli Istituti italiani di cultura, le scuole e i comitati Dante Alighieri, presente in più di 250 città nel mondo, potrebbe essere usata per monitorare e orientare la percezione dell’Italia nei differenti Paesi. E possibile dare una vocazione e un ruolo alla nuova emigrazione, agli studenti e ricercatori in partenza per l’estero, e alle élite straniere che hanno studiato e conoscono l’italiana.