E’ un siciliano a guidare una delle ambasciate più calde del mondo, quella del Venezuela. Si chiama Placido Vigo il diplomatico di Acireale che da poche settimane si è insediato a Caracas, nel paese diviso dallo scontro tra il presidente Maduro e l’opposizione, in cui vivono circa 20mila siciliani. «La situazione è critica. I black out sono frequenti», racconta Vigo. E’ abituato a lavorare in zone di crisi: ha avuto incarichi diplomatici in Libia, Panama, Germania, Bolivia e nell’Argentina post crollo economico. «Ci sono difficoltà di comunicazione e di approvvigionamento del carburante. In alcune zone bisogna mettersi in fila per tre giorni per fare benzina perché le raffinerie sono bloccate a causa della crisi energetica», continua il diplomatico. I siciliani iscritti al consolato generale di Caracas sono quasi 19mila, più di mille sono conteggiati a Maracaibo. «Negli anni ’50 e 70 molti italiani sono partiti per il Venezuela insieme ai loro piccoli. Bambini che, in molti casi, adesso, sono imprenditori di successo. In questo periodo, si trovano a fronteggiare una condizione difficile, ma con un vantaggio dato dal ruolo che hanno nella società. Sono i giovani quelli che hanno deciso di andar via da qui». La comunità più numerosa è quella dei palermitani con 3750 persone, seguita da trapanesi. Sta girando lo stato sudamericano in lungo e in largo, l’ambasciatore Vigo: «Non c’è tempo da perdere in una situazione del genere». Sta lavorando, come fatto dopo la crisi argentina, a un grande piano perla sanità gratuita. «La Farnesina sta investendo 2milioni e 300 mila euro per aiutare gli italiani in Venezuela. Diamo una mano agli indigenti, con sussidi monetari e con un piano di acquisto di farmaci», racconta Vigo. In questi giorni il diplomatico è in Italia, partecipa al Ministero degli esteri alla conferenza degli ambasciatori e delle ambasciatrici d’Italia: «In Sicilia ci torno spesso. Sono molto legato alle mie radici, anche perché se faccio questo lavoro è grazie a mio nonno. Lui voleva fare l’ambasciatore ma non ci è riuscito a causa della guerra. Quando a 16 anni l’ho scoperto ho deciso che avrei seguito il sogno del mio avo, di cui porto il nome»