Antonio Tajani, vece presidente del consiglio dei ministri e ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale in vista delle europee ha incontrato i sostenitori di Forza Italia a Erbusco. Al centro della campagna le crisi internazionali, l’attività del governo ed l’Europa «popolare».
Ministro dall’Ucraina spirano venti di guerra sempre più minacciosi e l’Europa sembra meno compatta. Che futuro per questa Ue?
«L’Italia anche con l’Europa sta facendo molto, sia in Ucraina che in Medio Oriente. I fondi, l’appoggio dell’Europa e di altri paesi democratici all’Ucraina hanno permesso agli ucraini di resistere all’invasione russa. Con l’appoggio dell’Europa un paese invaso dai russi può continuare a combattere. In Medio Oriente stiamo rispettando il diritto di Israele a difendersi, ma diciamo anche che per liberare i suoi ostaggi dalle mani di Hamas, Israele deve interrompere al più presto la guerra. Bisogna aiutare i civili palestinesi e avviare un negoziato politico per un accordo generalizzato con i palestinesi. Per la fase di transizione dopo la fine della guerra credo si possa lavorare a una missione Onu a guida dei paesi arabi, che prepari la nascita di un vero Stato palestinese. In quel caso l’Italia sarebbe pronta a inviare un suo contingente di pace sotto le bandiere delle Nazioni Unite come avviene oggi in Libano».
Questa per le europee sarà la prima campagna elettorale nazionale senza Berlusconi.
«Si, il primo impegno elettorale nazionale per Forza Italia cade proprio a un anno dalla scomparsa del nostro fondatore, il 12 giugno 2023. In questi mesi Forza Italia aveva bisogno di rimanere in piedi da sola: ci siamo impegnati, abbiamo fatto più di 100 congressi in ogni provincia, in ogni grande città. Abbiamo più di 100mila iscritti. Ce l’abbiamo fatta, siamo saldi sulle nostre gambe. Guidati come sempre dagli ideali di Berlusconi. Ma capaci di andare avanti: saremo al centro del centro destra ma guarderemo a raccogliere il consenso dei cittadini che idealmente si collocano fra Meloni e il Pd di Elly Schlein».
Esiste una sfida con la Lega. In questo senso è stata letta l’associazione di Flavio Tosi «Forza Nord».
«Non c’è una sfida con la Lega, noi facciamo la nostra corsa; io dico sempre che preferisco mobilitare il non-voto, l’astensione piuttosto che provare a sottrarre voti agli alleati. Tosi ha voluto questa associazione, che non è un vero partito, per mettere al centro soprattutto in Veneto i temi più vicini alle richieste dei cittadini del Nord. Fa bene, come fanno bene tutti i nostri dirigenti locali a seguire i temi più vicini ai loro cittadini, inserendo la loro visione nel quadro di unità nazionale che Forza Italia vuole consolidare».
La scelta di candidarsi per i leader di partito è una anomalia italiana. Perché ha fatto questa scelta?
«Io ho deciso di candidarmi per offrire agli elettori il segnale dell’importanza di queste elezioni per la nostra comunità. Decidere con il nostro voto chi va all’Europarlamento significa decidere il nostro futuro concretamente. Con il mio nome ho provato a mettere in campo trent’anni di esperienza europea. Sono l’unico in Italia ad aver partecipato alla vita delle tre istituzioni di Bruxelles: come commissario, poi come presidente del Parlamento europeo e adesso come membro del Consiglio dei 27 ministri degli esteri. Voglio dare un esempio, e ricordare agli elettori chi in Italia conosce meglio l’Europa».
Lo scenario in Europa è stato stravolto dal 2019: cinque anni fa Von der Leyen parlava di Green deal oggi di commissario Ue della difesa. Cosa pensa?
«È vero abbiamo uno scenario diverso, che continua a lanciarci segnali che vanno verso una sola direzione: c’è bisogno di più Europa, dobbiamo governarla sempre meglio, con deputati, con partiti sempre più europeisti. Il Green deal di cinque anni fa è stato modifica e dovremo riparlarne: dobbiamo trovare una via di mezzo fra i «negazionisti», quelli che credono che il cambiamento climatico non esista, e i «fondamentalisti» alla Greta Tumberg. Mentre su Difesa comune e in prospettiva politica estera comune dobbiamo iniziare a fare passi avanti».
Secondo i sondaggi l’attuale maggioranza Ppe-Sd-Renew è l’unica che avrebbe i numeri anche dopo il 9 giugno per guidare il Parlamento Ue. Che rapporti immagina con i conservatori e Identità&democrazia?
«I sondaggi dicono una cosa: il Partito popolare europeo, i suoi eurodeputati, saranno decisivi per la nuova formazione della nuova Commissione e per orientare anche in parlamento, le nuove politiche dell’Unione. Dal 9 giugno verificheremo i risultati e inizieremo a lavorare per la nuova presidenza del Parlamento e per la nuova Commissione. Io ho fiducia si possa ricostruire una maggioranza popolari, conservatori, liberali, simile a quella che portò alla mia elezione alla guida del Parlamento europeo».
Le tre forze di centrodestra in Italia sono unite, ma in Europa viaggiano in ordine sparso. Il Partito popolare è l’unico europeista dei tre: alla lunga non rischia di esserci un problema di tenuta?
«Non credo. L’opinione pubblica italiana sta capendo sempre meglio che l’Europa unita è l’unica possibilità di garantire un futuro ai popoli europei in un mondo di giganti (Cina, India, Russia, Stati Uniti) spesso aggressivi e sicuramente competitivi. Per cui in tutti i partiti della nostra maggioranza vedo crescere una consapevolezza sulla necessità dell’Europa che è molto più solida che in passato».
Quali riflessi può avere il voto sullo scenario interno, in Italia?
«Il voto europeo non sarà una rivoluzione per il Governo, per il centro-destra e per la politica italiana. L’unico vero sviluppo potrebbe essere questo: una buona conferma di sostegno al governo potrebbe permettere all’esecutivo di lavorare con forza alle riforme e ai provvedimenti che dobbiamo prendere».
Automotive, sostenibilità e transizione in chiave anche economica visto che il comparto ha 17 mila occupati in zona.
«In Europa la nostra posizione è contraria allo stop e favorevole allo sviluppo di motorizzazioni che utilizzano e-fuel e biocarburanti. La posizione critica di Forza Italia si basa sulla constatazione che il settore automotive italiano genera un fatturato di quasi 300 miliardi di euro (18,1 per cento del Pil) ».