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Tajani: «Il Ppe ha vinto le Europee, a socialisti e liberali non è successo. Bisognerà tenerne conto» (Corriere della Sera)

ROMA – La strada «è ancora lunga», ma per Antonio Tajani è già ben definita, almeno nelle richieste. Del suo partito, Forza Italia, come parte essenziale di un Ppe che deve avere «ampia rappresentanza» avendo vinto le elezioni del 9 giugno; e del governo italiano, che in Europa chiede con forza «un portafoglio pesante e un vicepresidente della Commissione».

A partire da oggi, con la prima riunione del Ppe che precede il Consiglio europeo, il leader azzurro e ministro degli Esteri è pronto a battersi a Bruxelles su più fronti. E in Italia ha un orizzonte altrettanto chiaro: lavorare «per un grande progetto politico che raduni i moderati, che arrivi al 20%, che rappresenti la casa degli italiani».

Oggi il Ppe tiene la sua prima riunione per fare il punto su alleanze, incarichi, pesi della prossima Unione. Con che posizione si presenta il suo partito?

«Intanto con la posizione di chi ha ottenuto un grande risultato alle Europee, è oggi il terzo partito italiano assieme alla Svp, e fa parte appunto della famiglia europea che ha vinto le elezioni e che deve rivendicare i suoi spazi».

Cosa significa in concreto?

«Che bisognerà tenere conto della nuova situazione europea, dei risultati ottenuti dai singoli gruppi. Il Ppe ha vinto, i socialisti non hanno vinto, i liberali hanno avuto difficoltà. Nell’attribuzione degli incarichi, sia a livello di Stati che di incarichi istituzionali europei e del quadro internazionale, ne va tenuto conto. Il Ppe deve essere tenuto in grande considerazione per i vertici apicali».

Anche le destre, alcune almeno, hanno avuto un grande risultato, come Le Pen.

«Ma loro hanno troppe differenze con noi popolari. Io spero si riesca ad arrivare a una alleanza tra popolari, conservatori e liberali, ma appunto siamo solo all’inizio di un cammino, c’è da tenere conto di equilibri complessivi».

Cioè non è escluso un nuovo accordo con i socialisti per eleggere la prossima Commissione?

«A oggi nulla si può escludere. Cominceremo a ragionarne ora, a livello di famiglie europee e naturalmente anche di governi».

E Meloni? Farà parte della nuova maggioranza o, come dice il tedesco Scholz, è «di estrema destra»?

«Che sia un partito di destra è un fatto, ma che lo sia troppo o di destra estrema non è vero. Meloni è a capo dei Conservatori, famiglia politica storica che ha già avuto incarichi e ruoli in Europa. Solo Id è rimasta fuori. E il fatto che nel governo ci sia una forza centrale come la nostra, rende più forte il governo italiano e anche la premier».

Ma per far parte di qualsiasi maggioranza FdI dovrebbe votare i vostri candidati: restano Metsola per il Parlamento europeo e von der Leyen per la Commissione?

«Beh, è chiaro che per far parte di una maggioranza si devono votare i candidati su cui si raggiunge l’accordo. I nostri del Ppe sono Metsola e von der Leyen. Vedremo che maggioranza si formerà su di loro».

Per il Consiglio europeo si fa anche il nome di Enrico Letta, visto che toccherà ai socialisti: sareste favorevoli?

«Per noi del Ppe ha un profilo sicuramente importante, anche perché viene dalla tradizione democristiana. Ma credo davvero sia prematuro fare nomi. Sicuramente, come Italia, chiederemo un commissario di peso e un vicepresidente. L’Italia merita un ruolo centrale».

E voi di FI come esponenti del Ppe cosa chiedete?

«A noi interessano ruoli che sono parte strutturale del nostro programma, per esempio la materia delle riforme, la commissione Affari costituzionali, e la politica industriale».

A proposito di riforme, domani gran parte dell’opposizione scenderà in piazza per protestare. Andrete avanti o riproverete ad aprire il dialogo?

«Noi non siamo mai stati chiusi al dialogo, ma l’impegno a fare le riforme lo abbiamo preso con i nostri elettori, non con la sinistra. A loro abbiamo promesso che avremmo lavorato per la riforma della giustizia, della forma di governo e per l’autonomia. Perché vogliamo un Paese più stabile, dove chi investe, chi forma una famiglia, chi pensa al proprio futuro abbia certezze. E il premierato, una riforma della giustizia che la renda rapida ed efficiente, un sistema di autonomie al quale abbiamo contribuito perché nessuno restasse indietro e perché il Sud fosse tutelato, aiutano l’Italia».

Lei parla spesso di un allargamento di FI: state pensando di aprire le porte anche a politici come Gelmini, Carfagna, Ettore Rosato?

«Il nostro è un progetto politico, aperto ovviamente a chi voglia collaborare. Ma non stiamo facendo la caccia al nome, non ci interessa. Non ci muoviamo per “depredare” gli altri partiti, ma per convincere gli italiani che siamo l’unico centro possibile, che possa attrarre i moderati e dar loro le risposte che cercano. Non è una questione di singole personalità, è un progetto che guarda lontano».

  • Autore: Paola Di Caro
  • Testata: Corriere della Sera
  • Luogo: Roma

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