Il direttore di Fanpage.it Francesco Piccinini ha intervistato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, per fare il punto sull’emergenza coronavirus in Italia, e in particolare sulla condizione dei connazionali che si trovavano all’estero quando sono esplosi i contagi, e delle misure di contrasto che devono essere messe in atto per affrontare la crisi economica che stiamo attraversando: “Nelle ultime due settimane sono rientrate migliaia di persone dall’estero. Vorrei dare qualche numero: in questo momento solo di iscritti all’anagrafe dei cittadini all’estero abbiamo 5 milioni di persone con passaporto italiano, a questi si sommano quelli che non sono iscritti all’anagrafe. Stiamo istituendo dei voli speciali per riportarli in Italia, però daremo la precedenza a chi non è residente all’estero. Chi ha pagato le tasse per anni all’estero, alimentando, legittimamente, la sanità di un altro Paese, è bene che resti lì seguito dalla nostra rete diplomatica. Per tutti gli altri, turisti, studenti, a poco a poco li faremo tornare”, ha assicurato il titolare della Farnesina.
“Questa è una situazione senza precedenti – ha ribadito Di Maio – C’è una crisi scoppiata in ogni comune del mondo contemporaneamente, non è una crisi circoscritta in un solo posto, come avveniva in passato. Ma vorrei lanciare un appello: se avete anche un sintomo del coronavirus restate dove siete. Se tornate a casa poi infettate i vostri genitori? Come è già accaduto agli italiani che si sono spostati dal Nord verso il Sud. Ci sono stati anche alcuni casi limite: c’è qualcuno per esempio che è partito lo scorso 10 marzo per un Safari in Africa, sebbene il ministero degli Esteri lo sconsigliasse, e che ora chiede di essere rimpatriato”.
Per quanto riguarda gli aiuti arrivati in Italia dalla Cina Luigi Di Maio ha parlato anche del reperimento dei dispositivi di protezione: “Abbiamo ricevuto aiuti da tutto il mondo, dagli Stati Uniti, dalla Russia (da lì sono arrivati 9 aerei), dalla Cina – da cui continuano ad arrivare anche vendite, perché non farei distinzione tra donazioni e vendite in questo momento – Anche da Paesi europei, come la Germania, che sta prendendo in carico molti ammalati. Questo testimonia che l’Italia fa bene a interloquire sempre con tutti. La nostra posizione nel mondo non è in discussione Noi siamo sempre stati un ponte tra Est e Ovest. Vorrei ricordare le parole del premier albanese Edi Rama, che ha detto: ‘Non possiamo dimenticare l’aiuto dell’Italia negli anni’. Perché la solidarietà e l’aiuto reciproco pagano sempre, e ci permettono in questo momento di salvare vite”.
Il ministro pentastellato ha elencato quindi le partite in arrivo: “Ieri il presidente Trump ha annunciato 100 milioni di dollari di aiuti, che sono in arrivo. Con la Cina abbiamo firmato un contratto di 180 milioni di mascherine, e in queste ore sta arrivando il primo stock. Ma nelle ultime settimane sono arrivati medici e ventilatori polmonari, anche dalla Russia. Ci ricorderemo di tutti i Paesi che ci hanno aiutato, perché senza questi prodotti non ce l’avremmo fatta. Quando sarà tutto finito dovremmo ragionare su cosa è veramente strategico. Penso alla produzione interna di questi dispositivi. Ma è strategico anche investire sulla Sanità, perché i Paesi che stanno reagendo meglio a questa crisi sono quelli che hanno investito di più in questo settore. In Italia purtroppo negli ultimi 15 anni non abbiamo investito sufficienti risorse nella Sanità”.
Sul tema dell’Unione europea, sulla discussione che ruota attorno alla possibile condivisione del debito, il ministro ha affermato: “L’Italia chiede di poter spendere tutto quello che serve, per aiutare i nostri disoccupati, i nostri studenti, i nostri anziani, i nostri imprenditori, i nostri lavoratori. Per farlo abbiamo bisogno del sostegno della Banca centrale europea e abbiamo bisogno in questo momento di condividere i rischi a livello europeo, per poi condividere le opportunità insieme. Quella che stiamo attraversando è una crisi sanitaria ed economica, che metterà a dura prova le nostre imprese, e non vogliamo che ci siano dei limiti a livello europeo che non ci permettano di aiutare la nostra gente. Il tema è farci trovare pronti o farci trovare ancora una volta in ritardo, perché questo non possiamo permettercelo. Anche perché l’Italia non ha colpe, questa è una pandemia. Ci sono altri Paesi europei che se la stanno vedendo brutta. Sarà una lunga trattativa, la più difficile che sia mai stata affrontata nella nostra Storia, e il presidente del Consiglio Conte sta lavorando per raggiungere il miglior accordo possibile”.
