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Memorandum sui migranti apertura di Tripoli all’Italia (Il Messaggero)

L’Italia ottiene un risultato inaspettato in Libia con ampie rassicurazioni di restare «un partner fondamentale e insostituibile» per il Paese, raccogliendo l’invito a ricostruire l’aeroporto internazionale di Tripoli (la cui consegna è prevista per febbraio 2021), e ricevendo una proposta di modifica del Memorandum d’intesa, firmato nel 2017 in tema di contrasto all’immigrazione illegale, che va nella direzione della volontà italiana di rafforzare la piena tutela dei diritti umani. Un accordo che era stato inviato al governo di Fayez al Serraj a febbraio scorso per il rinnovo, e che ha ottenuto una risposta formale proprio ieri, durante la visita del ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Tripoli, alla quale hanno partecipato, oltre ad al Serraj, anche il potente ministro dell’Interno Fathi Bashagha, il suo omologo Mohamed Siala, e il presidente della compagnia petrolifera Noc, Mustafa Sanallah. La missione, questa volta, non ha previsto visite a Bengasi o a Tobruk. Chiaro segnale nei confronti del generale Khalifa Haftar, con il quale, comunque, il dialogo resta aperto.

I BOMBARDAMENTI

Sembra passato un secolo dai giorni neri del conflitto più acceso quando l’Italia godeva di scarsa popolarità tra i tripolini: troppo ambigua la nostra posizione, troppo distratta. Poi, sono successe due cose: Haftar ha bombardato la città colpendo proprio il quartiere dove si trova la nostra ambasciata. E nonostante questo, la sede è rimasta aperta. Seconda questione: il governo di Roma ha accettato di mandare gli sminatori a “bonificare” tutta quella parte di territorio alla periferia di Tripoli, circa 100 chilometri quadrati, disseminata di mine collocate dai mercenari della Wagner russa, in azione al fianco del feldmaresciallo. Ordigni piazzati nelle bambole, nelle case, che rischiano di fare stragi e impediscono il rientro degli sfollati nelle loro abitazioni. Una manifestazione concreta di solidarietà e aiuto che ha facilitato la ripresa dei rapporti, tanto da far dire al titolare della Farnesina: «A una prima lettura si va nella giusta direzione, con la volontà della Libia di applicare i diritti umani. Tripoli si è impegnata ad assistere i migranti salvati nelle loro acque e a vigilare sul pieno rispetto delle convenzioni internazionali, attribuendo loro protezione internazionale così come stabilito dalle Nazioni Unite. Il documento – ha sottolineato – potrà essere discusso in un apposito comitato misto. La data indicativa è il 2 luglio». L’Italia, poi, intende promuovere un grande piano per la ricostruzione del paese nord africano: «Ci faremo promotori – ha chiarito ancora Di Maio – dell’iniziativa presso l’Unione europea. E nel frattempo avvieremo un foro tecnico tra Turchia, Russia e Italia». Il vero nodo della stabilizzazione libica passa, infatti, nella liberazione – senza spargimenti di sangue – di Sirte e al Jufra, dove si trova circa il 70-80% del petrolio. È molto improbabile che le milizie fedeli al governo di Tripoli conquistino l’est del paese, così come che le forze fedeli ad Haftar riescano ad avanzare in Tripolitania. E in questo l’Italia potrebbe cercare un ruolo di mediatore, ma bisognerà convincere le principali potenze regionali, dalla Russia all’Egitto, dalla Turchia alla Francia, ognuna con i propri interessi in gioco.

GLI USA

Uno scenario particolarmente complesso nel quale si è inserita l’America, che è tornata a voler dire la sua sulla Libia, per arginare le ambizioni russe nella zona della Cirenaica. Washington potrebbe pressare sulla Turchia per limitare le espansioni di Putin. A questo proposito ha sottolineato ancora Di Maio: «Non si possono fare trattative senza l’America, perché si finisce con il fare pasticci». Lui, nei giorni scorsi ha sentito il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, ed è previsto un nuovo colloquio alla fine della settimana. «Tripoli sembra aver voglia veramente di ricominciare», ha dichiarato ancora il ministro degli Esteri. Prova ne sia l’invito per la colazione di lavoro fatto ieri alla delegazione italiana in un famoso ristorante nel centro della città, proprio davanti all’Arco di Marco Aurelio, riaperto per l’occasione.