“Un sindaco per tutti i londinesi” questo era lo slogan del 45enne avvocato di origini pachistane, Sadiq Khan, da ieri nuovo sindaco labour di Londra. Sulla scia della forte critica alle politiche nazionali dei Tory, Kahn è riuscito in un’impresa storica, ribaltando tutti i sondaggi che a settembre lo vedevano soccombere contro il suo avversario Zac Goldsmith. Lo ha fatto grazie ad un programma molto innovativo e convincente, con una nuova politica per la casa, per i trasporti, i servizi sociali e l’ambiente, e con la promessa di ricostruire una Londra non più al servizio dei fondi speculativi stranieri ma dei cittadini comuni. Il figlio di un autista di bus immigrato dal Pakistan, ha così battuto il rampollo di una famiglia di milionari inglesi, con la promessa di rendere una delle città più innovative e attrattive del mondo, anche più inclusiva per le fasce sociali meno abbienti. I conservatori hanno impostato tutta la loro campagna sul rischio estremismo, additando l’avvocato dei diritti umani Kahn come difensore dei musulmani radicali. Sbagliando anche il tiro, per un avvocato difensore delle minoranze e dei diritti Lgbt, segno di un Islam riformato. Una campagna tutta in negativo, con attacchi personali, che alla fine si è rivelata suicida, lasciando campo libero ai laburisti londinesi che sono riusciti a intercettare, invece, il malcontento e la voglia di proposte concrete per aumentare la qualità dei servizi essenziali della capitale. In tutti i casi, resta il quadro complessivo delle amministrative che per i laburisti non ha segnato un avanzamento elettorale. «We hung on», abbiamo tenuto le posizioni, ha dichiarato il leader Jeremy Corbyn, che ha ricevuto comunque la solidarietà di un gruppo dirigente laburista diviso, e che per bocca del vice Tom Watson lo ha difeso dagli attacchi. Molti suoi critici gli contestano che, dinanzi alle difficoltà del governo Tory e alle spaccature nella compagine parlamentare guidata da David Cameron, quanto emerso dalle urne (ad eccezione di Londra) è deludente e non segna certo una prospettiva incoraggiante verso la rivincita elettorale.
Il risultato più negativo per la sinistra inglese è sicuramente l’elezione per il Parlamento regionale in Scozia, dove ormai gli indipendentisti dello Scottish National Party, anche se non hanno maggioranza nei seggi, hanno soppiantato i laburisti nel cuore dell’elettorato, relegando il Labour al terzo posto, scavalcato anche dai conservatori. Un dato significativo anche in vista dell’assegnazione dei collegi delle elezioni nazionali. Gli indipendentisti con la loro tradizionale rivendicazione di autonomia da Londra ma di amore per la Ue, occupano la mappa elettorale ai danni della sinistra inglese, che proprio da lì traeva forza nell’era blairiana e che successivamente ha segnato la caduta delle ultime leadership laburiste. Oggi si aggiunge lo smacco del sorpasso conservatore nel Parlamentino regionale. Come in tutti i test amministrativi, il voto ha seguito dinamiche locali sia nei temi sia nelle modalità. Ma alcune linee di tendenza, come avvenuto anche in passato, possono delinearsi. Tutto sommato il partito di Corbyn tiene in Galles e in alcuni grandi centri, come Liverpool, ma è ancora lunga la strada per riconquistare una forza maggioritaria alternativa a Cameron, passato all’attacco con lo spoglio ancora in corso: «II Labour ha completamente perso il contatto coi lavoratori, ed è invece ossessionato con le cause della sinistra». Ukip, con i suoi caratteri populisti, sale in termini percentuali e si attesta come una costante insidia nel panorama britannico.
Tutti i riflettori sono puntati adesso sul referendum del 23 giugno sulla Brexit e la permanenza del Paese nella Unione Europea. A rigor di cronaca il tema centrale delle prossime settimane, che allarma le cancellerie di mezzo mondo, non è stato propriamente decisivo nella campagna elettorale. Argomento polemico ma spesso relegato in secondo piano e, soprattutto, concentrato nello scenario londinese dove il candidato conservatore Goldsmith, in continuità con il sindaco uscente Boris Johnson, faceva del «Sì» all’uscita dalla Ue arma di propaganda.
Sadiq Kahn ha vinto anche su questo piano polemico, sospinto da una fetta della popolazione, fortemente radicata nella capitale, orientata a vivere in una società aperta al mondo e inclusiva nei suoi confini. Nei prossimi giorni saliranno i toni della campagna referendaria e dello scontro tra i partiti e nei partiti, ma sicuramente la stella di Khan, con tutta la sua carica di rottura degli stereotipi elettorali classici, può aprire un nuovo scenario nel panorama della sinistra inglese.