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Giro: «Washington investe su Roma per cambiare l’Europa» (Unità)

Iraq, Siria, Libia. Un Medio Oriente in fiamme non può attendere i tempi dell’Europa. Il mondo non si ferma per aspettare il voto francese e quello tedesco della primavera-autunno 2017. Guerre e fughe s’intrecciano sempre più. Ed è per questo che il Consiglio Europeo di domani non deve trasformarsi in un ennesimo nulla di fatto. L’Italia non permetterà una “Bratislava 2”. È la sfida che Mario Giro, Vice ministro degli Esteri con delega alla Cooperazione internazionale, anticipa e argomenta nell’intervista a l’Unità. Quanto poi alla forte apertura di credito del presidente Obama all’Italia di Renzi, il numero due della Farnesina rimarca: «Obama riconosce la leadership italiana in Europa, il ruolo personale di Matteo Renzi e in un certo senso stigmatizza la sordità europea».

Domani si riunisce il Consiglio Europeo. Uno dei punti centrali, anche alla luce degli eventi che stanno sconvolgendo il Vicino Oriente e il Nord Africa, sarà quello dei migranti. C’è il rischio che si ripeta il fallimento registrato nel Summit di Bratislava?

«Speriamo di no. Dovremmo riuscire a sbloccare i 500 milioni di euro per i cosiddetti “mini Compact”, cioè per quei Paesi da cui provengono i flussi migratori. Il mese scorso alcuni Paesi membri della UE li avevano bloccati contraddicendo tutta la politica della Commissione europea fino ad oggi. Se si sbloccano si va avanti…».

Altrimenti?

«Altrimenti è un problema grave: sarebbe a dire che l’Europa si divide definitivamente sull’immigrazione. Questo non può accadere. L’Italia fa la sua parte: nella Legge di Bilancio, come si sa, abbiamo previsto 200 milioni per lo stesso motivo solo noi».

“Solo noi”. L’Italia è stata lasciata sola dall’Europa nell’affrontare il soccorso e l’accoglienza di una umanità disperata che fugge da guerre, pulizie etniche, povertà assoluta e disastri ambientali. Quel “siamo soli” è stato affermato pochi giorni fa con forza dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella.

«Il Presidente ha ragione: questo blocco dei 500 milioni non si capisce, soprattutto dopo il viaggio della Cancelliera Merkel in Africa, che è stato presentato come una svolta. Ma Renzi in Africa c’è stato tre volte e Mattarella già una volta…».

Anche Lei è reduce da una intensa missione in Africa.

«Sì, sono stato nella Repubblica Centroafricana che con il Sud Sudan è il Paese più povero al mondo. L’Italia vuole contribuire fattivamente alla sua stabilizzazione perché in quell’area ci sono troppi signori della guerra, troppe milizie, troppi rischi di scontri etnico-religiosi manipolati dall’esterno. Vogliamo prevenire una prossima crisi che potrebbe agitare l’intera area dell’Africa centrale; un’area vastissima che, è bene ricordarlo, confina con la Libia».

La Libia, per l’appunto. Le notizie che giungono da Tripoli sono allarmanti.

«Tutto in Libia ci preoccupa. Gli ultimi accadimenti sono gravi ma sembra che il premier Sarraj stia riprendendo il controllo della situazione. Paradossalmente, molti gruppi vogliono essere presi in considerazione dal processo di stabilizzazione che ha portato alla costituzione del Governo di accordo nazionale, un processo che l’Italia sostiene dal suo sorgere ma il cui avanzamento è ancora troppo lento».

Da più parti si sostiene che prima delle elezioni presidenziali in Francia (marzo 2017) e quelle legislative di autunno in Germania, l’Europa si bloccherà e non darà segni di sé sui dossier più caldi.

«È un rischio che già vediamo in atto: prima delle elezioni francesi e tedesche non si deve far nulla. Ciò è inaccettabile, perché abbiamo sfide urgenti: Brexit, crescita, sicurezza e difesa, migrazioni… Oggi, è un dato di fatto, si discute solo delle proposte italiane. I nostri partner possono star certi che non li lasceremo in pace su nessuno di questi dossier. O si va avanti o l’Europa muore di inedia».

A proposito di una Italia attiva nel mondo. Un importante riconoscimento del nostro impegno nel salvataggio e l’accoglienza di migranti, così come sulla necessità di una svolta nel segno della crescita delle politiche economiche e finanziarie dell’Europa, è venuto dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel suo incontro alla Casa Bianca con Renzi. E 1’8 novembre l’America sceglie il successore di Obama.

«Obama riconosce la leadership italiana in Europa, il ruolo personale di Matteo Renzi e in un certo senso stigmatizza la sordità europea. Le nostre relazioni con gli Stati Uniti rimangono fortissime come da tradizione ma si completano con un loro sostegno alle nostre politiche. Quanto poi all’8 novembre è sicuramente una data importante per noi: l’Occidente ha un leader, che sono gli Stati Uniti e oggi anche l’Italia fa la sua parte».

Una leadership, quella di Matteo Renzi, che ha preso sul serio il multilateralismo indicato da Obama. Ma l’Europa ne è stata all’altezza?

«L’Europa deve attrezzarsi meglio e avere meno paura. In questo periodo tutto si è rimesso in moto geopoliticamente. Non dobbiamo temere le sfide del mondo; sia quelle politiche che quelle ecologiche o umanitarie. Medio Oriente, Siria, Ucraina, relazioni con la Russia, con la Turchia: tutto ciò domanda risposte, richiede più politica, più profondità e allo stesso tempo più coraggio».