Questo sito utilizza cookie tecnici, analytics e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookie.

Preferenze cookies

Tajani: «Avremo tutti i fondi Lavoriamo per centrare gli obiettivi del Piano» (Corriere della Sera)

Tajani: «Avremo tutti i fondi Lavoriamo per centrare gli obiettivi del Piano»
Tajani: «Avremo tutti i fondi Lavoriamo per centrare gli obiettivi del Piano»

ROMA «L’Italia non perderà nulla. Andiamo avanti, i compiti a casa li facciamo, e alla fine i risultati arriveranno».

Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepremier, sul Pnrr è assolutamente convinto. Rivendica la flessibilità della quale il governo Meloni ha sempre parlato, ma di dubbi non vuole sentir parlare: «Spenderemo tutti i fondi del Pnrr».

L’Italia non fa più fatica degli altri a tenersi in pari con impegni e scadenze?

«Ma no. Guardi che i problemi che abbiamo noi li hanno tutti. Dappertutto stanno modificando i progetti, la Germania e anche altri Paesi mi pare abbiano questioni ben superiori alle nostre. Io penso che la flessibilità — e lo dico da sempre — sia una cosa giusta».

Perché una cosa giusta?

«Il Recovery plan della Ue, di cui il Pnrr è parte, è nato da una grande svolta alla politica europea. Mi lasci ricordare che questa è figlia del Ppe e del presidente Berlusconi, con un punto di partenza: il Pnrr nasce per rispondere alla crisi nata dal Coronavirus. L’idea era ed è: vediamo dove cadono le macerie, vediamo dopo che la polvere si è depositata e a quel punto potremo capire meglio come aggiustare il tiro».

La Ue, però, ci rimbrotta…

«Noi crediamo soltanto alle critiche obiettive, quelle non dipendenti da posizioni politiche. Ripeto: l’Italia entro il 31 agosto fornirà le correzioni e avremo tutti i fondi previsti».

Ci saranno anche gli stadi di Firenze e Venezia? «

Guardi che i due stadi erano già stati approvati dalla Commissione Ue, se poi ha cambiato idea… In ogni caso, nel giro di poco arriverà la terza tranche e tutto andrà nella posizione giusta».

Però anche la Corte dei Conti segnala qualche ritardo: nel 2023 abbiamo speso 1,1 miliardi a fronte di 32,7…

«La Corte dei Conti fa il suo lavoro, e i controlli sono giusti. Sennonché, est modus in rebus. Sono d’accordo con quel che ha detto il ministro Fitto: ci aspettiamo un approccio costruttivo. Dobbiamo collaborare tutti per far procedere le cose nel migliore dei modi, e noi siamo assolutamente pronti a collaborare. Ma spetta all’esecutivo prendere le decisioni, e del resto non mi pare che le occasioni di confronto manchino: facciamo riunioni di continuo. Nella consapevolezza, che abbiamo ben presente, della rilevanza di questa partita: senza Pnrr la nostra crescita passerebbe dall’ 1,2 allo 0,4%. E questa è una cosa che nessuno dimentica: l’obiettivo che perseguiamo con grande impegno e determinazione è la crescita».

La premier Giorgia Meloni ha detto che «si possono avere buone relazioni con Pechino senza che necessariamente queste rientrino in un piano strategico complessivo». È l’epitaffio della Via della Seta?

«Noi stiamo valutando l’accordo e ci sarà una decisione. E certamente è vero che i rapporti commerciali, di confronto e di collaborazione esistevano prima e possono esistere anche senza l’accordo scritto. Non è la Via della Seta che regola il rapporto di amicizia tra Italia e Cina».

Se l’Italia non rinnovasse l’accordo non ci sarebbero ritorsioni o penali?

«Non esiste alcuna penale. C’è un rinnovo automatico del memorandum e noi stiamo appunto valutando che cosa fare. L’accordo scade alla fine dell’anno, è giusto valutare con attenzione una questione così importante e con tanti aspetti in gioco. In ogni caso, noi guardiamo in modo positivo alla Cina, la visita di Wang Yi lo scorso febbraio è andata bene, e apprezziamo il lavoro del direttore generale della Fao Qu Dongyu. Insomma, noi vogliamo avere buoni rapporti con la Cina, di certo non abbiamo alcun pregiudizio negativo. Ma, appunto, si possono fare tante cose anche senza la Via della Seta».

Ministro, cambiamo argomento. Ha torto chi contesta le nomine in Rai?

«Io vorrei che si ammettesse un fatto semplice: le nomine in Rai sono state di qualità. Gian Marco Chiocci al Tg1 è un giornalista di straordinaria bravura che nessuno peraltro potrebbe mettere in discussione. Antonio Preziosi è stato l’esperto direttore di Rai Parlamento, il corrispondente da Bruxelles, ha scritto un sacco di libri ed è un moderato, di certo non un estremista. Di che cosa vogliamo parlare? Che se a qualcuno certi nomi non piacciono si instaura la dittatura? Ma per piacere…».

 

Dopo Fabio Fazio se ne è andata anche Lucia Annunziata. Non sono perdite gravi per la Rai?

«Ma guardi che nessuno si sognava di toglierle il programma, io la stimo e partecipavo alle sue trasmissioni. Magari ha altre idee in mente, chissà, forse pensa alla politica, alle Europee. E io penso che il suo contributo arricchirebbe la politica. E per Fazio, vale lo stesso discorso: ha deciso lui di andarsene».

Entrambi erano sempre messi sulla graticola. O no?

«Macché. Una cosa è la critica, che è sempre legittima. Un’altra cosa è cacciare qualcuno. Anzi, io semmai annoterei un’altra cosa».

Cosa?

«Quando la sinistra aveva modo di decidere, i giornalisti sostituiti finivano in uno sgabuzzino, a far niente magari per anni. Oggi i giornalisti che sono stati avvicendati hanno tutti ricevuto ruoli importanti. Non è che la Rai possa rimanere un monocolore per l’eternità».

  • Autore: Marco Cremonesi
  • Testata: Corriere della Sera
  • Luogo: Roma