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«Rilanciamo le privatizzazioni, lo Stato ha bisogno di fare cassa» (La Stampa)

Era certo di avere lanciato il classico sasso nello stagno, però non pensava di alzare una mareggiata. Invece alla proposta di Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri – ma qui soprattutto leader di Forza Italia – di liberalizzare i porti italiani, sindacati e opposizione hanno immediatamente fatto barriera, mentre Matteo Salvini, ministro dei Trasporti in una nota ha fatto notare che la riforma portuale affidata al suo vice Edoardo Rixi «va in senso opposto».

Ministro, ora deve farci capire meglio qual è il suo progetto.

«Ma vede, il mio riferimento ai porti parlando al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini era un esempio della necessità di riaprire un processo di liberalizzazione dei servizi nel nostro Paese, proprio come negli anni Novanta. Premetto e so bene che questo non è un tema nel programma di governo. Ma è un’idea politica, una proposta, che vogliamo discutere all’interno del nostro partito, una grande forza di ispirazione liberale. E portarla quindi al centro della discussione: potremmo valutare anche un disegno di legge in questo senso».

Specifico sui porti?

«Più in generale sulle liberalizzazioni».

Un messaggio che vuole far arrivare alla Lega?

«È un’idea che vogliamo discutere. Il tema delle liberalizzazioni va affrontato perché in Italia c’è un problema di debito pubblico e insieme però l’opportunità di valorizzare alcuni servizi che oggi sono appannaggio dallo Stato, ma che potrebbero essere gestiti, ugualmente se non meglio, da un privato. Del resto bisogna cominciare a trovare delle riposte al ritorno del Patto di Stabilità, che nell’ultima formula comunque non ci soddisfa perché sembra più tenere conto dei problemi della Germania che dell’Italia, un Paese con un alto debito pubblico, ma con 1.800 miliardi di euro di risparmi privati nelle banche. Ma penso che quei risparmi possano e debbano essere rimessi in circolo attraverso gli investimenti. Che però devono rimanere in Italia, a supporto della nostra economia, e certamente ragionare sulle liberalizzazioni può essere di grande aiuto».

Quali i servizi a suo parere andrebbero liberalizzati?

«I porti come dicevo sono un esempio. Ma pensiamo a servizi come il trasporto pubblico locale, le municipalizzate, la gestione dei rifiuti. Si tratta di ambiti in cui talvolta sappiamo si nascondono un po’ dei carrozzoni. E ormai lo Stato ha poche risorse. Una gestione privata aumenterebbe l’efficienza, attirerebbe gli investitori e farebbe risparmiare soldi al settore pubblico. Più privato è, meglio è. Solo l’acqua penso non possa essere privatizzata, perché è un bene primario e troppo prezioso».

Con alcune privatizzazioni lo Stato non ci ha guadagnato: Autostrade con la tragedia del Morandi è sotto gli occhi di tutti.

«Purtroppo quello non è stato un problema di pubblico o privato, ma di persone. Si è trattato di un atteggiamento criminale e di una mancanza di controlli da parte dello Stato: proprio per questo una liberalizzazione dei servizi deve comportare un sistema di controlli efficiente. Servono garanzie sulle infiltrazioni mafiose, contro possibili partecipazioni azionarie sospette, per esempio russe o cinesi. E ci deve essere da parte dello Stato la piena capacità di togliere in qualunque momento la concessione, appena i dovuti controlli segnalano che la gestione del privato non rispetta i patti presi con lo Stato. Che non smobilita, ma diventa l’arbitro della partita».

Che idea avrebbe quindi per i porti?

«Uno schema di liberalizzazione dei porti potrebbe comportare un’Authority spa, con una quota di garanzia da parte della Cassa Depositi e Prestiti – che magari può esprimere il presidente – e i privati tra gli azionisti. Si potrebbe sondare l’interesse dei fondi pensione e incentivare l’investimento con piani individuali di risparmio a lungo termine. Sarebbero appunto investimenti che rimarrebbero nel nostro Paese e farebbero bene anche alla Borsa. E creerebbero posti di lavoro».

Così però anche il demanio finisce in mano ai privati.

«No, lo ricordo: parliamo di concessioni, che devono avere tutti gli strumenti per essere revocate in caso di inadempienza. E il demanio rimane pubblico, così come i servizi di polizia, guardia di finanza, dogana. Si privatizzano i servizi. Uno schema valido per i porti commerciali come per quelli turistici, penso al caso di successo del porto di Rapallo: gli investimenti privati ne faranno una delle strutture tecnologiche più all’avanguardia del Mediterraneo».

Il tema delle liberalizzazioni allora rimette al centro anche il tema dei balneari.

«Sui balneari si sta compiendo il monitoraggio delle concessioni. Ma anche in questo caso il tema non cambia: il controllo sull’attività deve essere stretto, sia per il soggetto che ha una concessione da lungo tempo, sia per quello che è appena subentrato per effetto della Bolkestein. E anche in questo caso non c’è un arretramento dello Stato sul demanio: capitali sospetti devono rimanere fuori».

  • Autore: Alberto Quarati
  • Testata: La Stampa

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