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In Spagna il soft power italiano è vincente. Parola dell’Ambasciatore Stefano Sannino (Formiche.net)

Conversazione di Formiche.net con l’ambasciatore dell’Italia in Spagna Stefano Sannino in apertura della XIII edizione della Conferenza degli Ambasciatori e delle Ambasciatrici alla Farnesina. Per fare sistema serve lavorare alla promozione integrata del made in Italy. In Spagna il soft power italiano è vincente, tanti i dossier in comune, a cominciare da quello migratorio. Sanchez? Il voto a novembre non è scontato “Fare sistema” è la parola d’ordine per chiunque lavori nella diplomazia. Per questo la Farnesina ha convocato i suoi diplomatici da tutto il mondo per la XIII edizione della Conferenza degli Ambasciatori e delle Ambasciatrici, una due giorni che si terrà a Roma dal 24 al 26 luglio e sarà presieduta dal Segretario generale del ministero Elisabetta Belloni. Nel titolo c’è tutto il senso del raduno, che vedrà alternarsi sul palco anche giornalisti, accademici e imprenditori: “Diplomazia per l’Italia. Sicurezza e crescita in Europa e nel mondo”. “È un bel modo per fare un punto comune delle nostre esperienze – confida in apertura dei lavori a Formiche.net l’ambasciatore Stefano Sannino, dal marzo del 2016 a capo della missione diplomatica italiana in Spagna.

Ambasciatore, come si promuove in concreto il sistema Paese?

La forza della promozione integrata del sistema Italia sta nel mettere insieme i diversi pezzi che concorrono a promuovere il soft power italiano all’estero.

Ad esempio?

Sentiamo spesso parlare di bellezza, design, gusto, turismo. Oggi si aggiungono nuovi aspetti del Made in Italy, come la sostenibilità ambientale e sociale. Tutti questi tasselli da soli non bastano. Con la promozione integrata si genera invece uno straordinario effetto volano da un settore all’altro.

Quanto conta il soft power italiano in Spagna?

L’Italia ha un grande impatto sulla società spagnola. La comunità italiana è molto presente e ben integrata, il nostro Paese gode di una buona immagine. Prima ancora della politica sono le persone e le comunità a fare la differenza. La mobilità intraeuropea permette di fondere culture diverse e di generare un autentico senso di appartenenza europeo un tempo impensabile.

E concretamente cosa condividono i due Paesi?

Ci sono tanti dossier in comune. Per ovvie ragioni geografiche Italia e Spagna sono due Paesi mediterranei estremamente esposti al fenomeno migratorio dal Nord Africa. Ma c’è di più. A prescindere dalle diverse sensibilità politiche dei due attuali governi, entrambi i Paesi hanno una visione dell’Europa simile.

Parla dell’immigrazione?

Ad esempio. Cambiano le modalità con cui affrontare il problema, ma le posizioni e gli interessi di fondo sono coincidenti. Sia Roma che Madrid vogliono ripartire in maniera equilibrata l’impatto del fenomeno migratorio e hanno dovuto prendere delle misure per evitare che il sistema di accoglienza collassasse di fronte all’aumento delle partenze.

La Spagna non ha una solida maggioranza al governo dal 2015. Quanto durerà questa instabilità?

È un Paese che deve fare i conti con la fine di un sistema, di fatto, bipartitico. Ai due grandi partiti popolare e socialista si sono progressivamente affiancati altri attori politici, oggi ci sono cinque grandi partiti nazionali. Questo comporta la necessità di dover stringere alleanze, trovare compromessi, creare coalizioni sulla base di interessi comuni.

Pedro Sanchez non ha ottenuto la fiducia in Parlamento. A novembre si torna alle urne?

È presto per dirlo, era solo la prima votazione a maggioranza qualificata, ora si procederà con la maggioranza semplice. Madrid non ha un governo stabile eppure l’economia spagnola è oggi una delle locomotive europee. L’instabilità politica degli ultimi anni è un dato di fatto, eppure il Paese continua ad avere una crescita economica sostenuta. Nonostante una congiuntura internazionale non favorevole oggi il Pil cresce del 2,4% annuo.

Miracolo spagnolo?

Direi piuttosto che è il risultato di una serie di fattori. Non è successo da un giorno all’altro. Il sistema è stato riformato in maniera drastica con un costo sociale molto elevato, ma ha avuto la capacità di rigenerarsi. Il prezzo pagato negli anni passati in termini di disoccupazione e riduzione del potere d’acquisto inizia finalmente a dare frutti positivi.

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