Questo sito utilizza cookies tecnici (necessari) e analitici.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookies.

Del Re: «Dall’Italia gli aiuti per ricostruire» (Avvenire)

Uno scenario «che resta molto grave»: l’annuncio del ritiro degli Usa «non ha fatto che aumentare le tensioni fra Ankara e le milizie curde del Pyd», resta irrisolto il «nodo di Idlib: 3 milioni di persone sotto il controllo di gruppi qaedisti» mentre si registrano «tensioni crescenti fra Israele e le forze iraniane» che potrebbero innescare un «confronto su scala regionale».

Emanuela Del Re, vice ministra degli Esteri, che ruolo può giocare l’Italia e l’Ue per favorire una riconciliazione nazionale in Siria?

Resta una priorità la crisi umanitaria: il ritardo nella riconquista di Baghuz era dovuto alla presenza di numerosi civili che ora stanno creando una pressione in particolare sul campo di al-Hol che, passato da 12mila a 72mila persone, ha un sistema di risposta al collasso. Resto convinta che la stabilità non possa che scaturire da un realistico processo inclusivo sotto la supervisione dell’Onu, in linea con la risoluzione 2254. Quindi l’Italia ha espresso chiaramente il proprio sostegno all’inviato speciale Onu, Geird Pedersen, e promuove il dialogo con tutti gli attori per lo sblocco del Comitato costituzionale e la ripresa dei negoziati di Ginevra. Ci sono, però, altri attori: l’Italia è molto impegnata nell’interlocuzione con la Russia, imprescindibile sia per un cessate il fuoco che per una soluzione politica.

Ritengo che il formato di Astana (Russia, con Iran e Turchia) debba restare fermamente ancorato al processo politico sotto l’egida delle Nazioni Unite. Quanto al crescente confronto fra Israele e Iran, l’Italia è molto impegnata a scongiurare il rischio di una escalation regionale, cercando di incoraggiare le parti siriane a stemperare le tensioni. L’Italia aderisce poi alla posizione dell’Unione Europea, per un processo credibile e solido di ricostruzione, continuando ad assicurare una rapida ed efficace azione umanitaria in risposta alle richieste delle agenzie dell’Onu.

Noi cerchiamo di intervenire con una riabilitazione umanitaria anche nelle zone sotto il controllo governativo e – campo in cui l’Italia è una eccellenza – nel sostegno all’«empowerment» femminile e ai gruppi più vulnerabili.

La Cooperazione italiana ha appena spedito 10 tonnellate di medicinale al campo di al-Hol. Un altro carico di medicinali sarà inviato all’Oms. Qual è il piano di intervento della Farnesina?

Oltre ai voli umanitari abbiamo organizzato una nave di medicinali e kit sanitari, diretta a Idlib, che provengono dal deposito di pronto intervento delle Nazioni Unite di Brindisi. Va sempre ricordato che sono quasi 12 milioni di persone in stato di bisogno, 6,2 milioni gli sfollati interni e 5,6 milioni i rifugiati, 2,1 milioni di minori non scolarizzati, 1,3 milioni di minori a rischio di dispersione scolastica. Per questo l’Italia, dall’inizio del conflitto, ha anche lavorato nei Paesi di accoglienza dei rifugiati, Libano e Giordania in particolare. Dal 2016, per tre anni, abbiamo destinato 45 milioni di euro all’anno (25 in aiuto umanitario, 20 in sviluppo): un impegno che stiamo per replicare nel ’19 e nel ’20, inserendoci in modo consistente nel piano dei donatori Ue che prevede, per il 2019, aiuti per 6,2 miliardi di euro. E ora si stanno sensibilizzando anche i Paesi del Golfo.

Con questi obiettivi di governo quale il ruolo delle Ong?

Ho convocato recentemente tutte le Ong italiane impegnate in Siria: una eccellenza. Sono già in atto progetti non solo per l’emergenza, ma anche di sviluppo: il Ciheam di Bari sta realizzando – grazie a un finanziamento di circa 1 milione di euro della Cooperazione – un progetto di sostegno agricolo alla comunità di Raqqa. Stiamo, poi, cercando di favorire altri progetti di cooperazione sul territorio siriano, considerato che per ora si può agire in supporto ad organizzazioni locali.

Ti potrebbe interessare anche..