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Gentiloni: “L’arbitrato sui marò ci darà ragione solidarietà dalla Ue” (La Repubblica)

Ministro Paolo Gentiloni, il Tribunale arbitrale dell’Aja ha deciso che Salvatore Girone potrà rientrare in Italia. Molti esultano, e a ragione, ma sarete pronti a restituire Latorre e Girone all’India se l’Aja deciderà che sarà indiano il tribunale che deve giudicarli?

«L’arbitrato ci darà ragione. Abbiamo lavorato con la piena intesa del Parlamento, per affidare la soluzione del caso al Tribunale internazionale e rispetteremo le sue decisioni. Intanto, con l’ordinanza resa pubblica oggi, viene riconosciuta la nostra richiesta preliminare: Girone trascorrerà in Italia il periodo dell’arbitrato. Le diplomazie italiana e indiana si stanno già mettendo al lavoro per concordare le modalità del suo rientro e farle validare dalla Corte Suprema. Faremo poi valere le nostre ragioni nella fase di merito dell’arbitrato. Ed essendo ottime ragioni confido che verranno riconosciute».

Avete avuto sostegno dalla Ue nella vertenza?

«C’è stata solidarietà europea. E grande determinazione e professionalità da parte della Farnesina, del team legale e dell’intero governo».

In Europa il tema caldo rimane quello delle migrazioni. Lei ha già detto che l’Italia non accetta che l’Austria alzi un muro al Brennero: è sicuro che Vienna non lo farà?

«Oltre che inaccettabile sarebbe anche incomprensibile. Se l’Europa si comporta come un condominio rissoso non ha molto senso stupirsi della crescita di sentimenti anti-europei. Io non mi rassegno all’idea che erigere una barriera al Brennero possa dipendere dalle dinamiche elettorali interne a un paese. Il Brennero è uno dei confini più importanti d’Europa, ci sono voluti decenni per rendere normali le relazioni fra due popoli e trasformare un luogo di tensione in un luogo di comune prosperità. L’abolizione di quel confine è stata un simbolo del nostro progresso. La costruzione di una barriera sarebbe il simbolo di un fallimento europeo. Ma confido che non arriveremo a questo».

Con il “compact” avete provato a fare delle proposte per risolvere alla fonte il problema dei flussi crescenti di migranti. A che punto siete?

«C’è un consenso diffuso in Europa. Un esempio? Ho incontrato giorni fa il ministro degli Esteri della Finlandia, che è il leader del partito di destra dei “Veri finlandesi”. Mi ha confermato anche lui l’interesse per offrire risorse ai paesi africani da cui provengono gran parte dei migranti. La Ue ha destinato 3 miliardi di euro (6 in prospettiva) all’emergenza migrazioni in Turchia. Adesso ci aspettiamo un impegno significativo per il “migration compact”: non bastano gli apprezzamenti politici».

Il principale canale di immigrazione dall’Africa in Italia è la Libia: come giudica la situazione del governo Serraj?

«È trascorso un mese dal giorno in cui in maniera avventurosa il Consiglio presidenziale di Fayez Serraj è arrivato a Tripoli. Fra mille difficoltà hanno iniziato a lavorare, di 8 ministeri il nuovo governo ha già preso possesso, la città è in apparenza calma. Il governo libico ha annunciato di voler mettere a segno azioni coordinate in tutto il paese contro lo Stato Islamico, e ha già ottenuto un buon risultato con il blocco da parte dell’Onu della nave che dall’Est del paese provava ad esportare petrolio fuori dal controllo legale di Tripoli».

Lei è stato il primo ministro degli Esteri a visitare Serraj, ministri libici sono arrivati anche a Roma. Che piani avete?

«Abbiamo aperto una strada che vogliamo percorrere tutti insieme con i partner della Libia. Oggi una nuova nave di aiuti italiani chiesti dal governo Serraj arriverà a Tripoli e verrà poi destinata agli ospedali di Bengasi. La strada è stretta, è in salita, piena di pericoli e difficoltà ma noi andiamo avanti. Con due idee-guida: la Libia deve rimanere unita, le spinte centrifughe di qualsiasi tipo vanno contrastate. Secondo, il nostro obiettivo è stabilizzare gradualmente il territorio, risolvere progressivamente i problemi di controllo delle autorità legali in maniera da poter battere efficacemente terrorismo e traffici illegali».

Egitto: la Francia di Hollande e perfino la Germania della cancelliera Merkel salutano in questi giorni il generale Al Sisi come un leader politico rispettabile e degno di onori. L’Italia rinuncerà a chiedere al generale del Cairo la verità sul caso Regeni?

«Nessuno è così ingenuo da non vedere il fatto che di fronte al raffreddamento dei rapporti fra Italia ed Egitto c’è il rischio dell’intervento di interessi diversi, di altri paesi. Noi siamo interessati alla stabilità dell’Egitto e la nostra insistenza sulla ricerca della verità nel caso Regeni non ci fa dimenticare l’importanza di quel paese. Ma ciò che bisogna capire è che la nostra ricerca della verità è al primo posto, e non può essere cancellata da interessi o preoccupazioni geopolitiche».

Prima o poi saremo costretti ad arrenderci? A far finta di nulla?

«La nostra richiesta di verità non è una richiesta a scadenza e quindi destinata nel volgere di qualche settimana a cedere il posto all’oblio. Di fronte alla mancanza di collaborazione abbiamo deciso di richiamare per consultazioni il nostro ambasciatore dal Cairo, che in diplomazia è un segnale chiaro». ”

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