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“L’Europa si è svegliata molto tardi” (Der Spiegel)

ITALIA. Il Ministro degli Esteri Gentiloni si esprime sul più difficile conflitto della storia dell’UE e spiega perché su molte cose è d’accordo con Angela Merkel.

 

Paolo Gentiloni, 61 anni, romano di famiglia nobile, è da 15 anni membro del Parlamento nelle file dei Socialdemocratici. Nell’ottobre 2014 è stato nominato Ministro degli Esteri. Per l’intervista ci riceve nel suo studio nel Palazzo della Farnesina. Poco prima ha avuto una colazione con il Segretario di Stato statunitense John Kerry, per discutere sulla lotta contro lo “Stato Islamico”.

Der Spiegel: Signor Ministro, secondo Lei Matteo Renzi e Angela Merkel nel loro Vertice a Berlino hanno messo fine ad un grave conflitto tra i due Paesi?

Gentiloni: Ci sono differenze di opinione, specialmente per quanto riguarda la politica economica e finanziaria. Ma nelle questioni di politica estera e soprattutto in materia migratoria siamo d’accordo. Da questo punto di vista non ci sono in Europa Paesi più vicini di Italia e Germania.

Der Spiegel: Ma il Cancelliere ha ormai cambiato tono e dice che i profughi devono rientrare nei loro rispettivi Paesi di origine dopo un paio di anni. Questo la stupisce?

La posizione presa dal Cancelliere nell’agosto 2015 è stata molto apprezzata dal nostro Governo. Soprattutto perché ella difenda il Trattato di Schengen.

Der Spiegel: Si, ma la domanda riguarda il recente cambiamento di rotta della Signora Merkel nella questione dei rifugiati.

Diciamo così: confido che la difesa di Schengen non venga meno. Sui rimpatri condividiamo la stessa posizione. 

Der Spiegel: Anche Lei condivide quindi l’opinione che i profughi debbano far rientro nei Paesi di origine, appena si risolve il conflitto nei Paesi di provenienza?

Si, perché non possiamo trattare le persone che hanno diritto d’asilo alla stessa stregua di coloro che provengono da Paesi sicuri. Queste ultime devono essere rimpatriate. Questo è a nostro avviso assolutamente chiaro. Ciò che invece è in discussione è il principio completamente superato che la registrazione dei profughi e la suddivisione tra chi ha diritto d’asilo e chi deve essere rimpatriato sia a carico dei Paesi di primo ingresso.

Der Spiegel: Lei promuove l’abrogazione della procedura di Dublino?

E’ ridicolo credere che la Grecia accolga quasi un milione di migranti, li registri e poi ospiti chi abbia diritto di asilo e rimpatri chi non lo ha. La Grecia non lo fa. E potremmo rimproverare ai Greci di non farlo ma nello stesso tempo dobbiamo cambiare le regole di Dublino. Se continuiamo ad attenerci alle disposizioni di questa procedura irrealista significa solo che difendiamo Dublino e rinunciamo a Schengen.

Der Spiegel: L’UE modificherà a marzo la procedura di Dublino?

Non sono veramente ottimista, ma spero che la mancanza di alternative porti a questo. Mi sia consentito ricordare che fino al maggio 2015 non esisteva una agenda comune europea sulla questione migratoria. Nulla, zero. Soltanto dopo un’ennesima tragedia nel Mediterraneo e su iniziativa italiana si è iniziato ad immaginare e definire delle linee guide per la registrazione dei profughi, la loro distribuzione o il loro rimpatrio.

Der Spiegel: Finora ciò funziona quasi solo in teoria.

In effetti siamo in forte ritardo nell’attuazione di questi principi. Ma per salvare uno dei pilastri dell’UE, ossia la libertà di movimento delle persone, potrebbe essere necessario in primavera avviare una nuova politica.

Der Spiegel: Lei promuove dunque la distribuzione dei rifugiati tra tutti i Paesi UE?

Nel 2015 sono giunti in Grecia 900.000 migranti. Le regole di Dublino stabiliscono che quelli che hanno diritto d’asilo restano in Grecia, gli altri devono essere rimpatriati. UNMÖGLICH! (in tedesco). Questo carico deve essere sostenuto assieme. Cioè a dire: una comune polizia di frontiera, una distribuzione dei profughi sul territorio dell’UE, e il rimpatrio di coloro che non hanno diritto ad ottenere asilo. D’altra parte, la logistica e il finanziamento devono essere a carico di tutti.

Der Spiegel: Più Paesi dell’UE rifiutano questo impianto.

Indubbiamente. Ma la spinta comune di Stati quali la Germania, l’Italia o la Francia può fare in modo che si vada in tale direzione. Perché in gioco c’è una cosa del tutto fondamentale: la libertà di movimento. Non conosco nessun mercato comune che ne possa fare a meno.

Der Spiegel: Secondo Lei i Tedeschi si sono astenuti per troppo tempo, quando invece gli Italiani già nel 2013, con l’Operazione “Mare Nostrum”, salvavano naufraghi dall’acqua?

Non solo i Tedeschi. Loro sono sempre stati presenti sui temi dell’asilo. Ma sicuramente, l’Europa si è svegliata molto tardi.

Der Spiegel: Lo ha fatto perché naive o per calcolo?

Finché uno specifico problema riguarda maggiormente un determinato Paese – in questo caso l’Italia – si tende a non metterlo tra le proprie priorità. Oggi la rotta dei migranti attraversa la Grecia e i Balcani o l’Italia; ma nel caso di una futura crisi nell’Europa nordorientale potrebbe essere toccata anche la Polonia. Abbiamo a che fare con meccanismi che non governiamo. Questo dobbiamo cambiarlo. Come disse la Signora Merkel “Noi ce la facciamo”. Solo che questo “noi” dovrebbe essere un “noi” europeo. Non è ammesso che attualmente venga criticato solamente il Paese di guardia, cioè la Grecia.  

