Dieci anni fa, milioni di siriani sono scesi per le strade di Dara’a, Aleppo e Damasco, invocando la Democrazia e il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. La brutale risposta del regime ha innescato, nell’arco di un decennio, una delle azioni criminali e delle crisi umanitarie più gravi dalla Seconda Guerra Mondiale, provocando oltre 400.000 morti e infinite violazioni dei diritti umani. Più della metà della popolazione siriana ha dovuto lasciare le proprie case e più di 6 milioni di siriani sono fuggiti dal proprio Paese per scampare alle atrocità del regime. Decine di migliaia di persone sono state fatte sparire con la forza senza che le loro famiglie sapessero nulla sulla loro sorte o su dove si trovassero.
Il regime siriano ha usato ripetutamente armi chimiche contro il suo stesso popolo, come hanno dimostrato al di là di ogni dubbio le Nazioni Unite (ONU) e l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPCW). Il regime ha sempre rifiutato di fornire spiegazioni ai team internazionali di inchiesta. Ma i sopravvissuti agli attacchi sono qui per testimoniare ciò che hanno visto e sofferto. Non resteremo in silenzio di fronte alle atrocità avvenute in Siria, per le quali il regime e i suoi fiancheggiatori esterni sono i principali responsabili. Molti di questi crimini, compresi quelli commessi da Daesh e da altri gruppi armati, possono costituire crimini di guerra e crimini contro l’umanità. È obbligo di ognuno di noi combattere l’impunità ed esigere che siano individuati i responsabili per i crimini commessi in Siria indipendentemente dall’autore.
È una questione di giustizia per le vittime. Data la gravità dei delitti, continuiamo a chiedere che la Corte Penale Internazionale venga autorizzata a indagare sui crimini asseritamente commessi in Siria e a perseguire i responsabili. Per contrastare la strategia di coloro che bloccano il deferimento alla Corte da parte del Consiglio di Sicurezza, stiamo lavorando per garantire che i fatti siano documentati, in attesa dell’esame da parte dei giudici competenti. Abbiamo quindi sostenuto la creazione del “International, Impartial and Independent Mechanism” [Meccanismo Internazionale, Imparziale e Indipendente], con lo scopo di raccogliere e preservare le prove per procedimenti futuri. Questi sforzi sono essenziali. Sosteniamo anche il lavoro della Commissione internazionale d’inchiesta indipendente, che documenta le violazioni dei diritti umani nel conflitto siriano.
È fondamentale che le violazioni, documentate in maniera così approfondita, finiscano immediatamente. Siamo anche determinati a far rispettare tutte le norme internazionali per proteggere i diritti di tutti i Siriani, come dimostrato dalla recente azione avviata dai Paesi Bassi per chiedere alla Siria di rendere conto delle violazioni della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura. I tribunali nazionali, alcuni dei quali hanno già avviato procedimenti giudiziari, svolgono un ruolo importante in questo senso. In molti dei nostri Paesi sono già stati avviati procedimenti giudiziari ed emesse sentenze definitive contro i colpevoli. Già nel 2016 i tribunali svedesi hanno iniziato a perseguire i gravi crimini commessi in Siria. Il mese scorso, un tribunale di Coblenza, in Germania, ha emesso una prima storica sentenza contro un ex membro dei servizi segreti siriani per favoreggiamento di crimini contro l’umanità. Sono in corso procedimenti giudiziari anche in Francia, a Parigi è stata recentemente presentata una denuncia per gli attacchi chimici commessi dal regime siriano contro il suo popolo.
L’Unione Europea ha adottato sanzioni mirate contro individui e entità vicine al regime che sono dietro alla repressione del popolo siriano. Respingiamo la narrazione del regime secondo cui queste sanzioni sono responsabili delle sofferenze del popolo siriano. Sono la palese negligenza del regime e la cattiva gestione dell’economia ad aver causato l’attuale crisi economica che affligge i siriani.
Oggi siamo chiamati a dare soluzioni alla tragedia dei detenuti e degli oltre 100.000 scomparsi. È fondamentale che le Nazioni Unite dedichino tutte le energie necessarie per ottenere risultati tangibili, prima di tutto dal regime siriano.
Combattere l’impunità non è solo una questione di principio, è anche un imperativo morale e politico, una questione di sicurezza per la comunità internazionale. In qualsiasi contingenza l’uso di armi chimiche è una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale. In risposta agli attacchi chimici, abbiamo mobilitato tutte le Istituzioni competenti sulla messa al bando delle armi chimiche. Le squadre dell’OPCW hanno svolto indagini completamente indipendenti. Per completare questo lavoro considerevole, abbiamo lanciato il Partenariato internazionale contro l’impunità per l’uso delle armi chimiche, che riunisce 40 Stati e l’Unione europea. Questa iniziativa ha permesso di denunciare coloro che sono coinvolti nello sviluppo o nell’uso di armi chimiche. E non ci fermeremo finché non saranno stati puniti per i loro crimini.
Infine, la lotta contro l’impunità è un prerequisito per la ricostruzione di una pace duratura in Siria. Senza la fine, completa e verificabile, delle violazioni e degli abusi dei diritti umani il popolo siriano non può sperare in un futuro luminoso. Senza una chiara indicazione di responsabilità per i crimini commessi, la Siria non sarà in grado di riconciliarsi con il suo passato. Lodiamo gli eroici sforzi degli attivisti per i diritti umani, del personale delle ONG e dei membri della società civile che rischiano la propria vita per far emergere la verità sui crimini commessi in Siria. Offriamo loro protezione, ove possibile, mentre i nostri sistemi legali stanno lavorando attivamente per perseguire i responsabili di reati gravi.
Bisogna fare piena luce su questo decennio di atrocità. La giustizia per le vittime è essenziale per ricostruire una Siria stabile e pacifica, basata su una soluzione politica credibile e praticabile in conformità con la risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. I nostri Paesi si impegnano a garantire che i criminali di guerra e i torturatori non rimangano impuniti. I loro crimini non l’avranno vinta sulle aspirazioni di dignità e giustizia del popolo siriano.
Lettera a firma congiunta dei Ministri degli Esteri di: Austria, Alexander Schallenberg Belgio, Sophie Wilmès Bulgaria, Ekaterina Zaharieva Francia, Jean-Yves Le Drian Danimarca, Jeppe Sebastian Kofod Finlandia, Pekka Haavisto Germania, Heiko Maas Irlanda, Simon Coveney Italia, Luigi Di Maio Lettonia, Edgars Rinkevics Lituania, Gabrielius Landsbergis Lussemburgo, Jean Asselborn Malta, Evarist Bartolo Paesi Bassi, Stef Blok Polonia, Zbigniew Rau Portogallo, Augusto Santos Silva Slovenia, Anie Logar Svezia, Ann Linde