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Tajani: «Pronti a modificare il decreto in Parlamento Nessuna lite con Giorgetti» (Corriere della Sera)

ROMA Ministro Antonio Tajani, sul Superbonus avete fatto pace con Giorgetti?

«Non abbiamo mai litigato, voglio solo vederci chiaro: nella nostra civiltà giuridica non esistono norme retroattive, mentre queste proposte del Mef sono retroattive, siamo a metà anno e non era stato deciso così».

Siete ai ferri corti anche sulla Sugar tax.

«La Camera con il parere favorevole del governo ha approvato un ordine del giorno per rinviare di un paio di anni la Sugar tax. Quindi, ripeto, parere favorevole dell’esecutivo. Se dovesse passare l’aumento del Mef il costo delle bevande si alzerebbe, le aziende vedrebbero contratte le vendite, si perderebbero posti di lavoro: questa normativa italiana sarebbe disallineata rispetto alle norme europee. L’ha proposta con un emendamento il Mef, ma per noi è stata fatta a sorpresa. Non va bene e noi siamo comunque contrari ad altri aumenti sulle tasse».

Voterete il testo del Mef o cercherete delle modifiche?

«Ne discuteremo in Parlamento, dopo avere ascoltato le aziende siamo pronti ad approvare delle modifiche. Sono due casi particolari, ma voglio essere chiaro: difendiamo i conti pubblici, vogliamo condividere fino in fondo una strategia complessiva e la tattica con cui viene applicata».

Non c’è il rischio che lei passi per un difensore di interessi corporativi? Invece di chiedere sacrifici al bilancio pubblico perché non ne chiedete ai portatori di interessi?

«Se si perdono posti di lavoro, se si aumentano le tasse, chi ci perde? Io non difendo nessun interesse corporativo, io difendo il lavoro, difendo il sistema italiano e difendere le aziende significa difendere cittadini e lavoratori».

Insisto, non rischia di essere associato a chi avete accusato di aver scassato i conti pubblici, come Conte?

«Sul Superbonus l’emendamento del Mef prevede di dettare nuove regole anche per i primi 6 mesi del 2024, che ormai sono quasi del tutto trascorsi. Avrebbe un valore retroattivo. Ma la retroattività delle norme mette a rischio la credibilità delle istituzioni, significa allontanare investitori in un Paese che diventa poco affidabile. Dobbiamo anche tenere conto di chi ha rispettato le regole. Non bisogna farne un caso di Stato, ma io non sono mai stato consultato».

Giorgetti ha minacciato di cassare le missioni all’estero.

«Le missioni all’estero le decide il Cdm, non servono agli Esteri o alla Difesa».

Toti e l’inchiesta di Genova: lei andrebbe a cena con chi paga viaggi a Las Vegas per i concessori di autorizzazioni?

«A me non ha mai pagato un viaggio nessuno, c’è il problema di avere un sistema efficiente di finanziamento ai partiti. Non è il mio sistema di fare le cose, non è il mio stile di vita, ma prima di dire che uno è colpevole bisogna dimostrarlo in tribunale. E prima di parlare di dimissioni bisogna attendere il Tribunale del riesame. In ogni caso una decisione dovrà prenderla il presidente Toti».

Il ministro Guido Crosetto rinviene delle anomalie nell’inchiesta su Toti.

«Ognuno dice ciò che pensa, io mi auguro che Toti dimostri la sua estraneità ai fatti ma la magistratura ha l’onere della prova».

Magistratura e politica: è sempre lo stesso scontro e spesso a ridosso del voto.

«Sarebbe opportuno che azioni giudiziarie così importanti entrassero in azione prima della campagna elettorale oppure dopo le elezioni, anche per tutelare l’immagine della magistratura. Ma è solo un auspicio di buon senso. Non dico che i politici debbano essere legibus soluti, ma forse tempi diversi non avrebbero cambiato molto le cose».

Voi puntate alla separazione delle carriere, sembra che l’obiettivo si allontani.

«Non dobbiamo fare una corsa, né lavorare di propaganda: la decisione politica già c’è, non cambia nulla se a maggio o a giugno, le riforme non si fanno per le elezioni. Andremo avanti, ma non è una questione di un giorno prima o un giorno dopo».

Oggi inizia ufficialmente la vostra campagna elettorale.

«Parleremo di Europa, e non solo di questioni che nulla hanno a che a vedere con ciò che si decide di solito a Bruxelles».

Quanto peseranno i voti dei conservatori di Meloni per le nuove cariche europee?

«È presto per dirlo, bisogna vedere quanti voti prenderanno: io auspico una maggioranza popolari, liberali e conservatori. Come quando sono stato eletto presidente del Parlamento europeo. È un obiettivo a portata di mano, il Ppe avrà un ruolo determinante, sarà il primo partito ed esprimerà il presidente della Commissione, sono i Trattati a dire che il presidente viene scelto in base al voto».

Perché vi siete astenuti all’Onu sulla Palestina?

«Perché l’Italia anche con la presidenza di turno del G7 ha il dovere di tenere una posizione di grande equilibrio; la maggioranza dei Paesi G7 non ha avuto una posizione univoca, gli Stati Uniti annunciavano voto contrario, il Giappone e la Francia a favore, la maggioranza alla fine ha votato per l’astensione e anche grazie a noi si è tenuta una posizione mediana».

  • Autore: Marco Galluzzo
  • Testata: Corriere della Sera
  • Luogo: Roma

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