“Adesso è prematuro dire cosa succederà se non si raggiungerà un accordo sui Coronabond – ha detto Di Maio – Il popolo italiano ha sempre dato all’Unione europea, è il momento in cui legittimamente chiediamo e pretendiamo aiuto. Ci vogliono strumenti nuovi, che siano all’altezza della crisi che stiamo affrontando. Potrebbe essere una crisi economica peggiore di quella del 2008-2009”.
Il direttore Francesco Piccinini ha chiesto quindi se il Mes sia uno strumento bastevole: “La nostra generazione sfortunatamente ha già pagato lo scotto di una crisi, 10 anni fa. Ma cosa abbiamo imparato da quella situazione? Non si supera una crisi con l’austerità, ma investendo e spendendo. Il Mes già non ha funzionato in Grecia, figuriamoci adesso. E poi il Mes è il modo per dire ai Paesi vi diamo uno strumento, ma ve la vedete da soli. Noi invece stiamo proponendo agli Stati europei di condividere i rischi adesso, per condividere in futuro le opportunità”.
Riguardo alla possibilità di rinnovare l’Unione europea dopo questo shock, rendendola più ‘federale’, Di Maio ha detto: “Penso che il tema che la riforma delle istituzioni fosse già un’esigenza emersa prima di questa crisi, e infatti era stata lanciata la ‘Conferenza sul futuro dell’Unione europea’, che doveva durare due anni, per discutere degli assetti dell’Europa. E spero che ci sia. Ma non vorrei che si usasse questa questione per rimandare gli interventi per uscire da questa crisi: quindi interventi subito, poi parleremo degli assetti futuri”.
La proposta del taglio degli stipendi dei parlamentari e dei consiglieri regionali, durante l’emergenza coronavirus, è nel DNA del Movimento Cinque Stelle: “Questa proposta di certo non salverà il mondo. Ma è un atto che può dare un po’ più di credibilità a chi dovrà amministrare il Paese in una crisi economica e sanitaria senza precedenti. Se vediamo i calciatori che si tagliano gli stipendi è impensabile che la politica o che le classi che guadagnano di più possano mantenere il loro status. Se chiedi sacrifici ai lavoratori e agli imprenditori li devi chiedere anche a te stesso. Noi non vogliamo tagliare le pensioni, lo stato sociale va rafforzato. In questo momento due milioni e mezzo di persone stanno mangiando grazie al reddito di cittadinanza, fatto dal M5s un anno fa”.
Che scenario ci sarebbe stato senza il reddito di cittadinanza? Il ministro degli Esteri ha risposto così: “In questi giorni abbiamo istituito un sistema che permetter ai comuni di distribuire dei buoni, che permetteranno alle famiglie di fare la spesa. Senza il reddito di cittadinanza ci sarebbero state il doppio delle persone affamate alla porta del sindaco. Ora se noi vogliamo affrontare questo momento storico con onestà intellettuale, dobbiamo ammettere che ci serve un reddito d’emergenza. Un sindaco in questi giorni mi ha detto: ‘Un padre può non mangiare, ma è disposto a tutto pur di far mangiare suo figlio’. Noi dobbiamo prevenire, evitare che si arrivi all’esasperazione, e rispondere con strumenti adeguati, estendendo la platea del reddito di cittadinanza”.
Luigi Di Maio ha poi smentito i retroscena sulla data possibile della riapertura delle attività produttive non essenziali: “La verità è che sarà la comunità scientifica a dirci quando riaprire, del tutto o in parte. C’è un comitato scientifico che dirà al governo quando potremo tornare alla normalità. Quello che posso dire è che quanto più saremo responsabili, stando a casa, prima riapriremo. Se invece continueremo a fare i furbi – i dati del ministero dell’Interno sulle denunce lo dimostrano – allungheremo i tempi della chiusura, che ovviamente ha anche un impatto economico. Per ogni mese di chiusura, lo ha detto il Fondo monetario internazionale, si rischia in Europa un -5% di Pil. Noi dobbiamo sentirci responsabili non solo per i medici e per i malati nelle terapie intensive, ma anche per la situazione economica. Ma non saremo noi politici a dire ‘apriamo’ o ‘chiudiamo’, dovranno essere gli scienziati”.