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«Gli italiani? All’estero ci apprezzano» – Ambasciatore Gabriele Altana (Il Resto del Carlino CESENA)

C’È ANCHE un romagnolo tra gli ambasciatori alla Conferenza che in questi giorni ha raccolto al ministero degli Affari Esteri tutti i capi delle missioni diplomatiche nel mondo. E’ il cesenate Gabriele Altana, diplomatico di carriera dal 1991, oggi ambasciatore d’Italia a Helsinki.

Altana, qual è il suo legame con Cesena?

«Molto forte perché sono nato e ho frequentato tutte le scuole a Cesena, fino al liceo Monti. Poi sono andato a Roma all’università e poco dopo sono entrato nel servizio diplomatico alla Farnesina. Ma ci torno spesso perché ci vive mio padre e con mia moglie – lei molto più cesenate di me – frequento ancora gli amici del liceo».

La sua camera l’ha portata dall’Eritrea, al Canada, a Israele e ora in Finlandia. C’è un Paese che predilige?

«Mi sono trovato bene ovunque, con diversi livelli di responsabilità e in diverse fasi della vita. A 28 anni ero in Eritrea e mia moglie era il ventottesimo medico del territorio, con quattro milioni di abitanti. Spesso mancavano luce e gas e acqua, ma me ne sono andato con la morte nel cuore perché ho conosciuto persone straordinarie».

In Finlandia con mesi di luce e di buio, come si vive?

«Fa parte della quotidianità, del fascino del luogo. A parte questo, Italia e Finlandia condividono molti atteggiamenti e valori: amano le cose ben fatte, il lavoro ben eseguito, le tradizioni e sono fattori che pongono buone basi per intensificare la collaborazione a livello imprenditoriale».

Cosa dovremmo imparare dai finlandesi?

«A essere più lungimiranti, mentre loda noi, a essere un po’ più elastici Amano l’assenza di imprevisto, sono considerati i più felici al mondo e forse il segreto della loro serenità è la capacità di separare in modo netto la sfera pubblica dalla sfera privata».

All’estero sono molti i romagnoli?

«Ne ho incontrati in tante occasioni: imprenditori, personalità della cultura e dell’arte. Negli ultimi trent’anni c’è stato un nuovo flusso di mobilità e molti fanno esperienze di studio e di ricerca. In Finlandia non sono tantissimi. Di recente hanno aperto un locale a Helsinki dove servono piadine ma devo ancora verificare se sono `autentiche’ …».

Qual è l’immagine degli italiani nel mondo?

«Più positiva di quella che hanno gli italiani che sono o eccessivamente ottimisti, pensando che nessuno possa competere con noi, o molto critici. Gli stranieri invece ci riconoscono delle qualità che trascuriamo e sono disposti a perdonare i nostri difetti più di quanto facciamo noi».

Quali sono gli obiettivi della Conferenza che si conclude oggi?

«Semplici e ambiziosi: fare il punto sul significato dell’azione che le ambasciate e i consolati svolgono a beneficio di cittadini, imprese, cultura, scienza in un contesto in cui le sfide aumentano e le risorse sono stazionarie».

Si parlerà anche di soft power, per l’Italia dato soprattutto all’immagine di bellezza e ricchezza culturale, su cui il nostro Paese può forse contare più di altri. Qual è la sua opinione?

«E’ molto importante e lo deve rimanere perché è una declinazione ineludibile della nostra tradizione umanistica, artigianale e culturale. Non abbiamo grandi risorse naturali, né possiamo contare su una rendita geopolitica, siamo un paese che trasforma e crea valore aggiunto e lo diffonde nel mondo. Dobbiamo mantenere il nostro patrimonio di imprese, ricerca, cultura, nel settore del non profit, con tutte le forze, e arricchire questa immagine».

Nella sua carriera il suo essere romagnolo in che cosa l’ha aiutata?

«Per tre motivi. La curiosità: senza, non si può fare questo mestiere; una certa propensione a guardare l’aspetto pratico delle cose; la capacità di ascoltare: perché devo sempre capire le ragioni degli altri. Poi c’è la tradizione romagnola del confronto, aperto e vigoroso».