ROMA – Tra Iran e Israele, tra Palestina e Russia, sono tanti e delicatissimi i dossier internazionali che coinvolgono anche l’Italia. E Antonio Tajani segue ogni vicenda con la stessa parola d’ordine: «Pace. Speriamo prevalga in tutti l’interesse a stabilizzare l’area, perché il conflitto non si allarghi e si possa al più presto arrivare a una pace che garantisca i diritti di tutti».
Cominciamo dall’Iran: la morte del presidente Raisi è stata al centro di una riunione di governo: che idea vi siete fatti?
«Dalle prime analisi, sembra proprio si sia trattato di un incidente, provocato da un problema tecnico o dal maltempo. Il nostro augurio è che chi prenderà provvisoriamente il posto del presidente e chi poi vincerà alle prossime elezioni, si impegni per la stabilità dell’area e per la pace».
Ma crede che con le elezioni possa esserci un cambio nella politica iraniana?
«Dipenderà da quanta gente andrà a votare, come, con quali candidati. Noi non interferiamo nella campagna elettorale di un altro Paese, il nostro impegno è cercare attraverso ogni canale di far pressione perché il conflitto non si allarghi ma anzi ci sia distensione. Ogni nostro sforzo oggi è mirato a questo».
L’Iran è un Paese però dove la democrazia è conculcata, le donne subiscono imposizioni inaccettabili: perché il nostro governo ha fatto le condoglianze ai leader scomparsi?
«Le condoglianze sono dovute alle modalità drammatiche dell’incidente, sono morte persone che avevano un ruolo di governo nel loro Paese: il nostro cordoglio è indipendente dal giudizio politico sull’operato di Raisi».
Che significa in concreto?
«Che la nostra posizione è sempre la stessa: continuiamo a essere contrari alla violazione di diritti umani, alla pena di morte, alla mancanza di libertà per le donne. E lo siamo fortemente».
Intanto ieri c’è stata la richiesta incriminazione da parte della Procura dell’Alta Corte dell’Aia per Netanyahu e i leader di Hamas per crimini di guerra. Che ne pensa?
«È del tutto inaccettabile che si mettano sullo stesso piano Hamas e Israele, i capi del gruppo terroristico che ha avviato la guerra di Gaza massacrando cittadini innocenti e i capi del governo eletto dal popolo di Israele. È assurdo che il procuratore abbia solo concepito questo parallelismo. In nessun modo si può solo immaginare una equiparazione del genere. Attenzione a non legittimare posizioni anti-israeliane che possono alimentare fenomeni di antisemitismo».
Ma anche voi siete stati critici con Israele per come sta conducendo la guerra.
«E la nostra posizione non cambia: diciamo no all’attacco a Rafah, siamo per il cessate il fuoco immediato e per la possibilità di fornire aiuti umanitari e di salvaguardare le vite dei civili. Ma nello stesso tempo difendiamo il diritto di Israele a esistere e siamo per una politica dei due popoli e due Stati».
Lo dirà al primo ministro e ministro degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese in arrivo in Italia?
«Certo. E dico di più: noi siamo anche favorevoli a inviare nostri soldati in una possibile missione Onu sotto il comando di un Paese arabo — come è stato proposto — per preparare il campo alla nascita di uno Stato palestinese. La nostra presenza potrebbe essere molto importante, perché siamo graditi sia agli israeliani sia ai palestinesi, come lo siamo per i serbi e gli albanesi in Kosovo».
Altro fronte è quello russo, con le aziende europee che si vedono bloccati centinaia di milioni di capitali, come Unicredit: cosa sta facendo il governo?
«Abbiamo appena svolto una riunione di un tavolo permanente con tutti i soggetti interessati per tutelare gli interessi delle aziende italiane che lavorano, rispettando le sanzioni, in Russia. Stiamo studiando ogni aspetto legale e al prossimo consiglio degli Affari esteri della Ue ci consulteremo anche con la Germania, che ha sue aziende coinvolte, per provare ad agire di concerto. Vogliamo far capire che le nostre aziende sono sostenute dai governi, che non sono in guerra con la Russia».
Intanto è sempre più vicino l’appuntamento delle Europee: la premier Meloni sembra essersi riavvicinata a Marine Le Pen e al rassemblement delle destre. Lei che ne pensa?
«Meloni è a capo dei Conservatori europei e può fare quello che vuole, sono sue scelte. Per quanto ci riguarda, continuiamo a sperare che si possa formare una maggioranza di popolari, conservatori e liberali, che è quella che elesse me presidente del Parlamento europeo nel 2017. Ma sappiamo bene che prima vanno ascoltati i cittadini europei, con il loro voto».
Ma lei sarebbe disposto ad allargare l’alleanza anche alla Le Pen, a AfD?
«Assolutamente no, perché abbiamo posizioni diversissime su Europa, Nato, conflitti, Russia. La Lega è cosa diversa, ma con questi partiti non prevediamo di stringere alcuna alleanza».
Quindi il Ppe potrebbe allearsi ancora con il Pse?
«lo non prometto cose che non so di poter mantenere: le alleanze dipenderanno dai voti dei cittadini. So invece che votando FI si rafforza la componente italiana del Ppe, che è il partito della stabilità e che sarà centrale in ogni equilibrio. L’80% delle leggi che variamo sono recepimento di direttive europee, quindi ci importa che l’Italia conti in Europa. E votando FI si conta di più in Europa».