Der Spiegel: Quali effetti ha avuto la politica del Cancelliere per l’Italia?

L’effetto, che io l’approvi. L’Europa può reggere annualmente varie centinaia di migliaia di persone aventi diritto d’asilo.

Der Spiegel: Un tetto europeo di 500.000 richiedenti asilo all’anno viene comunque da un po’ di tempo discusso a Berlino.

L‘Europa unita ce la fa anche a far rientrare nei loro Paesi di origine centinaia di migliaia di migranti che non hanno diritto d’asilo, nonostante il fatto che l’impegno, se consideriamo il numero di voli necessario, ricordi per dimensione da vicino il ponte aereo di Berlino.

Der Spiegel: Si dovrebbe dire con maggiore chiarezza: “non possiamo accogliere tutti coloro che cercano una vita migliore”?

Il messaggio “non possiamo accogliere tutti” è indispensabile. Nello stesso tempo la decisione su chi può beneficiare del diritto d’asilo dovrebbe essere presa a Bruxelles. É chiaro che alcuni Paesi, per esempio dei Balcani, debbono essere classificati come Paesi sicuri. Altri invece, come a mio avviso l’Eritrea, debbono indubbiamente essere inseriti tra i Paesi i cui cittadini hanno diritto d’asilo.  E per un terzo gruppo di Stati, tra i quali per esempio la Nigeria, si devono analizzare le domande caso per caso. Infine esistono casi controversi come l’Afghanistan. In ogni caso è richiesta una procedura comune europea. La richiesta di comunitarizzare può sembrare utopica, ma non ha alternative.

Der Spiegel: L’Italia ha per ora attivato solo tre dei sei Hotpsots promessi per la registrazione dei migranti. Rappresentano punti di partenza per l’immigrazione clandestina. Le Sue Autorità sono ormai completamente sopraffatte dal flusso di immigrati e dalla loro distribuzione.

Non siamo perfetti. Ma indubbiamente abbiamo mantenuto i nostri impegni verso l’Europa più che l’Europa verso l’Italia per quanto riguarda la distribuzione o il rimpatrio di profughi che si trovano sul nostro territorio. L’Italia, a tal riguardo, adempie meglio ai propri compiti rispetto al resto dell’Europa: anziché 160.000 migranti che dovevano essere ridistribuiti tra i Paesi europei siamo appena a 300.

Der Spiegel: Con la crisi migratoria, è a rischio il futuro dell’Europa?

Si può dire così, perché questa crisi si riflette su altre questioni: il referendum britannico sull’uscita dall’Unione Europea o l’avanzamento dei populisti in più Paesi europei. Questo mix minaccia il futuro dell’Europa. Stiamo attraversando molto probabilmente la più grave crisi nella storia dell’UE. Il tema dell’immigrazione ci consentirà di dire se la superiamo o meno.

Der Spiegel: Cosa deve succedere in occasione del Vertice Straordinario UE di metà febbraio?

Dobbiamo andare avanti, dalla Moneta Unica all’Unione bancaria, in materia di politica fiscale comune e, nel medio periodo, anche verso una politica estera e di sicurezza comune. Ci vorrà un po’, perché dobbiamo scoprire come convivere con Paesi che non vogliono una Unione Europea sempre più strettamente interconnessa.

Der Spiegel: Lei propone dunque un’”Europa a due velocità”.

L’espressione in sé non mi piace tanto perché implica che il lento raggiunge il più veloce. Tale definizione non piacerebbe a Londra.  Probabilmente si deve andare insieme avanti, ognuno al proprio passo. I più veloci potrebbero essere i Paesi dell’Eurozona. L’altro gruppo potrebbe essere costituito dagli Stati che sono interessati allo sviluppo comune del mercato europeo, ma che rigettano però l’idea di un intreccio politico sempre più forte.

Der Spiegel: Il Presidente del Consiglio Renzi ha criticato il fatto che nell’UE Merkel e Hollande hanno fino ad ora deciso la direzione delle cose. Anche Lei ha evocato la speranza che Berlino continui a preferire una Germania europea ad una Europa tedesca. Dov’è il problema?

Il problema riguarda, se di problema si può parlare, la diversità di vedute sui temi dell’economia e della congiuntura. La crescita è troppo debole anche da noi. Ciò deve essere cambiato, con maggiori investimenti, un ruolo più profilato della Banca Centrale Europea. Per il resto non esistono tensioni tra Italia e Germania, ma in questo caso si devono trovare compromessi, e li troveremo.

Der Spiegel: Matteo Renzi ha negli ultimi tempi fatto intendere forte e chiaro che egli non si fa impartire lezioni da Berlino e Bruxelles. Cosa ne pensa?

In tale ottica credo che Renzi abbia ragione.

Der Spiegel: Lei ha appena avuto un colloquio con il Segretario di Stato statunitense sulla lotta contro lo Stato Islamico (IS). Le truppe del Califfato si trovano a 600 kilometri a sud delle coste italiane. Qual è la strategia del Suo Governo?

Siamo fortemente impegnati sul piano militare in Iraq e in Afghanistan. In Paesi come la Siria serve una svolta diplomatica per mettere fine al conflitto. In Libia è necessario stabilizzare il Paese per fermare lo Stato Islamico. Ciò implica: supporto al Governo libico anche in materia di sicurezza. Non vogliamo ripetere gli errori già commessi in questo Paese in passato. La situazione è estremamente pericolosa e i prossimi giorni possono essere decisivi.

 

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